Pubblico Impiego

Pubblico Impiego

La Corte dovrà vagliare la legittimità del blocco contenuto nel decreto legge 78/2010 e del 98/2011 approvate dal Governo Berlusconi e poi mantenute da Monti, Letta e Renzi.
Oltre un migliaio i dipendenti pubblici della Regione Sicilia potrebbero presentare domanda per il prepensionamento sino al 2020.

Kamsin Corsa all'uscita anticipata per i dipendenti della Regione Siciliana. Una norma contenuta nella recente Legge Finanziaria approvata dall'Assemblea Regionale agli inizi di Maggio apre le porte al pensionamento anticipato per piu' di migliaio di dipendenti pubblici sino al 2020 in barba alla Legge Fornero e alla normativa statale.

L'articolo 52 della legge regionale 9/2015 consente, infatti, ai dipendenti dell’Amministrazione regionale che, sulla base dei requisiti previdenziali vigenti prima dell'introduzione della Legge Fornero, avrebbero maturato la pensione entro il 31 dicembre 2020 di presentare domanda per il collocamento in quiescenza entro il 14 luglio 2015, cioè entro 60 giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore (la legge è entrata in vigore lo scorso 15 maggio). A quel punto l'ente regionale avrà un anno di tempo dalla maturazione del diritto a pensione (con la vecchia normativa) per procedere al collocamento in quiescenza (cfr: Circolare Regionale del 25 Maggio 2015). Complessivamente si stima in poco piu' di un migliaio i lavoratori che potrebbero presentare domanda ed uscire con un anticipo di diversi anni rispetto ai requisiti previsti per la generalità dei dipendenti pubblici. Basti pensare che per centrare l'uscita sono sufficienti nel triennio 2016-2018 61 anni e 7 mesi unitamente a 35 anni di contributi ed il quorum 97,6; oppure 40 anni di contributi.

Chi usufruirà dello scivolo anticipato dovrà mettere in conto alcune penalità sull'assegno. La Finanziaria ha infatti introdotto dei tetti al trattamento erogabile nei confronti di quei dipendenti che hanno continuato a godere, in deroga alla legge statale, di un calcolo dell'assegno particolarmente favorevole (cioè retributivo sino al 2003 e contributivo per le anzianità maturate successivamente). Nei confronti di tali lavoratori la Legge regionale ha imposto un tetto al trattamento pensionistico pari al 90% della media dei trattamenti stipendiali degli ultimi cinque anni. Chi matura un diritto tra il 2017 ed il 2020 subirà invece una decurtazione della quota retributiva tale da determinare una riduzione complessiva del 10 per cento sul trattamento pensionistico complessivo annuo lordo finale. L'applicazione della riduzione non potrà, tuttavia, superare l’85% della media dei trattamenti stipendiali degli ultimi cinque anni.

Sulla normativa appena approvata rischia di attivarsi però anche un contenzioso.  La domanda per il pensionamento non presuppone, a differenza di quanto prevede la disciplina nazionale, alcuna dichiarazione di esubero da parte dell'Ente. Ed è proprio quest'ultimo passaggio ad essere finito sotto la lente d'ingrandimento dei tecnici di Palazzo Chigi che contestano tale misura osservando come, nell’avviare la fase di riduzione del personale la Regione dovrebbe procedere alla dichiarazione di esubero, indicando in partenza il numero di quanti sono i dipendenti in eccesso. Come avviene nel resto d'Italia.

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Il Ministero della Funzione Pubblica apre la via ai «permessi di malattia ad ore», da utilizzare per visite mediche, terapie, cure specialistiche, esami diagnostici.

Kamsin Via libera ai permessi di malattia ad ore. Lo precisa ufficialmente la nota 7457/2015 con la quale il Dipartimento della funzione pubblica accoglie la recente sentenza del Tar del Lazio (n. 5714 del 17 aprile scorso). In attesa che la materia venga disciplinata con atti contrattuali, precisa Palazzo Vidoni, i dipendenti pubblici che dovranno assentarsi per visite mediche specialistiche (se tali visite non sono immediatamente riconducibili ad uno stato di malattia) potranno fruire di speciali permessi retribuiti aggiuntivi a quelli previsti dal contratto nazionale ai sensi del comma 5-ter dell’art. 55-septies del Dlgs 165/01 introdotto dall’art. 16 c. 9 della legge n. 111 del 15 luglio 2011. 

La materia, prima della sentenza, del Tar era regolata dalla Circolare 2/2014 della Funzione Pubblica nella quale si precisava che i pubblici dipendenti, anche per effettuare un semplice prelievo o una radiografia prescritti dal medico, dovevano utilizzare i permessi straordinari per motivi personali (massimo 3 giorni l'anno) oppure i giorni di ferie, venendo così compromesse sia la finalità di queste tipiche assenze sia la loro effettiva durata come stabilita dal contratto collettivo di lavoro.

Il Tar ha però annullato la circolare. Viene ora riconosciuto il pieno diritto del dipendente ad essere considerato regolarmente in malattia anche non per una intera giornata di lavoro. Dal momento che i contratti collettivi non possono essere modificati unilateralmente da semplici circolari, è in corso una trattativa sindacale con l'Aran, l'agenzia contrattuale per il settore pubblico, per inserire i nuovi permessi di malattia ad ore, stabilendone modalità e quantità, all'interno di un "pacchetto sociale", che comprenda anche le assenze di malattia collegate a terapie salvavita.

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L'Inps diffonde anche i dati degli autoferrotranvieri. I lavoratori del settore hanno mantenuto una contabilità separata e requisiti di accesso alla pensione più favorevoli: il personale viaggiante può ritirarsi 5 anni prima degli altri lavoratori italiani.

Kamsin Più di tre quarti dei lavoratori del trasporto riceve pensioni superiori ai contributi versati. «Il 78% dei trattamenti in essere per la previdenza del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto risulta più elevato del 10-40% rispetto a quanto risulterebbe se fosse calcolato con il metodo contributivo. Solo il 4% delle pensioni del Fondo risulterebbe più generosa con il ricalcolo contributivo», riferisce l'Inps. Mentre il governo decide di quanto rivalutare gli assegni bloccati nel 2012-2013, infatti, l'Inps prosegue nella sua attività informativa sull'universo previdenziale. Un mondo che racchiude forti diseguaglianze al suo interno, non sempre giustificate dall'attività lavorativa svolta.  La scorsa settimana è toccato proprio agli autoferrotranvieri, ossia il personale viaggiante che può ritirarsi 5 anni prima degli altri lavoratori italiani.

Il Fondo, evidenzia l'Istituto, «è stato soppresso dal 1° gennaio 1996 e gli iscritti e pensionati sono stati trasferiti, con evidenza contabile separata, al fondo pensione lavoratori dipendenti (Fpld). I dipendenti dei pubblici servizi di trasporto assunti dopo la soppressione del Fondo vengono iscritti al Fpld, ma, a differenza di quanto avviene per gli altri fondi soppressi e confluiti nel Fpld (Inpdai, Elettrici e Telefonici), da un punto di vista contabile risultano sempre iscritti al soppresso fondo».

«All'atto della soppressione il fondo era già in disavanzo di circa 500 milioni e aveva un debito di circa un miliardo. Negli anni successivi ha accumulato un debito complessivo di quasi 20 miliardi. Dal momento che gli assunti dopo la soppressione vengono contabilmente iscritti al Fondo stesso, nel caso di questo fondo il peggioramento dei conti non può essere addebitato alla mancanza di nuove iscrizioni dal 1.1.1996, data di soppressione del Fondo».

Il Pubblico impiego. In settimana sono stati diffusi anche i dati sul pubblico impiego. Le pensioni pagate agli ex lavoratori statali sono oltre 2.800.000 (comprese quelle per i superstiti) e costano complessivamente all'Inps quasi 65 miliardi di euro l'anno. L'importo mensile lordo erogato è in media di 1.772 euro. L'assegno percepito dalle donne è però solo il 68,3% di quello degli uomini: 1.486 euro contro 2.175.

Ma cioè che colpisce è la differenza tra le pensioni percepite tra i pensionati pubblici e gli ex dipendenti privati, fermi a quota 1.026 euro. Una differenza che si conferma anche guardando alle sole pensioni liquidate nel 2015: 1.872 euro contro 1.012. Il grande divario delle prestazioni risiede nel fatto che nel pubblico in genere le carriere lavorative sono continue e più lunghe di quelle del privato. La maggiore stabilità del posto di lavoro favorisce anche le donne dopo la maternità, che talvolta nel privato interrompono la carriera per la maggiore difficoltà di conciliare lavoro e famiglia. Inoltre il mondo pubblico ha avuto fino a pochi anni fa un proprio istituto di previdenza (l'Inpdap, ora assorbito nell'Inps) che garantiva prestazioni migliori.

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Da qui a fine anno i giudici della Corte Costituzionale dovranno prounciarsi sulla legittimità del blocco del rinnovo della parte economica dei contratti degli statali. E un'altra volta sul contributo di solidarietà sulle pensioni piu' elevate.

Kamsin Il conto della Consulta con il legislatore degli ultimi anni non si è concluso con la sentenza sul blocco dell'indicizzazione delle pensioni. Una vera e propria grana per l'esecutivo Renzi. Sul tavolo della Corte Costituzionale ci sono almeno altri tre dossier che fanno tremare il Permier e i conti dello Stato e che dovranno essere decisi entro la fine dell'anno. In primis c'è la decisione sul blocco del rinnovo della parte economica dei contratti degli statali, al palo ormai da 5 anni.

La ministra Madia nei giorni scorsi ha lanciato acqua sul fuoco mostrandosi fiduciosa sul fatto che la Consulta non boccierà la norma introdotta nel 2010 dal Governo Berlusconi e poi mantenuta dal Monti, Letta e Renzi. Il bottino che si riesce a mettere da parte del resto è cospicuo: 12 miliardi in 5 anni. Se dovessero essere restituiti sarebbero guai. Gli stessi giudici, ricorda del resto il ministro, avevano già detto che la misura era consentita purché fosse «temporanea» ed avesse una destinazione «solidaristica».

Se la temporaneità dopo cinque anni di blocco può iniziare ad essere messa in discussione, il Governo spera però che la Corte valuti la misura alla luce delle difficoltà economiche che sta attraversando l'Italia. E dunque la lasci intatta la misura che comprime le retribuzioni dei dipendenti pubblici.

In arrivo ci sono però anche altre due decisioni importanti. La prima riguarda la legittimità da parte di Equitalia di prelevare dalle cartelle esattoriali l'aggio dell'8%. Una misura che se bocciata causerebbe un buco di 3 miliardi. E, infine, c'è una possibile sentenza bis sulle pensioni, quella che potrebbe bocciare il contributo di solidarietà tra il 6 e il 18% imposto dal governo Letta con la legge 147/2013 a quelle superiori a 90 mila euro. Un balzello ripresentato dopo che la stessa Corte aveva dichiarato incostituzionale un prelievo molto simile del governo Monti su cui si è provveduto alla restituzione a rate.

Critiche all'operato dei giudici sono giunte tuttavia dal ViceMinistro all'Economia Enrico Morando che nel corso di una dichiarazione in Parlamento la scorsa settimana ha osservato come la Corte con la recente sentenza sulle pensioni abbia utilizzato due pesi e due misure. Un paio di mesi fa i supremi giudici hanno infatti bocciato una vecchia norma di Tremonti, nota come Robin Tax, una tassa pensata dall'allora ministro dell'Economia per tassare le società energetiche in cambio di qualche denaro per finanziare le social card. Dopo sette anni dalla sua entrata in vigore la Consulta ha deciso che il prelievo era contro la Costituzione ma ha salvato dalla restituzione dei soldi alle imprese che l'avevano pagata perchè avrebbe comportato un esborso eccessivo per lo Stato. Sulle pensioni, invece, ha osservato Morando, non è stato posto un argine alle restituzioni.

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Le tabelle di equiparazione servono a disciplinare i trasferimenti dei dipendenti pubblici nei casi di mobilità non volontaria fra diversi comparti. Per la mobilità volontaria si applicano invece in automatico le regole dell'ente di destinazione

Kamsin Il decreto per regolare la mobilità dei dipendenti pubblici, con le relative tabelle di equiparazione che dovrebbero permettere di inquadrare il lavoratore nella nuova amministrazione con una retribuzione il più possibile vicina a quella di provenienza ha ricevuto l'ok della Conferenza Unificata ed attende ora il via libera della Corte dei Conti. Per poi essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Si avvia dunque a compimento uno dei tasselli fondamentali della Riforma Madia della scorsa estate, un provvedimento che sarà utilizzato in primis per trasferire i dipendenti in esubero nelle province nelle altre amministrazioni dello stato.

Il meccanismo. L'obiettivo del dpcm è quello di regolare i passaggi fra enti pubblici caratterizzati da contratti diversi, sia attraverso mobilità volontaria che obbligatoria. Per farlo il decreto contiene le cd. tabelle di equiparazione, che traducono l'inquadramento di provenienza del dipendente in quello della sua possibile destinazione (qui è disponibile il testo in anteprima). Attraverso queste tabelle, ad esempio, un lavoratore in un comparto della pubblica amministrazione potrà essere trasferito, volontariamente o d'ufficio, presso un'altra amministrazione pubblica in cui si registri una carenza d'organico. Il tutto con l'obiettivo di garantire al lavoratore il mantenimento del medesimo livello retributivo.

Se nessun problema viene in evidenza nella mobilità volontaria, in quanto al dipendente si applica il trattamento giuridico ed economico dell'ente di destinazione, il vero nodo, contestato dalla parte sindacale, è il meccanismo che regola il trattamento economico in caso di mobilità non volontaria e, quindi, quella che si verifica per accordo fra enti e quella disposta per riassorbire gli esuberi. In siffatti casi l'articolo 3 del Dpcm garantisce al lavoratore "trasferito" il trattamento economico e accessorio ove piu' favorevole, solo sulle voci fisse e continuative corrisposte dall'amministrazione di provenienza. Una definizione aleatoria in quanto tali voci non sono facilmente individuabili all'interno del trattamento economico fondamentale ed in quello accessorio.

Ma a prescindere dalla classificazione delle voci un altro passaggio duramente contestato è che il trattamento di miglior favore in godimento nell'ente di partenza viene garantito al dipendente con un assegno ad personam, che, però, ha natura riassorbibile con qualsiasi futuro aumento stipendiale. Questo significa che il dipendente si vedrà bloccata la sua retribuzione per anni, stante l'andamento dei rinnovi contrattuali e dei fondi per le risorse decentrate. Non solo. Il trattamento di miglior favore sarà riconosciuto solo in caso sia individuata la relativa copertura finanziaria, anche a valere sulle facoltà assunzionali dell'ente. 

In concreto, nei procedimenti di mobilità non volontaria, rischia quindi di non essere tutelata la progressione in carriera conseguita dai lavoratori in ragione della professionalità posseduta, requisito ritenuto finora equivalente al possesso del titolo di studio nei percorsi di riqualificazione professionale e di progressione verticale.

Una disposizione particolare è prevista per i segretari comunali e provinciali di fascia C, che dovranno essere collocati nella categoria o nell'area professionale più elevata presente nell'amministrazione di destinazione.

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