Pubblico Impiego

Pubblico Impiego

Stop a dirigenti pubblici di prima e seconda fascia, all'insegna del ruolo unico. Possibilità di licenziare il dirigente che rimane privo di incarico per un certo tempo. E poi, ancora, taglio del 50% ai permessi sindacali.

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Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha presentato ieri il progetto di riforma della Pubblica Amministrazione. La tabella di marcia prevede 40 giorni di confronto sulla proposta, con integrazioni e suggerimenti, per poi procedere all'approvazione dei provvedimenti da parte dell'Esecutivo. Che avverranno il 13 Giugno dopo la tornata elettorale delle Europee. Dietro front sulla possibilità di introdurre prepensionamenti di massa (85mila esuberi secondo il Commissario alla spending review, Carlo Cottarelli), misura temuta fino alla vigilia: «non c'è un tema di esuberi della pubblica amministrazione italiana. Pensiamo che si debbano ridurre le sovrapposizioni», ha sottolineato il presidente del Consiglio.

La riforma della Pubblica amministrazione si sviluppa su 3 assi: «capitale umano, innovazione, tagli alle strutture non necessarie» ha spiegato ancora Renzi. Il presidente del Consiglio che il coinvolgimento dei dipendenti attraverso una lettera che verrà recapitata loro via mail e a cui potranno rispondere offrendo spunti e suggerimenti. Potremmo chiamare il provvedimento spiega il premier, «sforbicia Italia per il taglio agli sprechi o open data, per l’uso di questi ultimi come strumento di trasparenza».

Dirigenti della Pa - La riforma per quanto riguarda i dirigenti prevede per Renzi «La possibilità di licenziamento per il dirigente che rimane privo di incarico oltre un determinato termine». Ci sarà, spiega il premier, anche «l’introduzione del ruolo unico della dirigenza», ha spiegato. Sugli interventi sugli stipendi dei manager pubblici, Renzi ha ricordato che «nella discussione politica di questi giorni ci sono state alcune anticipazioni che sono diventate tavole della legge, come il fatto che noi avremmo detto che tagliamo gli stipendi. Noi abbiamo detto che avremmo messo un tetto massimo a 240mila euro». «È vero che non ci sono stati tetti» alle retribuzioni dei dipendenti della Pa per «fasce - ha riconosciuto la ministra Madia -, ma questa è stata una scelta politica, quei tetti non sono saltati all'ultimo. Vogliamo porre un tetto apicale ma non intervenire sulle fasce intermedie». La riforma della Pa prevede la possibilità di licenziamento per il dirigente che resta privo di incarico oltre un certo termine.

Prepensionamenti - «Non c’è un tema di esuberi della Pa» ha tuttavia aggiunto Renzi precisando che il vero punto «è mettere quelle persone nelle condizioni di lavorare» e «l’efficienza del servizio». «I risparmi li vogliamo fare, ma se metti insieme prefettura, Ragioneria dello Stato e le sedi degli enti del governo sai quanto risparmi? Molto di più che con l’esubero».

Per Renzi anzi, con i pensionamenti previsti le nuove entrate nella Pa potrebbero essere «14-15 mila fino al 2018. Se obblighi tutti ad andare in pensione, siamo stati prudenti a parlare di 10 mila nuove persone perché in realtà i calcoli che abbiamo fatto sono tra i 14-15mila fino al 2018» ha aggiunto il presidente del Consiglio.

Accorpamenti - La riforma prevede inoltre una serie di accorpamenti di enti e organi della Pa. Prima di tutto si passa per una riduzione delle prefetture: Renzi ha detto che dovranno essere presenti solo «nei capoluoghi di regione e in zone strategiche, quindi saranno ridotte a 40». Inoltre, il premier ha parlato di una «centrale unica per gli acquisti delle forze di polizia e di accorpare l’Aci, il Pra e la Motorizzazione civile».

Quanto alle scuole di formazione della Pubblica amministrazione, dovranno essere accorpate in una sola. Tra gli altri provvedimenti per la lotta agli sprechi della Pa, ci sarà anche «l’accorpamento delle soprintendenze e la riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio» facendo riferimento anche alle molteplici sedi provinciali della Ragioneria generale dello Stato. Il presidente del Consiglio ha parlato anche della volontà di eliminare «l’obbligo delle aziende di iscriversi alle Camere di commercio» cosa che potrebbe portare all’eliminazione delle stesse, e ha parlato anche «della razionalizzazione delle Autorità portuali».

Pin - Nella riforma della Pa è previsto, ha aggiunto Renzi, «l’introduzione del Pin del cittadino: oggi la pubblica amministrazione parla 13 linguaggi diversi, noi vogliamo che parli un’unica lingua e che lavora su tutto». Il progetto di riforma infatti prevede per il cittadino l’introduzione di un unico codice per accedere ai servizi pubblici.

Mobilità obbligatoria, niente esuberi - Il Ministro della Pa Marianna Madia, intervenuta durante la conferenza stampa, ha chiarito: occorre «mettere in campo» una «mobilità che funzioni», sia «volontaria, ma anche obbligatoria, garantendo dignità al lavoratore», con riferimento alle retribuzioni e alla «non lontananza da luogo lavoro».

La priorità è «sbloccare al massimo il blocco del turn over». «Abbiamo delle patologie da sanare, come gli idonei non assunti e i precari - ha continuato -. Non ho problemi a parlare di eventuali prepensionamenti». E' proprio su questo fronte che Renzi troverà i maggiori ostacoli perchè la normativa sulla mobilità dei dipendenti pubblici in realtà già esiste, da oltre 10 anni, ma per via dei veti incrociati non è mai stata applicata.

La riforma della Pubblica Amministrazione dovrebbe però avvenire in due fasi. La prima, con un decreto, che potrebbe essere approvato già entro la settimana. La seconda, di portata più ampia, verrebbe affidata a un disegno di legge delega.

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Ancora attraverso i social network, il Presidente del Consiglio torna ad annunciare l'avvio della Riforma della Pubblica Amministrazione. A breve si conosceranno i primi dettagli ufficiali su un provvedimento atteso da diverse settimane. La tabella di marcia, quindi, pare rispettata.

I provvedimenti sono sono stati scritti nero su bianco la scorsa settimana nell'incontro che si è tenuto a Palazzo Chigi a cui ha partecipato Marianna Madia, ministro della Pubblica Amministrazione. La riforma della Pa sarà probabilmente affidata a due provvedimenti, un decreto legge che sarà approvato a breve, in Consiglio dei ministri, l'altro, un disegno di legge delega, avrà una portata piu' ampia e dovrà contenere una revisione anche dei principi generali del funzionamento della macchina burocratica italiana.

Proprio in questa seconda fase potrebbe trovare ingresso il progetto della staffetta generazionale, un'idea che ha alla base l'obiettivo di far uscire dal lavoro i dipendenti vicini alla pensione e favorire l'ingresso di nuove leve piu' giovani. Operazione complessa sulla quale i sindacati frenano preoccupati che con il provvedimento si vogliano in realtà mascherare l'avvio di licenziamenti in massa. I sindacati sarebbero comunque disponibili ad un allargamento dell'esonero dal servizio, procedura che consiste nella sospensione dal lavoro nei 5 anni che precedono il momento di andare in pensione.

Nella legge delega troverà spazio anche un maggior ricorso alla mobilità interna alla Pubblica amministrazione. Dirigenti e dipendenti potranno essere destinati, a seconda delle necessità, a trasferimenti o a distacchi in altri dipartimenti dell' amministrazione pubblica per coprire quelle aree a carenza di personale. 

Nel decreto dovrebbe invece esserci il vincolo della parte variabile dei compensi dei dirigenti della Pa ai risultati economici del Paese. Bonus che sarebbero quindi legati all'andamento del Pil o di altri dati macroeconomici dell'Italia: se il Paese cresce, cresce anche la retribuzione. Renzi sta anche valutando l'inserimento di un limite di tempo per ogni incarico apicale.

Da escludere invece un intervento sulle pensioni in larga scala. L'idea di Poletti di introdurre il prestito pensionistico, magari solo quello "soft" che interesserebbe i lavoratori attualmente impiegati che prevede l'anticipo di un anno nell'accesso alla pensione, dovrà essere studiato attentamente nelle prossime settimane e pertanto non sarà inserito nel decreto legge sulla Pa.  

Nessuna assunzione, nemmeno per co.co.co o tramite contratti di servizio. Non sarà possibile per le Amministrazioni Pubbliche che registreranno, nei pagamenti delle fatture, tempi superiori ai 90 giorni nel 2014 e 60 giorni nel 2015.

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Fatture pagate entro 60 giorni a partire dal 2015 con il blocco delle assunzioni - anche di Co.Co.Co - per chi sfora. Ma anche l'arrivo di un registro unico delle fatture per evitare che nuovi debiti possano accumularsi, senza averne nemmeno coscienza.

Sono queste le principali misure contenute nel decreto Irpef dedicate allo sblocco ed all'accelerazione dello smaltimento dei debiti arretrati delle PA nei confronti delle imprese creditrici.

Per il 2014, complici i vincoli del Patto di stabilità interno, i pagamenti reali saranno però all'incirca solo 5 miliardi a fronte di anticipi di liquidità agli enti debitori per 8,77 miliardi. La sorpresa per le imprese creditrici è nei numeri della relazione tecnica che purtroppo abbassa i numeri circolati in un primo momento.

Non è calcolato invece quanto potrà essere mobilitato con la Cessione dei Crediti a Banche e Cdp (stime ufficiose parlano di un intervento che potrà coprire 3-5 miliardi di debiti, con un tasso di interesse limitato a carico delle imprese). Anche le banche entrano in gioco con la cessione in modalità pro soluto agli Istituti di Crediti certificati: potranno applicare un tasso di sconto sulle fatture la cui misura sarà determinata da un decreto attuativo.

Oltre allo sblocco dei fondi vengono introdotte norme per velocizzare, nel rispetto anche dei vincoli europei, i pagamenti delle Amministrazioni Pubbliche. Con il rischio di penalizzazioni: nessuna assunzione, nemmeno per co.co.co o tramite contratti di servizio; è infatti prevista per le Amministrazioni Pubbliche che registreranno, nei pagamenti delle fatture, tempi superiori ai 90 giorni nel 2014 e 60 nel 2015. La norma del decreto però, è meno stringente di quella prevista in una bozza di un ipotizzato disegno di legge per il pagamento dei debiti che non ha mai visto la luce: in quel testo il governo ipotizzava limiti di 60 e 30 giorni rispettivamente per il 2014 e il 2015.

Sempre sul capitolo PA il decreto irpef predispone un ''registro unico delle fatture'' che dovrà essere tenuto da tutte le Amministrazioni Pubbliche a partire dal primo luglio. Le fatture dovranno essere registrate entro 10 giorni e non saranno ammessi sotterfugi (come registri per singoli settori); si prevede anche la ristrutturazione dei debiti contratti dalle regioni con la possibilità per il tesoro di emettere nuovi titoli di Stato.

Il decreto consente anche di liberarsi di strumenti derivati sottoscritti in passato dalle regioni. Con un solo limite: l'operazione non sarà possibile se comporta un aumento del debito pubblico dello Stato.

Il Premier: "Più merito, più mobilità, più qualità sono le parole chiave. Studieremo la possibilità che i dirigenti pubblici vengano valutati per i meriti anche dal personale e dai colleghi".

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Si susseguono gli incontri tra Matteo Renzi, i ministri Marianna Madia e Maria Elena Boschi, il sottosegretario Graziano Delrio e diversi tecnici per mettere a punto i dettagli dell'intervento di riforma della Pa che il premier vuole varare entro questa settimana. Un nuovo intervento questa volta dedicato alla Pubblica Amministrazione che sicuramente riguarderà la dirigenza, ha fatto intendere lo stesso premier Matteo Renzi nei giorni scorsi.

Su questo fronte non dovrebbero essere introdotti nuovi scaglioni retributivi, come si era ipotizzato i un primo momento, ma dovrebbe ancorarsi parte della retribuzione alle performance del Paese. Che tradotto significa predisporre una prima mini-riforma dei criteri di premialità della dirigenza legando parte dell'ammontare dei riconoscimenti economici al realizzarsi di indicatori macro come in primo luogo l'andamento del Pil, forse anche la disoccupazione o comunque un indice soppesato di benessere economico.

Il nuovo governo vuole anche introdurre il ruolo unico e procedere al ridisegno del sistema dei concorsi e dei corsi di formazione con una rivisitazione e razionalizzazione dell'attuale sistema delle scuole di formazione. Le cinque scuole in questo settore, la Scuola superiore di economia e finanze, la Scuola superiore della pubblica amministrazione, quella dell'amministrazione locale, quella dell'Interno e l'istituto diplomatico Mario Toscano potrebbero essere riorganizzate in quanto trattasi di strutture simili che quintuplicano i costi per il bilancio dello stato.

L'obiettivo secondo Renzi è realizzare un modello di reclutamento capace di garantire una maggiore mobilità tra i dirigenti da accompagnare con un ulteriore intervento sulle retribuzioni, probabilmente ripensando l'indennità di posizione.

Poi c'è il fronte della "staffetta generazionale", annunciata nelle scorse settimane dal Ministro Madia che potrebbe preludere ad uno sblocco del turn over associato anche ad un ripensamento del pensionamento nel pubblico impiego. Il numero di partenza è quello indicato dal commissario straordinario, Carlo Cottarelli, 85mila dipendenti, una cifra «non molto elevata in rapporto all'occupazione nella Pa» ha ripetuto davanti alle commissioni Difesa riunite di Camera e Senato.

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il Ministro della Funzione pubblica Marianna Madia, hanno fatto il punto della situazione, in vista della riforma che potrebbe essere approvata dal Consiglio dei Ministri la prossima settimana.

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Le fasce intermedie con i tetti alla retribuzione ai dipendenti pubblici, comparse nelle bozze preparatorie del decreto Irpef, non saranno inserite nel decreto sul riordino della Pubblica Amministrazione.

E' quanto hanno stabilito il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il Ministro delle Funzione Pubblica Marianna Madia in un vertice per fare il punto della situazione. 

La Madia ha ribadito la propria contrarietà a tagli lineari ai dipendenti del Pubblico Impiego dopo l'entrata in vigore del tetto ai top manager a 240mila euro; i tecnici lavorano tuttavia a una ridefinizione della parte variabile della retribuzione per evitare che, come è accaduto finora, i premi vengano distribuiti a pioggia.

Secondo quanto anticipato dallo stesso Renzi - « studieremo la possibilità che i dirigenti pubblici vengano valutati per i meriti anche dal personale e dai colleghi » e « una parte della retribuzione sarà legata alle performance del Paese » (per esempio al prodotto interno lordo). Obiettivo della Riforma sarà la semplificazione attraverso le nuove tecnologie.

Pratiche Online e svecchiamento delle PA -  Tra gli elementi salienti della Riforma c'è l'idea di fornire ai cittadini un codice PIN per sbrigare online le pratiche.

La Riforma dovrà prevedere anche l’avvio di un percorso di svecchiamento del personale, che oggi vanta un’età media tra le più alte in Europa. Per questo sono allo studio meccanismi di «staffetta generazionale» come illustrato dalla stessa Madia in Parlamento: sblocco del turn over, favorendo contemporaneamente il pensionamento dei dipendenti più anziani in esubero. Il commissario per la revisione della spesa pubblica Carlo Cottarelli, ha ribadito che la stima di ridurre di 85 mila dipendenti l’organico della Pubblica Amministrazione nei prossimi anni è realistica.

L'istituto del prepensionamento nel settore pubblico è già stato introdotto dall'articolo 2 del Dl 95/2012 come strumento proritario per consentire alle amministrazioni centrali di riassorbire i soprannumeri determinati dalle misure di riduzione delle dotazioni organiche, prima di ricorrere alla mobilità coattiva.

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Il ministro Madia ha evocato in queste ultime settimane il tema dei prepensionamenti nella Pubblica Amministrazione. E' una strada questa difficilmente percorribile per diverse ragioni. La prima è di carattere equitativo: la riforma Fornero ha improvvisamente allontanato di molti anni il collocamento a riposo per tutti i lavoratori.

Chiedere oggi di approvare una deroga per mandare in pensione anticipata i dipendenti pubblici, non può  far altro che discriminare i dipendenti del settore privato tanto piu' che molti, specialmente se anziani, hanno il timore di perdere il posto perché è noto che le aziende non siano per niente contente di tenersi i lavoratori fino a 66-67 anni e anzi cerchino il modo di liberarsene il prima possibile.

Inoltre, quando si parla di prepensionamenti nel pubblico, bisogna anche ricordare le norme che già ci sono. La prima legge di spending review del governo Monti - il Dl 95/2012 -  tagliò del 20% l'organico dei dirigenti e del 10% quello degli altri dipendenti pubblici, disponendo che questi soggetti potranno andare in pensione con le regole precedenti alla riforma Fornero a condizione che maturino i requisiti anagrafici e contributivi utili a comportare la decorrenza del trattamento entro il 31.12.2014 (data spostata al 31.12.2016 dal dl 102/2013).

Usciranno in questo modo già 7-8 mila lavoratori secondo quanto aveva affermato l'ex Ministro Dalia. Pochi probabilmente rispetto agli oltre 3 milioni di dipendenti ma qui bisogna ricordare che la legge poteva imporre questi tagli solo alle amministrazioni dello Stato e non anche a quelle di Regioni ed enti locali per via delle competenze attribuite dal titolo V della Costituzione.

Per trattare allo stesso modo dipendenti pubblici e privati si dovrebbe pertanto lavorare per introdurre per tutti maggiori elementi di flessibilità sull'età pensionabile chiedendo a chi sceglie di uscire prima una riduzione dell'assegno. Che comunque potrà colpire solo le anzianità maturate con il sistema retributivo presenti nell'arco della vita lavorativa del pensionando.

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