Avanti con la riforma delle Pensioni
Governo e Parti Sociali ancora distanti da una riforma condivisa della previdenza. Ma i tempi stringono se si vuole raggiungere un accordo entro la fine di marzo ed inserire il progetto nel Documento di Economia e Finanza.
E’ molto difficile scrivere della necessità di una nuova riforma previdenziale quando in Europa è scoppiata una violentissima guerra tra la Russia e l’Ucraina che ha già causato migliaia di vittime civili e con conseguenze imprevedibili sia sul fronte militare che economico/sociale, ma il Paese deve andare avanti e tra le mille criticità che il Governo deve affrontare in questo 2022 c’è anche quella di una nuova riforma previdenziale che vada a sostituire la legge Fornero a partire dal 1/1/2023.
L’anno 2021 era terminato con la promessa da parte dell’esecutivo di una serie di incontri tecnici tra Governo e Organizzazioni Sindacali già nel mese di gennaio propedeutici ad un incontro politico alla metà di febbraio dove l’esecutivo avrebbe finalmente scoperto le carte, indicato nero su bianco quale era la sua proposta e soprattutto quanti denari avrebbe messo sull’argomento previdenziale così da inserire un eventuale ipotesi di accordo nel DEF che Draghi vorrebbe anticipare alla fine di marzo.
Sono stati individuati tre temi fondamentali sui quali operare una discussione quali la previdenza complementare, la previdenza per giovani e donne e la flessibilità in uscita. Il primo è più facile da risolvere. Sul tavolo c’è l’ipotesi dal 1/1/2023 di aprire un altro semestre di silenzio/assenso (analogamente a quanto accaduto nel 2007) in cui i lavoratori saranno iscritti automaticamente, a meno di un rifiuto scritto, ad un fondo pensione destinando ad esso il loro TFR e implementando così questo istituto, assolutamente necessario, e che in Italia stenta a decollare. Anche il secondo aspetto quello della previdenza per giovani e donne sembra possa essere risolto istituendo una pensione di garanzia con un bonus di 6 mesi per ogni anno di contributi versati a coprire periodi di formazione o assenza di lavoro tra un contratto e l’altro nei quali non figurano contributi versati.
Sulla flessibilità in uscita il confronto è ancora impantanato con il Governo che già prima dello scoppio della guerra tra Russia ed Ucraina si era sottratto ad un confronto facendo filtrare la possibilità di attuare una flessibilità in uscita solamente nel solco di una riforma contributiva.
In pratica l’esecutivo dopo oltre un anno in cui gli si chiede chiarezza e proposte scritte per riformare la legge Fornero fa filtrare ipotesi farraginose e confuse. Le proposte del Presidente dell’INPS Tridico, quella di Raitano o quella chiamata Opzione Tutti non sono mai state definite precisamente nei termini, e nessuna di queste è mai stata indicata la più desiderata dal Governo.
Questo atteggiamento, poco rispettoso nei confronti dei cittadini italiani, deve essere superato. L’esecutivo, anche in questo momento drammatico che stiamo vivendo deve riprendere le trattative con le Organizzazioni Sindacali senza lasciare nel dubbio milioni di lavoratori che hanno diritto di conoscere gli intendimenti governativi, anche perché i margini per definire una nuova legge previdenziale ci sono tutti.
Il Governo, poi, dovrebbe impegnarsi nei confronti dei milioni di pensionati ormai al limite della sussistenza, anche per effetto di un’inflazione che viaggia oltre il 5%, alzando, ad esempio, la no tax area a 10.000 € ed eliminando le addizionali regionali e comunali per redditi fino a 30.000 €.