Gestione Separata, Niente iscrizione se il reddito è inferiore a 5mila euro e manca l'abitualità
La regola vale anche per i professionisti iscritti ad ordini e collegi che non assolvano l'obbligo IVS presso la Cassa Professionale. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione respingendo un ricorso dell'INPS.
E' quanto, in sintesi, ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7227/2021 che ha accolto la tesi della difesa di una avvocatessa non iscritta alla Cassa Forense in quanto priva del reddito minimo richiesto, secondo le disposizioni dell'epoca vigenti, per l'obbligatorietà dell'iscrizione.
La questione
La professionista in relazione ai predetti periodi aveva percepito redditi inferiori a 5mila euro annui e l'INPS, sulla considerazione che l'obbligo assicurativo non era stato assolto presso la Cassa Forense, aveva richiesto l'iscrizione alla gestione separata a prescindere dall'accertamento della natura abituale dell'attività svolta. La Cassazione, nel solco dei precedenti orientamenti, ribadisce che l'obbligo di iscrizione alla gestione separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall'esercizio abituale (ancorché non esclusivo) ed anche occasionale (purchè superiore a 5mila euro annui) anche di un'attività professionale per la quale è prevista l'iscrizione ad un albo o ad un elenco, venendo meno tale obbligo solo se il reddito prodotto dall'attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento.
Nel caso di specie la professionista non era iscritta alla Cassa in virtu' della percezione di un reddito annuo inferiore al minimo previsto dai regolamenti vigenti all'epoca. Pertanto l'obbligo di iscrizione alla gestione separata sarebbe scattato: a) in presenza di un reddito annuo superiore a 5mila euro (a prescindere dall'occasionalità); b) in presenza di un reddito annuo inferiore a 5mila euro ma solo a condizione che fosse acclarato il carattere abituale dell'attività esercitata. Posto che l'interessata si trovava in questa seconda ipotesi l'indagine va condotta sulle modalità con cui è svolta l'attività libero-professionale, se in forma abituale o meno.
La decisione
In tal senso, spiegano i giudici, non è possibile desumere alcuna presunzione tale per cui un'attività libero-professionale che possa essere svolta solo previa iscrizione ad un albo o elenco debba necessariamente qualificarsi come "abituale" ai fini dell'iscrizione alla Gestione separata. Secondo la Corte, resta piuttosto da osservare che, una volta chiarito che il requisito dell'abitualità dev'essere accertato in punto di fatto, valorizzando le presunzioni ricavabili ad esempio dall'iscrizione all'albo, dalle dichiarazioni rese ai fini fiscali, dall'accensione della partita IVA o dall'organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, ben può la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore a € 5.000,00 rilevare quale indizio per escludere che, in concreto, l'attività sia stata svolta con carattere di abitualità. Nel caso di specie la Corte d'Appello aveva escluso il carattere abituale dell'attività; la Corte di Cassazione ha dunque confermato l'orientamento della corte di merito respingendo la richiesta dell'INPS di ribaltare la sentenza.