Invalidi civili, Agli ultra65enni la maggiorazione sociale non spetta d'ufficio
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso dell'Inps che aveva negato la concessione dell'incremento al milione ad una pensionata titolare di assegno sociale sostitutivo della pensione di inabilità civile.
La questione
La questione riguardava una pensionata titolare di assegno sociale per trasformazione della pensione di inabilità civile dopo il superamento del 65° anno di età ai sensi dell'art. 19 L. n. 118/1971. La titolare aveva chiesto l'attribuzione della maggiorazione sociale di cui all'articolo 38 (il cd. incremento al milione) contando sulla possibilità di poter far valere i più elevati requisiti reddituali previsti per la concessione della pensione di inabilità civile e non quelli - di gran lunga inferiori - previsti per la concessione della predetta maggiorazione per i normodotati. La pensionata chiedeva, inoltre, di non considerare il reddito coniugale essendo questo irrilevante per la concessione delle prestazioni di invalidità civile. Al diniego dell'Inps la pensionata ha proposto ricorso ottenendo una sentenza favorevole dalla Corte d'Appello contro la quale l'Inps ha però proposto ricorso per Cassazione che, alla fine, ha accolto le doglianze dell'Istituto respingendo la tesi della Corte di merito.
Secondo i legali della pensionata l'articolo 38, co. 2 della legge 448/2001 nello stabilire che con riferimento ai titolari di prestazioni di assegno sociale derivante da trasformazione di una prestazione di invalidità civile occorre tenere conto "dei medesimi criteri economici adottati per l'accesso e per il calcolo dei predetti benefici" aveva implicitamente agganciato la concessione della maggiorazione sociale al rispetto dei requisiti reddituali per godere della prestazione di invalidità civile e che, pertanto, non dovevano essere ulteriormente illustrati. Diversa la tesi dell'Inps secondo la quale una corretta interpretazione dell'art. 38 citato imponeva di ritenere che anche i soggetti indicati nel 2° comma dovessero soggiacere agli stessi criteri economici previsti dal comma 5° dell'art. 38 citato, adottati per l'accesso e per il calcolo per i soggetti di cui di cui al 1 comma. Ne consegue, secondo l'Inps, che anche per la pensionata occorreva avere riguardo al limite di reddito previsto dal comma 5 dell'art 38 citato e non al limite reddituale previsto per l'accesso all'originaria pensione di invalidità, poi trasformata in assegno sociale in quanto ultrasettantenne, di cui godeva la pensionata.
La Tesi della Cassazione
Secondo la Cassazione il ricorso dell'Inps deve essere accolto. I giudici di Piazza Cavour osservano che l'inciso "tenendo conto dei medesimi criteri economici adottati per l'accesso e per il calcolo dei predetti benefici" si riferisce pur sempre ai benefici economici previsti dal 1° comma ed indica che per godere dei predetti benefici anche i soggetti indicati dal 2° comma soggiacciono agli stessi criteri economici adottati per l'accesso e per il calcolo indicati al primo comma.
Secondo la Corte di Cassazione "come ha rilevato l'Inps, una diversa interpretazione darebbe luogo ad inammissibili diversità di trattamento per i soggetti indicati al 2° comma che non sarebbero soggetti ai limiti reddituali di cui al 5° comma e cosi il cieco civile assoluto, di cui al 4° comma, sarebbe soggetto al limite reddituale e non io sarebbe invece il cieco civile, con evidenti incongruenze non altrimenti giustificabili".
In sostanza la tesi della Corte non riconosce alcuna differenziazione tra soggetti normodati e invalidi nella concessione della maggiorazione sociale di cui all'articolo 38 della legge 448/2001. Entrambi devono rispettare i medesimi limiti reddituali (che sono più bassi rispetto alla pensione di inabilità civile) che devono tener conto, peraltro, non soltanto del limite personale ma anche, se coniugato, del reddito familiare. Da ciò consegue che l'invalido civile titolare dell'assegno sociale sostitutivo non ha diritto in automatico alla concessione della maggiorazione sociale.