Omissioni Contributive, Riviste le sanzioni a carico dei datori di lavoro
Lo prevede un passaggio della bozza di decreto lavoro attualmente in discussione a Palazzo Chigi. L’omesso versamento sarà punito in misura pari da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso.
Riviste le sanzioni per l’omesso versamento all'Inps dei contributi da parte dei datori di lavoro. In luogo dell’attuale sanzione tra 10 mila e 50 mila euro, si pagherà «da una volta e mezza a quattro volte l'importo omesso». Lo prevede l’articolo 33 della bozza di Dl lavoro rivedendo la depenalizzazione introdotta dal decreto legislativo n. 8/2016.
La questione
Riguarda la violazione dell'omesso versamento di ritenute previdenziali da parte del datore di lavoro e dei committenti all’INPS. La disciplina attuale, dopo la depenalizzazione operata dal dlgs n. 8/2016, è così strutturata:
- - sanzione penale, nel caso in cui l'omesso versamento ammonti a più di 10 mila euro annui, con la pena della reclusione fino a tre anni e la multa fino a 1.032 euro;
- - sanzione amministrativa, nel caso in cui l'omesso versamento non superi 10 mila euro annui, con una sanzione pecuniaria da 10 mila e 50 mila euro.
In entrambi i casi opera il ravvedimento: la violazione non è punibile (né reato, né sanzione) se si versano le ritenute omesse entro tre mesi dalla notifica della violazione.
Fino a 10mila euro
Per le omissioni sino a tale soglia, scaduti i termini del ravvedimento, l’Inps originariamente ha applicato, su indicazioni del Ministero del Lavoro, una sanzione superiore al minimo di legge in base all’articolo 16 della legge n. 689/1981 (sanzione massima aumentata di un terzo), cioè pari a 16.666€. Il procedimento, impugnato dai datori di lavoro, è stato bocciato dai giudici, spingendo il ministero del lavoro a rivedere gli indirizzi interpretativi e a concludere con il far prevale la «misura minima» di legge, cioè 10mila euro. Inoltre, con riferimento alle violazioni «a cavallo» tra il 2015 e 2016, anni di passaggio alla nuova disciplina, il ministero ha ritenuto doversi applicare un regime ad hoc (c.d. regime intertemporale), che consente di pagare la misura minima ridotta del 50% entro 60 giorni (cioè 5.000 euro). Negli altri casi, invece, cioè sulle violazioni commesse dall'anno 2016, la sanzione va pagata entro 30 giorni e nella misura minima per legge: 10 mila euro.
La questione è stata di recente portata all’attenzione della Corte Costituzionale da parte del giudice del lavoro di Verbania che ha dichiarato non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per contrarietà all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 3, comma 6, del decreto legislativo n. 8 del 2016, che ha modificato l’art. 2, comma 1-bis, del decreto-legge n. 463 del 1983, convertito dalla legge 638 del 1983, nella parte in cui punisce l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000.
Le novità in arrivo
L'art. 33 del dl Lavoro per mitigare la sanzioni, una volta scaduto il ravvedimento stabilisce che se l'importo omesso non supera 10.000 euro annui, si applica una sanzione «da 1,5 a 4 volte l'importo omesso». Secondo la relazione al dl Lavoro, la natura punitiva della sanzione è equiparabile alla penale, con conseguente applicazione del principio di retroattività in bonam partem; pertanto, il nuovo e più mite regime sanzionatorio potrà applicarsi a tutte le violazioni non ancora diffidate o notificate dall'Inps, né già esaurite (perché pagate). Nell’ipotesi di avvenuto pagamento, nella misura ridotta e con le modalità contemplate dall’articolo 16 della legge n. 689 del 1981, antecedentemente all’entrata in vigore della norma sanzionatoria amministrativa più favorevole, il rapporto deve ritenersi esaurito, con conseguente impossibilità di applicare la novella legislativa.
La bozza di decreto, prevede inoltre, che l’accertamento della violazione possa essere notificato al responsabile entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell’annualità oggetto della violazione, in deroga all’articolo 14 della legge n. 689 del 1981 secondo cui la notifica deve avvenire entro 90 giorni.