Pensioni, I ratei di 13^ entrano sempre nella base di calcolo dell'assegno pensionistico
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione accogliendo il ricorso di un lavoratore che si era visto ridurre la misura del trattamento pensionistico. Ciò vale anche in caso di esercizio di opzione per il trattamento in servizio ai sensi della legge 243/04.
La questione
La questione riguardava un lavoratore che aveva esercitato il 26 Giugno 2007 l'opzione per rimanere in servizio ai sensi dell'articolo 1, co. 12 della legge nr. 243 del 2004 avendo all'epoca maturato il diritto alla pensione di anzianita'. La disposizione da ultimo richiamata consentiva, per il periodo 2004-2007, ai lavoratori dipendenti del settore privato che avessero maturato i requisiti minimi all'epoca vigenti per l'accesso al pensionamento di anzianità, di farsi corrispondere direttamente in busta paga i contributi dovuti dal datore di lavoro per il periodo successivo all'esercizio dell'opzione sino a quello dell'effettivo pensionamento. L'obiettivo della normativa era di incentivare il posticipo del pensionamento sino all'età di vecchiaia arricchendo la busta paga del lavoratore per il periodo di prosecuzione dell'attività lavorativa ma cristallizzando l'importo pensionistico a quello maturato al momento dell'esercizio dell'opzione. Erano comunque fatti salvi gli adeguamenti del trattamento pensionistico spettanti per effetto della rivalutazione automatica al costo della vita durante il periodo di posticipo del pensionamento.
Il ricorrente chiedeva, in particolare, l'inclusione nella retribuzione pensionabile utile per il calcolo della misura anche dei 6/12 della 13ma mensilità relativa all'anno 2007 e la 14ma mensilità del 2007 in conformità a quanto avviene normalmente in caso di cessazione del rapporto di lavoro che, invece erano stati esclusi dall'Inps determinando una riduzione del trattamento pensionistico. La Corte d'Appello di Milano, ribaltando la sentenza del Tribunale, aveva accolto l'impugnazione del lavoratore, rilevando che per il calcolo della pensione doveva computarsi la retribuzione in godimento al momento dell'esercizio dell'opzione, considerando non solo le somme effettivamente percepite ma anche quelle che sarebbero state percepite se il rapporto fosse effettivamente cessato alla data di esercizio dell'opzione.
La decisione dei Giudici
Contro la decisione della Corte d'Appello l'Inps proponeva ricorso per Cassazione lamentando, invece, che il criterio da adottarsi dovesse quello indicato dall'art. 6 del Dlgs 314/1997 secondo il quale nel maturato che integra la base pensionabile non devono essere computati i predetti ratei in quanto i contributi sulle componenti extramensili devono essere pagati solo nel periodo di paga (dicembre per la 13ma e giugno per la 14ma) in cui vengono effettivamente corrisposte, secondo il criterio di cassa che regola il pagamento della contribuzione. Tali elementi, dato che il rapporto non era cessato, dovevano essere corrisposti in busta paga al lavoratore nel corso della prosecuzione del rapporto, in conformità al criterio stabilito dalla legge 243/04.
I giudici di Piazza Cavour hanno, tuttavia, smontato la tesi dell'Inps. Secondo i giudici la tesi patrocinata dall'Istituto è completamente infondata "essendo smentita dalla legge nr. 243 del 2003, art. 1, comma 13 dal quale risulta chiaramente che il trattamento pensionistico liquidato a favore del lavoratore che abbia esercitato la facoltà di opzione deve essere "pari a quello che sarebbe spettato" ove egli non avesse esercitato la stessa facoltà". In sostanza poiché in caso di cessazione del rapporto sui ratei di 13ma e 14ma maturati sarebbero stati versati i contributi, in quanto rientranti nella retribuzione imponibile, lo stesso deve accadere per l'ipotesi di opzione e prosecuzione del rapporto, in base al criterio di parità ed alla fictio iuris previsti dalla legge 243/04.