Lavoratori precari, diritto di precedenza all’assunzione anche ai collaboratori
Anche i lavoratori co.co.co. e i collaboratori occasionali beneficeranno del diritto di precedenza all’assunzione nei casi in cui l’azienda intende ampliare l’organico, una facoltà al momento prevista solo in favore dei lavoratori con contratti di lavoro subordinato.
Tra le novità sulle tutele la bozza di decreto legislativo che recepisce la direttiva europea n. 1152/2019 introduce la «transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili», come nuova declinazione del diritto di precedenza nelle assunzioni. Lo strumento di stabilizzazione contenuto nel provvedimento ora all’esame delle Commissioni di Camera e Senato include anche i committenti nell’obbligo di stabilizzare i lavoratori precari già in servizio in vista di nuove assunzioni. Una disposizione che persegue la finalità di promuovere la transizione a forme di lavoro più prevedibili e sicure qualora il datore di lavoro o committente abbia la possibilità di offrirle, sottraendo così i lavoratori a situazioni di incertezza e vulnerabilità.
Il diritto alla stabilizzazione e di precedenza
Attualmente come previsto dall’art. 24 del D.Lgs 81/2015 il datore di lavoro che assume nuovi dipendenti a tempo indeterminato ha l’obbligo di rispettare il diritto di precedenza, vigente in capo ad alcuni soggetti che hanno già svolto attività lavorativa presso l’azienda con le medesime mansioni (lavoratori a tempo determinato per più di sei mesi, lavoratori a tempo indeterminato licenziati per giustificato motivo oggettivo, apprendisti). Ora, alla lettera della norma al vaglio del Parlamento lo stesso diritto si viene esteso anche alle collaborazioni, oltre ad essere rivista in parte la disciplina specie con riferimento alla modalità con cui il lavoratore interessato può chiedere al lavoratore di essere stabilizzato.
Richiesta di stabilizzazione
Più precisamente, il lavoratore che abbia maturato un’anzianità lavorativa di almeno sei mesi presso lo stesso datore di lavoro o committente, non necessariamente continuativi, e abbia completato il periodo di prova, può chiedere che gli venga riconosciuta una forma di lavoro meno precaria, con condizioni di lavoro «più prevedibili, sicure e stabili», dicitura che, in base ad un’interpretazione estensiva in favore del lavoratore, dovrebbe intendersi per contratto a tempo indeterminato.
Il datore di lavoro, a quel punto, deve fornire una risposta motivata al lavoratore entro un mese, ma non è obbligato a concedere la transizione ad altra forma di lavoro. In caso di risposta negativa, il lavoratore può presentare una nuova richiesta dopo che siano trascorsi almeno 6 mesi dalla precedente. Il diritto, che vede esclusi i dipendenti p.a., i lavoratori marittimi e della pesca e domestici, si estingue dopo un anno dalla fine del rapporto di lavoro.