Lavoro, Più tutele contro il mancato assolvimento degli obblighi informativi
In arrivo nuovi strumenti di tutela per il lavoratore che non riceve tutte le informazioni previste dal proprio datore di lavoro (o committente) al momento dell’istaurazione del rapporto di lavoro. L’elenco degli obblighi informativi, infatti, si amplia con lo schema di decreto in materia di trasparenza ora in via di definizione in Parlamento. Si allarga anche la gamma di misure in favore del dipendente (o collaboratore) in caso di violazione con la possibilità di ricorrere ai collegi arbitrali o allo stesso Ispettorato del lavoro.
Sono diverse le novità in tema di trasparenza e obblighi informativi introdotti dal provvedimento con cui il legislatore intende recepire la disciplina europea in materia (Direttiva Comunitaria 1152/2019) e va a modificare e integrare la normativa nazionale (Dlgs. 152/1997). In un’ottica di maggior garanzia del lavoratore, se da una parte in capo al datore di lavoro si aggiungono nuovi obblighi e limiti ben definiti (si veda qui per dettagli) dall’altra aumentano meccanismi rapidi di risoluzione delle controversie, prima ancora di arrivare di fronte al giudice.
I nuovi strumenti di tutela
In primo luogo la bozza di decreto legislativo introduce la facoltà per il lavoratore di ricorrere agli strumenti rapidi di risoluzione delle controversie, in alternativa alla facoltà di adire l’autorità giudiziaria e amministrativa, anche per il mancato o ritardato, incompleto o inesatto assolvimento degli obblighi informativi e alle condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili da parte del datore di lavoro. Si tratta in particolare:
- Del tentativo di conciliazione presso gli uffici territoriali dell’Ispettorato Nazionale del lavoro;
- Del ricorso ai collegi di conciliazione ed arbitrato;
- Del ricorso alle camere arbitrali istituite presso gli organi di certificazione previste dall’art 76 del decreto legislativo n. 276 del 2003.
In secondo luogo viene prevista la possibilità di denunciare all’Ispettorato Nazionale del Lavoro qualsiasi comportamento ritorsivo o effetto sfavorevole del datore di lavoro verso i lavoratori che abbiano reclamato l’adempimento di tali obblighi o avviato un procedimento, anche in fase pregiudiziale. La denuncia, che può anche essere presentata dall’organizzazione sindacale delegata dal lavoratore, assegna all’Ispettorato il compito di applicare un’ammenda da 250 euro a 1500 euro.
Divieto di licenziamento
La misura si abbina, infine, ad una clausola di ordine generale che sancisce il divieto di licenziamento del lavoratore o contro il recesso del committente. Qualora il lavoratore abbia timore che la misura sia stata adottata come ritorsione per l’esercizio dei diritti in materia di informativa può chiedere al datore di lavoro/committente i motivi delle misure poste a fondamento del licenziamento alle quali dovrà rispondere entro 7 giorni dall’istanza del lavoratore.
Peraltro, qualora il lavoratore impugni il licenziamento graverà sul datore di lavoro/committente l’onere della prova che i motivi addotti a fondamento del licenziamento non siano riconducibili alla violazione degli obblighi di informativa o a quelli relativi a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili.
Aggiornamento degli obblighi
La bozza di decreto legislativo, infine, dispone che il datore di lavoro o il committente, su richiesta scritta del lavoratore già assunto, è tenuto a fornire, aggiornare o integrare entro 30 giorni gli obblighi di informativa. In assenza scatta la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato.