Nell’edilizia le malattie osteoarticolari da sforzo restano tra le più indennizzate dall’INAIL
In edilizia sono molte le attività lavorative che comportano movimentazione manuale di carichi ed attività con sforzi di notevole entità a carico dell’apparato osteoarticolare, tale esposizione se assume carattere abituale e sistematico per un lungo periodo della propria storia lavorativa può causare delle malattie professionali.
Le principali malattie professionali che insorgono nel comparto edile sono quelle che interessano: l’ apparato respirato per la presenza di polveri o sostanza dannose; l’ apparato uditivo per esposizione a rumori otolesivi come martello pneumatico, seghe circolari, compressori; l’apparato osteoarticolare per la movimentazione manuale di carichi pesanti, conduzione di mezzi meccanici che provocano un’ esposizione a vibrazioni al corpo intero, posture incongrue e sovraccarico biomeccanico per la molteplicità delle lavorazioni da svolgere. In queste circostanze, a seconda della patologia che il lavoratore può aver contratto, è possibile ottenere un indennizzo dall'Inail.
Maurizio, per esempio, che ha svolto durante tutta la sua carriera lavorativa di circa 35 anni la mansione di manovale/muratore svolgendo lavorazioni di sollevamento manuale di carichi pesanti (sacchi di cemento, paiole di calcina, impalcature di ponteggi, ecc..) e conduzione di mezzi meccanici (muletti, gru, trans pallet,ecc..) che lo esponevano a vibrazioni a tutto il corpo ha incominciato, con il tempo, a soffrire di forti mal di schiena. A seguito di ciò decide di eseguire una RMN lombare che evidenzia a livello L5-S1 un ernia discale. Tale patologia come si evince dalle tabelle INAIL del settore industria (artt. 3 e 211 del DPR 1124/1965 allegato N.4) rientra tra le malattie professionali tabellate. Nella fattispecie, gioca un ruolo importante, a favore del lavoratore, la presunzione d’origine dell’eziologia professionale della malattia contratta. In pratica dimostrata l’esistenza della malattia e l’occupazione lavorativa non occasionale si da' per acquisito il carattere professionale senza che l'assicurato debba dimostrare il nesso di causalità con il conseguente riconoscimento della tecnopatia.
Prima di presentare una malattia professionale è necessario però, come nel caso di Maurizio, eseguire un esame diagnostico che dovrà poi essere sottoposto al medico-legale, il quale valuterà la presenza di patologie correlate all’attività lavorativa svolta. Nel caso sia presente una tecnopatia il medico competente presenterà telematicamente il certificato di m.p. all’INAIL (seguendo le istruzioni della circolare Inail del 10/2016), rilasciandone al lavoratore una copia che dovrà poi presentare al proprio datore di lavoro (se dipendente). Quest’ultimo ha l’obbligo di trasmette la denuncia entro 5 giorni dalla data in cui ne viene a conoscenza, che non è da confondere con la data del certificato medico, pena una sanzione amministrativa da un minimo di € 1290,00 a un massimo di € 7745,00 a carico del datore di lavoro per omessa o tardiva presentazione cosi come specificato dal artt. 1 e 2 della legge 561/1993 e successive modificazioni.
Successivamente il lavoratore sarà convocato a visita dalla sede INAIL competente sulla base della propria residenza, la quale provvederà ad effettuare un’ulteriore visita con il medico dell’istituto. L’esito verrà comunicato nei giorni successivi tramite raccomandata all’indirizzo dell’abitazione del lavoratore. Nell'esempio appena trattato la malattia professionale è stata accertata con una menomazione dell’integrità psico-fisica dell’8%, dando diritto ad un indennizzo di 5600€ da parte dell’INAIL al lavoratore per il danno biologico derivato dall’attività lavorativa.
Si rammenta che l’INAIL indennizza economicamente il danno biologico, in capitale (una tantum), quando supera la soglia del 6% e fino al 15%. Con un danno biologico complessivo superiore al 16% è riconosciuta al lavoratore un rendita mensile. Nonostante l’esito positivo del caso studio, va ricordato che non in tutti i casi le malattie professionali vengono riconosciute in prima istanza. In caso di rigetto è consigliato comunque valutare attentamente con un medico-legale se è opportuno procedere con un ricorso amministrativo e/o legale entro il termine prescrizionale di 3 anni e 150 giorni dalla manifestazione della malattia professionale.