Lavoro, Niente Naspi ai detenuti che prestano attività lavorativa per l'istituto penitenziario
I chiarimenti in un documento Inps. La perdita dell'occupazione del detenuto impiegato in attività lavorativa per il penitenziario non può essere assimilata ad un licenziamento.
La questione controversa riguarda la tutela assicurativa e previdenziale dei detenuti posto che la legge 26 luglio 1975, n. 354 recante “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” promuove in ogni modo la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazione professionale stabilendo che il lavoro penitenziario sia anche remunerato. La medesima legge dispone, inoltre, che la durata delle prestazioni lavorative non possa superare i limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia di lavoro con garanzia del riposo festivo, del riposo annuale retribuito e la tutela assicurativa e previdenziale obbligando, pertanto, gli Istituti penitenziari al versamento della contribuzione contro la disoccupazione e l'assicurazione IVS per i detenuti che svolgono attività alle loro dipendenze.
L'orientamento prevalente della Cassazione
In questo contesto la Corte di Cassazione - I sezione penale, con la decisione n. 18505 del 3 maggio 2006, si è pronunciata sui diritti dei detenuti che svolgono attività lavorativa alle dipendenze dell’Istituto penitenziario affermando il principio secondo il quale “l’attività lavorativa svolta dal detenuto all’interno dell’Istituto penitenziario ed al medesimo assegnata dalla Direzione del carcere non è equiparabile alle prestazioni di lavoro svolte al di fuori dell’ambito carcerario e, comunque, alle dipendenze di datori di lavoro diversi dall’Amministrazione penitenziaria. Detta attività, infatti, ha caratteri del tutto peculiari per la sua precipua funzione rieducativa e di reinserimento sociale e per tale motivo prevede la predisposizione di graduatoria per l’ammissione al lavoro ed è soggetta a turni di rotazione ed avvicendamento che non possono essere assimilati a periodi di licenziamento che, in quanto tali, danno diritto all’indennità di disoccupazione”.
Aderendo a tale interpretazione l'Inps precisa, pertanto, che ai soggetti detenuti in Istituti penitenziari, che svolgano attività lavorativa retribuita all’interno della struttura ed alle dipendenze della stessa, non può essere riconosciuta la prestazione di disoccupazione in occasione dei periodi di inattività in cui essi vengano a trovarsi. È fatto salvo, invece, il diritto dei medesimi soggetti detenuti presso Istituti penitenziari alla indennità di disoccupazione da licenziamento nel caso in cui il rapporto di lavoro si sia svolto con datori di lavoro diversi dall’Amministrazione penitenziaria. Come, ad esempio, i periodi di lavoro svolti presso le cooperative sociali che impieghino detenuti. Sul piano contributivo, tuttavia, gli Istituti penitenziari sono comunque tenuti al versamento della contribuzione contro la disoccupazione per i detenuti che svolgono attività alle loro dipendenze. Sotto il profilo assicurativo, detta contribuzione sarà utile - nel caso di cessazione involontaria da un rapporto di lavoro con datori di lavoro diversi dall’Istituto penitenziario - ai fini della prestazione di disoccupazione NASpI, qualora rientrante nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.
L'Inps informa, infine, che, secondo quanto disposto dalla legge 28 febbraio 1987, n. 56, i detenuti che già godevano del diritto all’indennità di disoccupazione prima che iniziasse lo stato di detenzione continuano ad averne diritto anche durante il periodo di detenzione, salvi i casi di revoca giudiziale della prestazione.
Documenti: Messaggio inps 909/2019