Pensioni, La disparità dell'età pensionabile rende nullo il licenziamento della lavoratrice
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione accogliendo la domanda di alcune ballerine del Teatro dell'Opera di Roma licenziate per aver raggiunto un'età anagrafica per il pensionamento di vecchiaia diversa da quella stabilita per gli uomini.
La questione verteva sugli effetti dell'art. 3 comma 7 d.l. n. 64/2010 conv. in legge n. 100/2010 che aveva, a partire dal 1° maggio 2010, ridotto l'età pensionabile per i lavoratori dello spettacolo appartenenti alle categorie dei tersicorei e ballerini assicurati presso l'Enpals, al raggiungimento del 45° anno di età per uomini e donne.
La disposizione da ultimo richiamata aveva anche previsto che per i due anni successivi, ai lavoratori assunti a tempo indeterminato che avessero raggiunto o superato l'età pensionabile, fosse data facoltà di esercitare l'opzione rinnovabile annualmente, per restare in servizio, mediante istanza da presentare all'Enpals entro due mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge 64/2010 o tre dal perfezionamento del diritto alla pensione, fermo restando il limite massimo di pensionamento di vecchiaia di 47 anni per le donne e 52 per gli uomini previsto dalla disciplina antecedente all'intervento normativo del decreto legge 64/2010. Le lavoratrici avevano esercitato il diritto di opzione ma erano state licenziate dalla Fondazione che gestisce il Teatro al compimento dei 47 anni per raggiungimento del limite di età.
La decisione della Corte
Ne è nato un lungo contenzioso giudiziario con la Corte d'Appello che ha bocciato il ricorso delle lavoratrici dopo la sentenza del Tribunale che, invece, era stato loro favorevole. La materia del contendere è quindi sfociata in Cassazione e - a seguito del sollevamento della questione pregiudiziale da parte degli stessi giudici di Piazza Cavour - presso la Corte di Giustizia Europea la quale con ordinanza del febbraio scorso ha dichiarato non conforme l'art. 3 comma 7 d.l. n. 64/2010 convertito in L. 100/2010, ai principi di non discriminazione (per ragioni di genere) fra uomini e donne quale espresso dalla direttiva 2006/54 e dell'art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
Secondo la Corte Ue "il licenziamento per raggiungimento dei limiti di età di 47 anni per le donne, è da considerarsi come licenziamento discriminatorio, poiché integra una discriminazione diretta per ragioni di sesso, al quale non possono opporsi legittime deroghe per finalità sociale o di interesse pubblico". In altri termini - prosegue la Corte di Giustizia Europea "una politica generale la quale contempli il licenziamento di una lavoratrice per il solo motivo che essa ha raggiunto o superato l'età alla quale ha diritto ad una pensione di vecchiaia, che è diversa per gli uomini e per le donne ai sensi della normativa nazionale, costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso vietata dalle norme comunitarie".
La sentenza europea ha quindi aperto la strada all'accoglimento del ricorso delle lavoratrici da parte della Corte di Cassazione ed è, comunque, molto importante in quanto può essere applicato anche in situazioni in cui esistano delle disparità nell'età di accesso alla pensione di vecchiaia tra uomini e donne diverse dal caso affrontato dai giudici.
La proroga del Dl 64/2010
Sostanzialmente il biennio indicato nella legge individua le coorti dei lavoratori potenzialmente interessati nella proroga che, quindi, comprende ballerini e tersicorei che hanno raggiunto i 45 anni entro il 1° luglio 2012. Inoltre i giudici ricordano che, una volta esercitata l’opzione per la prosecuzione del rapporto di lavoro viene meno per il datore la possibilità di motivare il licenziamento con il compimento d’età e il possesso dei requisiti pensionistici in base all’articolo 4, comma 2, della legge 108/1990. In questa ipotesi il rifiuto del datore di lavoro di consentire la prosecuzione del rapporto, malgrado l'esercizio della facoltà in questione, configura un atto radicalmente nullo per contrarietà ad una norma imperativa, con conseguente obbligo di riassunzione del lavoratore.
La Corte di Cassazione ha quindi accolto il ricorso da parte delle lavoratrici e ha rinviato la decisione nel merito alla Corte d'Appello che dovrà attenersi ai criteri sopra individuati.