Premi di produttività, Ammesse anche le società «in house»
I chiarimenti in un documento dell’Agenzia delle Entrate. L’esclusione riguarda solo le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, co. 2 del dlgs n. 165/2001. Ammesse, invece, le società in house a partecipazione pubblica.
La tassazione agevolata dei premi di risultato può essere utilizzata anche dalle società in house a partecipazione pubblica. Lo rende noto l’Agenzia delle Entrate in risposta ad un interpello (n. 296 del 14 aprile 2023) in cui spiega che il riferimento al «settore privato» è volto solo ad escludere le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001.
La questione
All’Amministrazione finanziaria sono stati chiesti lumi da una società a controllo pubblico che ha per oggetto la costruzione, la compravendita, la manutenzione e/o la gestione di impianti e servizi ambientali, la gestione di risorse energetiche e distribuzione di calore, compreso la commercializzazione, la produzione e distribuzione di energia elettrica ed ogni altra iniziativa finalizzata ad un'efficiente tutela dell'ambiente nonché tutte le attività direttamente o indirettamente collegate ai servizi ad essa affidati dagli enti soci.
L’istante, in particolare, ha chiesto chiarimenti in merito alla facoltà, prevista dall’articolo 1, co. 182-189 della legge di stabilità 2016, di un'imposta sostitutiva dell'Irpef e delle relative addizionali nella misura del 10% (5% per i premi e somme erogati nell’anno 2023) sui «premi di risultato di ammontare variabile, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili (…) nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa».
Nella Circolare n. 28/E del 2016 l’AdE ha precisato che l’agevolazione è riservata ai «lavoratori del settore privato» lasciando l’Istante nel dubbio su comportarsi sulle somme erogate a titolo di premio di risultato ai propri dipendenti, considerata l'attività svolta, ovvero l'erogazione di servizi pubblici, attività di natura non commerciale.
Ammesse anche le attività non commerciali
L’AdE, citando anche un parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali del 2015, spiega che il riferimento al settore privato, in realtà, è finalizzato solo ad escludere le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, co. 2 del dlgs n. 165/2001. E cioè «tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300».
Del resto nella stessa Circolare n. 28/E era stato precisato che il beneficio può essere attribuito anche in relazione ai premi erogati ai propri dipendenti da enti del settore privato che non svolgono attività commerciale. Pertanto l’Agenzia delle Entrate conferma che il regime agevolato, fermo restando il possesso degli altri requisiti, può essere applicato nel caso di specie.