Quando non si perde la naspi in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro
Il riepilogo dei casi in un documento dell'Inps. Ammessi alla Naspi anche i lavoratori che aderiscono ad un accordo collettivo aziendale di incentivazione all'esodo stipulato dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
Accordo aziendale collettivo
I chiarimenti riguardano l'articolo 14, co. 3 del Dl n. 104/2020 convertito con legge 126/2020 (c.d. Decreto Agosto) con il quale il legislatore ha riconosciuto, in deroga alle norme comuni, la naspi ai lavoratori che aderiscono ad un accordo collettivo aziendale (sono esclusi gli accordi individuali) stipulato dalle organizzazioni sindacali avente ad oggetto un incentivo finalizzato alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dipendente. L'Inps aveva già fornito le prime indicazioni con la Circ. Inps n. 111/2020.
Ora chiarisce, a seguito di un confronto ministeriale, che nel perimetro dell'agevolazione sono comprese tutte le aziende a prescindere o meno dalla facoltà di accedere ai trattamenti di Cig covid, la norma ha pertanto portata generale. La durata è limitata però alla vigenza delle disposizioni che impongono il divieto dei licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo (attualmente sino al 31 gennaio 2021 ai sensi dell'articolo 12, co. 9 del dl n. 137/2020 ma il governo ha già indicato di voler prorogare la misura sino al 31 marzo 2021). L'agevolazione interessa anche il personale dirigente che abbia aderito all'accordo collettivo in questione.
Accordo da allegare
In sede di presentazione della domanda di Naspi, il lavoratore o l'operatore di patronato dovrà fare attenzione ad allegare l’accordo collettivo aziendale in questione, nonché – qualora l’adesione del lavoratore non si evinca dall’accordo medesimo, ma sia contenuta in altro documento diverso dallo stesso - la documentazione attestante l’adesione al predetto accordo.
Altri casi
L'Inps spiega, infine, che l'accesso alla naspi resta possibile anche in altre ipotesi rispetto alla cessazione involontaria del rapporto di lavoro (cioè al di fuori dei casi di licenziamento o di scadenza del contratto a tempo determinato). Si tratta:
a) nelle ipotesi di dimissioni per giusta causa e di risoluzione consensuale intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dall’articolo 1, comma 40, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (quella che riguarda le imprese con più di 15 dipendenti);
b) nell’ipotesi di licenziamento con accettazione dell'offerta di conciliazione di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23;
c) nell’ipotesi di dimissioni a seguito del trasferimento del lavoratore ad altra sede della stessa azienda qualora il trasferimento non sia sorretto da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive e ciò indipendentemente dalla distanza tra la residenza del lavoratore e la nuova sede di lavoro (in tal caso ricorre una dimissione per giusta causa);
d) nell'ipotesi di risoluzione consensuale in seguito al rifiuto da parte del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore ovvero mediamente raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici (anche in questo caso ricorre una sorta di giusta causa).
Documenti: Messaggio Inps 4464/2020