Articolo 18, così cambia la tutela contro i licenziamenti illegittimi
La reintegra sarà limitata ai soli casi di insussistenza del fatto materiale grave contestato al lavoratore. Le misure si applicheranno ai nuovi assunti dopo l'entrata in vigore del decreto delegato.
Kamsin La bozza del decreto legislativo che attua il cd. Jobs Act riscrive profondamente le tutele nei confronti dei licenziamenti illegittimi.
La principale novità su questo fronte è che per tutti i nuovi assunti dalla data di entrata in vigore del provvedimento con contratto a tempo indeterminato cadrà il totem simbolo dello Statuto dei lavoratori: sarà possibile licenziare anche per ingiustificato motivo economico o disciplinare pagando solo un indennizzo (e non dovendo piu' reintegrare in servizio il dipendente). Vediamo dunque in breve cosa cambierà.
Indice
Licenziamenti Economici
Licenziamenti Disciplinari e Discriminatori
Licenziamenti Collettivi
L'ambito di applicazione
Imprese con meno di 16 Dipendenti
Conciliazione Facoltativa
Inapplicabilità del rito Fornero
Licenziamenti economici
La tutela standard in caso di licenziamento illegittimo di un lavoratore assunto a tempo indeterminato successivamente alla data di entrata in vigore del decreto attuativo (si prevede entro fine gennaio 2015) sarà quella del risarcimento certo e crescente in base all'anzianità di servizio.
L'indennizzo sarà pari a due mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità. In pratica se non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (cioè le ragioni economiche) il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna l'imprenditore al pagamento di una indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale entro un massimo di 24 mensilità.
Questo significa che dopo il 12° anno di anzianità lavorativa al dipendente licenziato illegittimamente gli verrà corrisposto un indennizzo pari al massimo a 24 mensilità.
Il decreto legislativo prevede che per le frazioni d'anno di anzianità di servizio l'indennità economica debba essere riproporzionata, circostanza che dovrebbe indicare che il calcolo dell'importo da riconoscere al prestatore illegittimamente licenziato debba essere determinato effettuando una media tra i mesi di servizio riconosciuti e 12 mesi che compongono l'anno intero. Inoltre, si prevede che le frazioni di mesi uguali o superiori a 15 giorni si computino come mese intero.
Licenziamenti Disciplinari e Discriminatori
La reintegra obbligatoria resterà esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore.
Attualmente, per effetto della Legge Fornero, la reintegra nei licenziamenti disciplinari scatta in due ipotesi: se il fatto contestato non sussiste, oppure se rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa (cioè la sospensione del rapporto di lavoro invece del licenziamento) sulla base delle previsioni dei contratti collettivi o dei codici disciplinari.
Con l'intervento dell'esecutivo viene meno, pertanto, il riferimento alle tipizzazioni contenute nei CCnl e si limita il reintegro ai soli casi di insussistenza del fatto materiale. Cioè bisognerà raggiungere in giudizio la piena prova dell'insussistenza del fatto contestato al lavoratore mentre non sarà piu' ammissibile la reintegra nei casi in cui ci sia un ragionevole dubbio circa la colpevolezza del lavoratore. In queste circostanze al lavoratore spetterà solo l'indennizzo.
Nel valutare, inoltre, la sussistenza del fatto materiale il provvedimento precisa che al giudice è preclusa "ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento". In altri termini il giudice non potrà disporre il reintegro laddove il fatto materiale sussista ma sia ritenuto dal giudice di per sè insufficiente a motivare un licenziamento.
Ad esempio, solo nel caso in cui venisse addebitato al dipendente un furto e, successivamente, si scoprisse che il furto contestato in realtà non è avvenuto o lo ha commesso un altro, il dipendente ingiustamente licenziato potrà essere reintegrato in servizio. In tutti gli altri casi, compreso quello in cui il giudice ritenga il fatto, seppur provato, non così grave da giustificare il licenziamento, potrò solo riconoscere l'indennità risarcitoria.
Indennità che, al pari di quanto già visto per i licenziamenti economici, sarà compresa tra un minimo di 4 mensilità ed un massimo di 24 mensilità.
Nel provvedimento non c'è la cosiddetta opzione spagnola (il cd. opting out): l’azienda, dunque, non potrà scegliere l’indennizzo anche se il giudice disponesse il reintegro.
Nei casi in cui deve essere disposta la reintegra il giudice condannerà, inoltre, il datore al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro. L'indennità non potrà superare, comunque, le 12 mensilità. Fermo restando il diritto al risarcimento del danno al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
Licenziamenti Disciplinari - Resta il reintegro, inoltre, nei licenziamenti nulli o discriminatori, cioè quelli motivati da ragioni politiche, religiose o di orientamento sessuale. In queste circostanze scatterà il reintegro nel posto di lavoro piu' un risarcimento non inferiore a cinque mensilità. Resta, inoltre, ferma la facoltà per il lavoratore di chiedere, oltre il diritto al risarcimento del danno, al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
Licenziamenti Collettivi
Con il provvedimento il Governo ha unificato la disciplina dei licenziamenti collettivi a quelli individuali. Per il licenziamento collettivo intimato senza forma scritta si applicherà la normativa vigente per il recesso orale: il lavoratore avrà diritto, quindi, alla reintegrazione sul posto di lavoro, oltre che al risarcimento del danno.
Per il licenziamento collettivo viziato dalla violazione di una delle regole procedurali previste dalla legge 223 del 1991, oppure dalla violazione dei criteri di scelta legali o contrattuali, si applicherà, invece, la disciplina prevista per il licenziamento individuale motivato da giustificato motivo oggettivo. In concreto, quindi, il lavoratore potrà ottenere il risarcimento del danno in misura pari a 2 mensilità lorde per ciascun anno di lavoro, da un minimo di 4 fino a un massimo di 24.
La scelta di estendere l'abrogazione della tutela reale della reintegra dello Statuto dei lavoratori, indicano i tecnici di Palazzo Chigi, è necessaria per evitare situazioni come quella in cui potrebbe trovarsi un azienda che, tanto per fare un esempio, nel 2015 dovesse ricorrere a licenziamenti per ristrutturazione, egualmente distribuiti tra nuovi e vecchi lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato. Qualora questi licenziamenti economici fossero dichiarati illegittimi dal giudice, con le vecchie regole l'azienda avrebbe dovuto reintegrare tutti i lavoratori. Invece con le nuove regole solo i vecchi lavoratori saranno integrati, mentre i neoassunti riceveranno l'indennizzo economico.
L'ambito di applicazione
Le regole sopra esposte si applicano ai lavoratori con la qualifica di operai, impiegati e quadri (ad eccezione dei dirigenti) assunti a tempo indeterminato a decorrere dall'entrata in vigore del decreto legislativo. Pertanto nulla è innovato rispetto a chi attualmente ha già un lavoro a tempo indeterminato.
Le nuove regole interesseranno anche i soggetti non imprenditori (cioè coloro che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto) e dovrebbero interessare anche i lavoratori del pubblico impiego in quanto, nonostante le polemiche di questi giorni, non capisce allo stato attuale del decreto quale sia la norma in grado di escludere tali lavoratori dalla Riforma.
Imprese con meno di 16 Dipendenti
Per quanto riguarda le Pmi, cioè le imprese con meno di 16 dipendenti, il decreto prevede che le mensilità spettanti al lavoratore siano dimezzate e che ci sia un tetto massimo di 6 mensilità (contro le 24 previste di base).
Sempre per le Pmi, un'altra novità è se si fanno nuove assunzioni: se si supera il limite dei 15 dipendenti, il neoassunto sarà a tutele crescenti e trascinerà con se nel nuovo regime anche gli altri lavoratori, pur se assunti a tempo indeterminato prima dell'entrata in vigore della Riforma.
Per quanto riguarda i lavoratori utilizzati nell'ambito degli appalti, l'anzianità di servizio del lavoratore che passa alle dipendenze dell'impresa che subentra in un appalto si dovrà computare tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell'attività appaltata.
Inapplicabilità del Rito Fornero
Tutti i licenziamenti soggetti alla nuova disciplina non dovranno essere preceduti dalla conciliazione in DTL e in giudizio seguiranno il rito ordinario e non quello introdotto dalla legge Fornero. Per i dipendenti a tempo indeterminato già in organico prima dell'entrata in vigore della nuova legge continuerà, invece, ad applicarsi la procedura presso la DTL mentre e non sarà utilizzabile la conciliazione facoltativa.
La conciliazione Facoltativa
Sia nei licenziamenti economici che in quelli disciplinari il datore potrà offrire al lavoratore, per evitare il giudizio, entro 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento, una mensilità per anno di anzianità fino a 18 mensilità, con un minimo di due (nelle Pmi l'indennità è dimezzata). L’accettazione dell’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporterà l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia all'impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.
Zedde
seguifb
guidariformalavoro