Invalidi, la sola difficoltà di camminare non basta per il riconoscimento dell'accompagno
L'orientamento della giurisprudenza di legittimità richiede l'accertamento di ulteriori indici dell'impossibilità di compiere le attività comuni del vivere quotidiano.
La difficoltà di deambulazione
La realtà, ovviamente, è molto più eterogenea e spesso bisogna valutare il requisito sanitario anche nell'ipotesi di una semplice difficoltà nella deambulazioneche costringa l'interessato a ricorrere ad ausili di natura temporanea (ad esempio per l'ambito extradomiciliare) per evitare il pericolo di cadute. Spesso ci si chiede se tale situazione sia di per sé idonea ad integrare il presupposto sanitario utile ai fini dell'indennità di accompagnamento. E pertanto se il giudice sia tenuto a riconoscere la prestazione oppure se l'indagine deve essere suffragata da ulteriori elementi probatori.
In tali ipotesi la giurisprudenza di legittimità ha acclarato (cfr: ex multis sentenza n. 3228/1999) cheil diritto all'indennità di accompagnamento non sorge autonomamente essendo richiesto l'accertamento di un quid pluris consistente nell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita. Nella sentenza citata i giudici hanno spiegato, infatti, che «l'indennità di accompagnamento può essere riconosciuta anche se non c'è una totale e oggettiva impossibilità di movimento, ma la deambulazione sia particolarmente difficoltosa e limitata (nello spazio e nel tempo) oltre che fonte di grave pericolo in ragione di una incombente e concreta possibilità di cadute, tanto da tradursi di fatto in una incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita e da rendere, conseguentemente, necessario il permanente aiuto di un accompagnatore». In altri termini la difficoltà di deambulazione costituisce un solo indice da valutare unitamente agli altri del caso concreto ai fini del riconoscimento dell'indennità di accompagnamento.