L'azione esecutiva avviata prima del 2015 consente di aggredire la pensione accreditata sul conto corrente
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione accogliendo un ricorso dell'Inps. L'impignorabilità dei conti correnti dei pensionati non si estende ai procedimenti esecutivi avviati prima del 21 Agosto 2015 data di entrata in vigore del decreto legge 83/2015.
La vicenda è nata a seguito della decisione dell'Istituto di previdenza di pignorare con tre decreti ingiuntivi risalenti ai primi anni '90 - per il soddisfacimento di un credito di 14.725 euro vantato dall'Istituto - le somme presenti sul conto corrente di un pensionato marchigiano. Contro l'atto esecutivo il pensionato si è rivolto alla magistratura ordinaria contestando la legittimità del provvedimento che non sarebbe stato rispettoso dei limiti legali previsti dall'articolo 545 del codice di procedure civile. Secondo la difesa del pensionato essendo dimostrabile dagli estratti conto che il denaro presente sul conto corrente derivava esclusivamente da due emolumenti pensionistici a lui corrisposti, una pensione diretta e l'altra di reversibilità, sul denaro transitato nel conto corrente sarebbe rimasto lo stesso vincolo giuridico della parziale impignorabilità, stabilito con riferimento alle somme pignorate presso l'ente previdenziale. Ciò anche alla luce dell'intervento legislativo operato dall'articolo 23 del DL 83/2015.
La decisione
La Corte di Cassazione fa un ragionamento articolato. Secondo i giudici la questione deve essere analizzata alla luce della disciplina applicabile ratione temporis prima dell'entrata in vigore dell'articolo 23 del DL 83/2015 con cui il legislatore ha mutato il quadro di riferimento posto che la procedura esecutiva nei confronti del pensionato risale ad un periodo precedentemente alla novella. Secondo i giudici, infatti, solo a seguito del predetto intervento riformatore è stato introdotto il principio (valido anche per i crediti retributivi) per cui l'operazione contabile di accreditamento della pensione su un conto corrente intestato al creditore fa conservare comunque la funzione connessa al titolo previdenziale per il quale il denaro è stato percepito, purché le somme siano accreditate direttamente dall'ente previdenziale e risulti chiaramente intelligibile la causale del versamento.
L'intervento normativo in questione ha rimosso, in sostanza, le pregiudizievoli conseguenze per il pensionato derivanti dalla scelta del creditore pignorante di escutere l'emolumento presso il conto corrente una volta avvenuto l'accredito delle somme piuttosto che alla fonte, cioè presso l'ente previdenziale erogatore. Lo stesso legislatore però, apportando la novella all'articolo 545 del codice di rito, ha fissato, nell'esercizio di un potere discrezionale, il discrimine temporale per l'applicazione delle nuove regole con riferimento alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge (arg. ex art. 23 d.l. n.83 del 2015 cit.), nel novero delle quali non rientra la questione rimessa all'esame della Corte.
I limiti temporali
Dovendosi applicare al caso di specie la disciplina previgente alla riforma del 2015 i giudici richiamano la Sentenza della Corte Costituzionale del 15 maggio 2015, n. 85, in cui è stato ribadito che le somme dovute dal pensionato (o dal lavoratore), a qualsiasi titolo, una volta transitate su un conto corrente postale o bancario, e dunque una volta acquisite dal titolare ed entrate a far parte del suo patrimonio, si confondono giuridicamente con quest'ultimo e non sono, nel concreto, applicabili le limitazioni alla pignorabilità previste dall'art. 545 cod.proc.civ. e da altre leggi speciali.
Secondo la disciplina previgente, infatti, le limitazioni all'azione di escussione valgono solo per il pignoramento eseguito presso l'ente erogatore del trattamento pensionistico, nel qual caso risulta indubbio il titolo (pensionistico) in base al quale tale trattamento sia dovuto, ma non possono valere quando, come nella specie, il pignoramento sia eseguito presso l'istituto bancario o altro ente con il quale il debitore intrattiene un rapporto di conto corrente, perchè una volta che l'ente previdenziale ha adempiuto alla sua obbligazione, le somme versate al pensionato sul suo conto corrente perdono la loro identità di crediti pensionistici e, conseguentemente, la protezione del minimo vitale.
In tale occasione la Consulta aveva, comunque, esortato il legislatore a porre rimedio a questa situazione, invito accolto con il DL 83/2015 ma solo a partire dalle nuove procedure esecutive. Sulla base di tali considerazioni la Corte ha, quindi, accolto il ricorso dell'Inps rimarcando, comunque, il permanere di possibili profili di incostituzionalità con riferimento alle procedure esecutive già in corso al 2015 che, per l'appunto, non godrebbero della nuova protezione prevista dal legislatore della Riforma.