Lo stipendio di un prete è di mille euro al mese. E va in pensione a 65 anni
La paga di un parroco è pari a mille euro netti al mese. Uno stipendio in linea con quanto porta a casa un operaio o un bracciante. Ma i preti non pagano vitto e alloggio.
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In media mille euro netti al mese. Lo stipendio fisso di un parroco, escluse le offerte per le messe. Praticamente quello che guadagna anche un operaio o un bracciante agricolo. Ma gli importi possono essere anche piu' bassi. A fine mese, un sacerdote italiano "prima nomina" trova in busta paga, al lordo delle imposte, 988,80 euro. Che salgono piano piano se riuscirà a far carriera per toccare i 1600-1800 euro lordi, che è lo "stipendio" di un vescovo di 65 anni, ai limiti della pensione. Il parroco, con 30 anni di sacerdozio alle spalle prende in media 1.063 euro netti al mese.
Sono queste le cifre del "minimo garantito" riconosciuto al clero italiano. Ma nulla impedisce che ciascun vescovo o sacerdote possa ricevere offerte o compensi per attività lavorative che superano tali cifre. A livello nazionale, l'Istituto centrale per il sostentamento del clero controlla che nessuno dei 35 mila sacerdoti diocesani italiani in servizio, più i 3 mila sacerdoti a riposo o malati, abbia un reddito inferiore a quelle cifre.
Il mensile dei sacerdoti e dei vescovi è basato su una specie di punteggio che grosso modo corrisponde all’anzianità. Ai parroci con maggiore esperienza viene erogato fino a 1200 euro, mentre per i vescovi fino a 3000 euro circa. Nel primo anno di ordinazione ogni sacerdote ha una remunerazione calcolata su 80 punti. Il valore del punto è determinato dalla CEI ogni anno: per il quarto anno consecutivo ogni punto vale 12,36€ (il totale del mensile lordo è quindi di 988,80). A tale punteggio si sommano altri punti a seconda dell’anzianità (due punti ogni cinque anni) e dell’ufficio (al Vescovo, per esempio, spettano al massimo 40 punti aggiuntivi). Somma coperta in parte dalle parrocchie, il restante è garantito dal sistema del Sostentamento del Clero, composto dalle offerte liberali, dagli Istituti diocesani per il Sostentamento del Clero e dai fondi dell’8 per mille.
Mensilmente l’Istituto centrale per il Sostentamento del Clero (ICSC) provvede a comunicare il calcolo del punteggio che determina la remunerazione lorda dovuta. Calcolate le remunerazioni del sacerdote e le decurtazioni per imposte e contributi pensionistici al Fondo Clero istituito presso l’INPS , l‘ICSC corrisponde lo stipendio netto direttamente sul conto di ogni sacerdote. Il sistema prevede un minimo (988,80 mensili lordi) e un tetto massimo (1.866,36 mensili lordi).
Chi percepisce uno stipendio di altra natura (per esempio dal ministero dell’Istruzione in quanto insegnante) percepisce dall’ICSC solo quella quota che gli manca per raggiungere il tetto stabilito dai punti accumulati. Se lo supera l’ICSC funge da sostituto di imposta, e il sacerdote dovrà quindi versare la relativa somma maturata.
Ad esempio un sacerdote con 15 anni di incarico, parroco di una parrocchia media (2.000 abitanti), può arrivare a prendere circa 140,00 euro dalla parrocchia e 800,00 euro dal sistema dell’ICSC. Mentre un sacerdote che percepisce 700,00 euro di stipendio di insegnante, avrà dall’ICSC la somma di 200,00 euro. Un sacerdote che prende uno stipendio di 1.300,00 € non recepirà nulla dal sistema, ma dovrà versare la somma maturata della tassazione e dei contributi pensionistici.
La pensione, invece, viene corrisposta grazie al fondo del Clero istituito all’Inps a partire dal 65 anno di età. Si tratta di cifre modeste che non si allontanano molto dalle cifre appena indicate.
Chi ha una pensione più che vantaggiosa (a carico dell'Italia) è, invece, l'Ordinario Militare. Al momento di lasciare l'incarico, a 65 anni, questo arcivescovo, per legge, viene equiparato ad un generale di corpo d'armata con il relativo vitalizio accordato ai militari di quel rango.
Quanto all'età pensionabile il "Il decreto “Salva Italia” del governo Monti (convertito nella legge n. 214/2011), che ha ampiamente messo mano al sistema pensionistico per i lavoratori comuni, non ha modificato il Fondo di previdenza per il Clero che quindi vede requisiti pensionistici diversi rispetto alla generalità dei lavoratori italiani. Nel fondo clero restano infatti sufficienti 65 anni per quei soggetti che possano far valere un'anzianità contributiva pari o superiore ai 40 anni.