Marittimi, Pensioni da riliquidare
L’Inps si adegua alla sentenza della Corte Costituzionale n. 224/2022. Neutralizzabili i prolungamenti maturati nell’ultimo quinquennio di contribuzione se abbattono la misura della rendita previdenziale. Coinvolti i trattamenti retributivi e misti.
I periodi di prolungamento di lavoro marittimo possono essere neutralizzati se ricadono nell’ultimo quinquennio di contribuzione antecedente la decorrenza della pensione sempreché non siano necessari ai fini del perfezionamento del diritto a pensione. Lo rende noto lo stesso istituto di previdenza con circolare n. 66/2023 con la quale recepisce quanto fissato dalla sentenza n. 224/2022 della Corte Costituzionale. Il principio si applica anche alle pensioni già liquidate, nei limiti della prescrizione quinquennale, ma in tal caso gli interessati dovranno produrre apposita domanda all’Inps.
Lavoro Marittimo
Come si ricorderà la questione riguarda il comma 8 dell'art. 3 della legge 297/1982 in combinazione con l'art. 24 della legge 413/1984. In particolare, quest'ultima norma riconosce ai marittimi che al momento dello sbarco risolvano il rapporto di lavoro, i singoli periodi di effettiva navigazione mercantile svolti successivamente al 31 dicembre 1979 vengano prolungati ai fini della maturazione della pensione di un periodo corrispondente ai giorni di sabato, domenica e festivi trascorsi durante l'imbarco e alle giornate di ferie maturate durante l'imbarco (il c.d. «prolungamento contributivo»). In tal caso, la retribuzione pensionabile relativa a ogni singolo periodo oggetto di prolungamento è ripartita sull'intero periodo di prolungamento.
Tuttavia questo meccanismo porta ad una diluizione della retribuzione pensionabile in quanto la stessa viene ripartita su un periodo temporale più lungo, comprensivo dei prolungamenti, tale da abbattere la quota retributiva della rendita previdenziale. L’articolo 24 della predetta legge n. 413/1984 riconosce la neutralizzazione di tali effetti sulla rendita solo quando l’assicurato raggiunga il «massimo dei servizi utili a pensione».
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 224/2022 ha accertato che la neutralizzazione deve essere riconosciuta in via generale ogni qual volta l’assicurato abbia raggiunto i «requisiti minimi» per il diritto a pensione posto che ulteriori periodi di contribuzione non possono compromettere il livello di pensione già raggiunto. Ciò in coerenza con analoghe pronunce della Consulta. Quando, infatti, la contribuzione aggiuntiva comporta un depauperamento della rendita previdenziale, questa deve essere esclusa dal computo della base pensionabile indipendentemente dalla natura dei contributi, siano essi obbligatori, volontari o figurativi.
Come funziona
Ebbene l'Inps recependo l'orientamento della Corte spiega che il principio della neutralizzazione si applica, pertanto, anche ai prolungamenti maturati ai sensi dell’articolo 24 della legge n. 413/1984 a condizione che:
- Siano situati temporalmente nelle ultime 260 settimane di retribuzione antecedenti la data di decorrenza della pensione (non si possono neutralizzare periodi collocati anteriormente al quinquennio);
- L’assicurato abbia maturato il diritto a pensione a prescindere dal computo dei predetti periodi (se alcuni periodi sono necessari ai fini del conseguimento del diritto a pensione la neutralizzazione opera solo parzialmente);
- Il calcolo della rendita previdenziale senza tali periodi risulti superiore a quello effettuato con il loro computo (alla data originaria di decorrenza della prestazione)
La neutralizzazione opera solo ed esclusivamente sulla parte della pensione da liquidarsi con il sistema retributivo, quindi interessa solo gli assicurati in possesso di anzianità al 31.12.1995 e comporta che tutti i periodi di prolungamento non determinanti ai fini del requisito dell’anzianità minima (es. 20 anni di cbt per la pensione di vecchiaia) siano esclusi sia dal computo dell’anzianità contributiva utile sia della retribuzione pensionabile. Non ci sono, effetti, invece, sulla parte contributiva della pensione dove, in effetti, la rendita può solo aumentare.
Ai fini dell’applicazione della sentenza devono essere neutralizzati tutti i periodi di prolungamento non necessari al raggiungimento del diritto a pensione che ricadono nell’ultimo quinquennio, non essendo consentito individuare e neutralizzare solo alcuni dei periodi collocati nell’arco temporale massimo considerato. Inoltre resta esclusa la possibilità di applicare due volte il beneficio in esame sul medesimo trattamento pensionistico.
Trattamenti interessati
I criteri sopra descritti, spiega l’Inps, si applicano alla liquidazione della pensione di vecchiaia ordinaria (67 anni con 20 anni di cbt) sia quella di vecchiaia anticipata (es. radiotelegrafisti e piloti ); alla pensione di anzianità e alla pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi; 41 anni e 10 mesi le donne) nonché alla pensione di reversibilità proveniente da pensione di vecchiaia con decorrenza dal mese successivo a quello di compimento dell’età pensionabile o da pensione di anzianità/anticipata il cui titolare sia deceduto dopo aver compiuto l’età per il pensionamento di vecchiaia sempreché per la pensione diretta ricorressero le condizioni per l’applicazione della sentenza. Non si applicano, invece, per la liquidazione di una pensione indiretta e/o di un trattamento di invalidità.
Serve la domanda
La riliquidazione dei trattamenti già in essere non avverrà d’ufficio ma gli interessati dovranno produrre all’Inps apposita domanda. La riliquidazione, in tal caso, opererà nei limiti della prescrizione quinquennale salvo sia intervenuta una sentenza passata in giudicato con esito negativo per l’interessato.
I nuovi trattamenti, invece, saranno liquidati con le nuove regole; quelli sui quali è in corso un contenzioso amministrativo e giudiziario potranno essere riesaminati in autotutela, determinando conseguentemente la cessazione della materia del contendere.
Documenti: Circolare Inps 66/2023