Opzione Donna, ultimi giorni per la proroga del regime sperimentale
Entro il 3 Febbraio l' INPS deve dare una risposta all'eventuale proroga del regime sperimentale donna per tutto il 2015 chiesta dal Comitato Opzione Donna. In caso di inerzia partirà il ricorso collettivo per ottenere lo stralcio delle Circolari in via giudiziale.
Kamsin Il prossimo 3 febbraio scade la diffida che il Comitato Opzione Donna ha presentato all'Inps per rivedere i termini di fruizione della cd. opzione donna, quell'istituto che consente alle lavoratrici iscritte all'Ago e ai fondi sostitutivi ed esclusivi di accedere alla pensione accettando il calcolo dell'assegno totalmente con il sistema contributivo con 57 anni e 3 mesi di età (58 e 3 mesi le autonome) e 35 di contributi piu' un'attesa di 12/18 mesi per la finestra mobile. Il nodo della questione sta tutto nell'interpretazione della legge 243/04 la quale prevede la possibilità di conseguire il diritto alla pensione con l'opzione donna per tutto il 2015, ma con la circolare 35/2012, l'Inps ha stabilito che possono andare in pensione con il sistema contributivo solo le donne che maturano la decorrenza entro quest'anno, accorciando, nei fatti, di un anno la possibilità di fruizione dell'istituto.
In pratica in base a quanto contenuto nella circolare 35/2012 dell'Inps, i termini per maturare il diritto all'utilizzo dell'opzione si sono chiusi nel 2014 (a maggio per le autonome, a novembre per le dipendenti del settore privato e a dicembre per quelle del pubblico).
L'opzione è diventata sempre più interessante per le lavoratrici a fronte dell'innalzamento dei requisiti per la pensione di vecchiaia. Fino al 2009 è rimasta praticamente inutilizzata, dato che non comportava alcun beneficio in termini di età e in compenso riduceva in modo sensibile l'importo dell'assegno. Utilizzando il sistema contributivo al posto di quello misto, infatti, il taglio della pensione oscilla tra il 20-25% a fronte di una retribuzione compresa tra 50 e 7omila euro. Con l'incremento dei requisiti, però, è cresciuto anche il numero di donne che hanno preferito subire una penalizzazione economica pur di smettere prima di lavorare. Dalle 56 richieste del 2009 si è passati alle 8.846 del 2013 e alle 8.652 dei primi nove mesi del 2014 con la previsione di chiudere l'anno a quota 12mila.
Dopo la diffida formale del Comitato Opzione Donna e le richieste del Parlamento il 2 Dicembre l' INPS ha chiesto il parere del Ministero del Lavoro per una eventuale rivisitazione della contestata Circolare. In attesa delle indicazioni del Ministero del Lavoro l'Inps si è anche cautelata decidendo di non scartare e tenere in stand by le eventuali richieste di pensione che vanno oltre il 2015. Ma ancora ad oggi il Ministero non ha risposto e il destino di queste lavoratrici resta ancora in bilico. Il Comitato Opzione Donna ricorda che il 3 Febbraio e' il termine ultimo entro il quale l' INPS deve dare una risposta alla soluzione di questo problema e che in caso di inerzia partirà il ricorso collettivo per ottenere lo stralcio delle Circolari in via giudiziale.
Una riapertura probabilmente determinerà un consistente incremento dell'utilizzo dell'opzione tanto più che i requisiti standard per la pensione di vecchiaia nel 2016 diventeranno più elevati: nel pubblico impiego aumenteranno di 4 mesi, per le autonome di 14 mesi, per le dipendenti del privato di 22 mesi. La questione piu' che tecnica è politica. L'incremento dell'utilizzo dell'opzione comporta anche un problema di copertura finanziaria, almeno nei primi anni. Secondo una stima effettuata dall'Inps in occasione della presentazione alla Camera del disegno di legge 1577, eliminare l'adeguamento alla speranza di vita ai requisiti e consentire di maturarli anche nel 2015 avrebbe determinato un incremento di 6mila pensioni "anticipate" nel 2015 e nel 2016. Un numero ritenuto sottostimato dalla Ragioneria generale dello Stato, a fronte del successo crescente riscosso dall'opzione negli ultimi anni, con la conseguenza che anche l'impatto economico dell'operazione sarebbe da ricalcolare. Eppure nel medio lungo termine i costi per il pagamento di queste prestazioni sarebbero inferiori per le Casse dello Stato.
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Zedde