Pensione Anticipata dopo la Disoccupazione, Le regole per il 2018
Anche nel 2018 gli eventuali rapporti di lavoro di durata non superiore a sei mesi successivi all'esaurimento della Naspi o della mobilità non fanno venir meno il diritto all'Ape sociale o al pensionamento con 41 anni di contributi.
L'Ape sociale è un sussidio di accompagnamento alla pensione che può essere ottenuto dai 63 anni unitamente a 30 anni di contributi (con uno sconto sul requisito contributivo, dal 1° gennaio 2018, per le donne di un anno per ogni figlio entro un massimo di due anni) mentre il beneficio precoci consente ai lavoratori con almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età di pensionarsi con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica.
L'apertura ai contratti a tempo determinato
Per quanto riguarda l'Ape sociale (non il beneficio precoci) sono ammessi a decorrere dal 1° gennaio 2018 anche coloro che siano in stato di disoccupazione a seguito di scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato, a condizione che abbiano avuto, nei trentasei mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno diciotto mesi sempre a condizione che abbiano concluso, da almeno tre mesi, di godere della prestazione di disoccupazione loro spettante (es. Naspi). A tal fine l'Inps ha precisato che l’arco temporale dei trentasei mesi entro cui individuare i diciotto mesi di rapporto di lavoro dipendente decorre, a ritroso, dalla data di scadenza del rapporto di lavoro a tempo determinato da ultimo svolto al momento della domanda di verifica delle condizioni e sulla base della quale il soggetto chiede di poter beneficiare dell’APE sociale. I diciotto mesi di rapporto di lavoro dipendente, possono essere anche non continuativi ed è considerato valido, a tal fine, qualsiasi tipo di lavoro subordinato.
Gli esclusi
Continuano a restare esclusi dal perimetro dei benefici nel 2018 coloro che, pur essendo stati licenziati, non hanno fruito di una prestazione contro la disoccupazione, gli autonomi e parasubordinati in stato di disoccupazione, coloro la cui disoccupazione sia conseguenza di un evento diverso rispetto a quelli indicati pocanzi (es. risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, dimissioni, scadenza di un contratto a termine in ipotesi diverse da quelle sopra descritte).
La rioccupazione nei tre mesi successivi alla fine della naspi
Le Circolari Inps 33 e 34 del 23 Febbraio 2018 confermano, inoltre, che una volta esaurita integralmente la prestazione contro la disoccupazione (es. naspi o indennità di mobilità) eventuali rapporti di lavoro subordinato di durata non superiore a sei mesi non determinano il venir meno dello stato di disoccupazione e dunque non precludono la possibilità di conseguire il beneficio dell'Ape sociale o del pensionamento con 41 anni di contributi.
Si tratta di una precisazione importante dato che lo scorso anno in un primo tempo era stato negato il conseguimento dei benefici a coloro che, dopo il termine dell'ammortizzatore sociale, si fossero rioccupati in qualsiasi attività lavorativa (anche per un solo giorno) in quanto non avrebbero rispettato il vincolo dell'inoccupazione nei successivi tre mesi dal termine dell'ammortizzatore sociale. Vengono così sostanzialmente confermate le indicazioni impartite nel messaggio 4195 dello scorso anno temperando una interpretazione letterale che avrebbe finito per escludere un gran numero di soggetti dai due benefici. In sostanza i lavoratori al termine della prestazione contro la disoccupazione possono rioccuparsi in brevi rapporti di lavoro in attesa di conseguire l'Ape sociale o il beneficio precoci. Stesso discorso per coloro che si rioccupano in prestazioni di lavoro occasionale (anche retribuite con i nuovi voucher) dato che queste prestazioni non incidono sullo status di disoccupato.
A ben vedere restano, invece, da chiarire gli effetti di una rioccupazione successiva al termine degli ammortizzatori sociali in un'attività di lavoro autonomo o parasubordinato. In passato tali attività non incidevano sullo stato di disoccupazione a meno che non avessero prodotto un reddito superiore a 4.800 euro annui. Ma con la Riforma del Jobs Act si è perso questo riferimento, da qui la necessità per il Ministero di condurre ulteriori approfondimenti e correttivi amministrativi.
Documenti: Messaggio inps 4195/2017