Pensioni, Anche gli autonomi possono neutralizzare gli ultimi redditi pensionabili
Se producono una svalutazione delle quote retributive della pensione. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza 173/2018 depositata oggi. Il principio non è limitato ai soli lavoratori dipendenti.
La questione
La vertenza riguardava un lavoratore iscritto alla gestione commercianti che, pur avendo maturato il requisito contributivo minimo per accedere al trattamento pensionistico già alla data del 31 dicembre 2007 (20 anni di contributi) aveva proseguito l'attività lavorativa sino al 2010 accedendo al trattamento di quiescenza solo dal 1° luglio 2010. Negli ultimi anni di lavoro, tuttavia, il reddito era calato vistosamente e ciò aveva svalutato fortemente la parte retributiva della pensione. Che nel caso di specie si calcolava prendendo a riferimento gli ultimi redditi percepiti prima del pensionamento; più nello specifico negli ultimi 10 anni per la quota A e negli ultimi 15 anni per la quota B. Pertanto, l’interessato aveva richiesto all’Inps di rideterminare il trattamento liquidatogli, escludendo dal computo la contribuzione successiva al 31 dicembre 2007, data in cui aveva maturato il requisito minimo contributivo (20 anni di contributi). Il richiedente aveva ritenuto applicabile anche in questo caso il principio della «sterilizzazione» secondo cui la contribuzione acquisita successivamente al perfezionamento del requisito per l’accesso alla pensione, ove comporti la riduzione dell’importo della prestazione calcolabile a tale data, deve essere “neutralizzata” ai fini del calcolo della pensione.
Avverso il rifiuto dell'Inps il pensionato si è rivolto al Tribunale di Pordenone che gli ha dato ragione. La Corte d'Appello di Trieste - investita della questione a seguito del ricorso dell'Inps - ha rimesso la questione alla Consulta chiedendo, in sostanza, se il principio della neutralizzazione delle ultime retribuzioni successive all'acquisizione del diritto a pensione potesse essere esteso anche ai lavoratori iscritti alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (in particolare artigiani e commercianti). Circostanza che secondo l'Inps non poteva essere invocata nel caso di specie stante la diversità del sistema pensionistico del lavoro autonomo rispetto a quello dei lavoratori subordinati.
La decisione
Nelle motivazione della sentenza i giudici precisano che il principio della neutralizzazione ha assunto ormai una portata di naturale generale e, quindi, non può essere limitato ai soli lavoratori dipendenti del settore privato. Contrariamente a quanto ritenuto dall’INPS i giudici ritengono "che tali diversificati aspetti delle due discipline pensionistiche non ostano all’applicazione del principio della esclusione dei contributi dannosi anche alle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi iscritti all’INPS, in considerazione della stessa valenza generale del suddetto principio, che si impone nell’ordinamento pensionistico al di là del pluralismo delle gestioni e dei regimi".
I giudici motivano tale assunto in base all'ormai ampia giurisprudenza costituzionale in merito (ex plurimis, sentenze n. 388 del 1995, n. 264 del 1994, n. 428 del 1992, n. 307 del 1989 e n. 822 del 1988) nonchè sulla base del fatto che l'assicurazione generale obbligatoria ha carattere unitario risultando composta dal Fpld e dalle gestioni speciali dei lavoratori autonomi per via dell'obbligatorio cumulo della contribuzione ai sensi dell'articolo 16 della legge 233/1990. Pertanto ciò che vale per i lavoratori dipendenti del settore privato può trovare applicazione anche per le gestioni speciali dei lavoratori autonomi. In altri termini la Corte delle Leggi non ravvisa quegli elementi di motivata diversità che giustificherebbero la mancata applicazione del principio di neutralizzazione in favore dei lavoratori autonomi. Peraltro, già con la sentenza n. 433 del 1999, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale degli artt. 10 e 37 della legge 2 febbraio 1973, n. 12 la Corte aveva già fatto applicazione del predetto principio anche al regime pensionistico degli agenti di commercio, che non sono lavoratori subordinati.
La Corte ha, pertanto, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'articolo 5, co. 1 della legge 233/1990 (che individua la retribuzione pensionabile in quota A) e l'articolo 1, co. 18 della legge 335/1995 (che individua la retribuzione pensionabile Quota B), nella parte in cui, ai fini della determinazione delle rispettive quote del complessivo trattamento pensionistico, non prevedono, nel caso di prosecuzione della contribuzione da parte dell’assicurato lavoratore autonomo iscritto alla gestione speciale dell’INPS, che abbia già conseguito la prescritta anzianità contributiva minima, che la pensione liquidata non possa essere inferiore a quella che sarebbe spettata al raggiungimento dell’età pensionabile, con esclusione dal computo, sia per la quota A che per la quota B, dei periodi di contribuzione successivi ove comportino un trattamento pensionistico meno favorevole.