Pensioni, Anche il computo nella gestione separata rimette in carreggiata la salvaguardia
Una sentenza del Tribunale di Trieste ha dato ragione ad un'assicurata che aveva raggiunto il diritto a pensione in salvaguardia pensionistica con i requisiti previsti nel sistema contributivo.
La questione è interessante perchè sancisce che la maturazione del diritto alla pensione (o alla sua decorrenza) entro i termini previsti dalla salvaguardia pensionistica non deve necessariamente avvenire avendo esclusivo riguardo ai requisiti del sistema misto (che possono essere più svantaggiosi) ma anche, ricorrendone i presupposti, con quelli previsti per il c.d. contributivo puro ove l'interessato ne abbia fatto espressa istanza.
La questione
Una assicurata il 19.1.2017, avendo compiuto i 66 anni di età, aveva presentato domanda di verifica del diritto a pensione da salvaguardia ai sensi della legge n. 232/2016 in quanto autorizzata ai versamenti volontari in data anteriore al 4.12.2011 e la domanda di pensione di vecchiaia contributiva in regime di salvaguardia pensionistica (cioè con i requisiti anagrafici e contributivi previsti secondo la disciplina applicabile sino al 31.12.2011) optando contestualmente per il computo nella gestione dei lavoratori parasubordinati. Secondo la disciplina previdenziale previgente alla legge fornero, infatti, la pensione di vecchiaia nel sistema contributivo poteva essere agguantata con 65 anni di età (+ successivi adeguamenti alla speranza di vita ISTAT) più una finestra mobile di 12 mesi (18 mesi per i lavoratori autonomi) unitamente ad almeno 5 anni di contribuzione effettiva.
L'assicurata riteneva di appartenere alla c.d. ottava salvaguardia in quanto aveva maturato i suddetti requisiti pensionistici con il sistema contributivo, validi ante riforma Fornero, ad agosto 2017: 65 anni +7 mesi + 18 mesi di finestra e almeno 5 anni di contributi effettivi con il computo della gestione separata. Evidenziava di avere diritto a tale ultimo computo ex art. 3 DM 282/1996 in quanto aveva meno di 18 anni di contributi al 31.12.1995, ma almeno 15, di cui cinque nel sistema contributivo, ossia dopo l’1.01.1996. Sottolineava, dunque, che il diritto alla pensione era maturato a far data dall’agosto 2017, quindi entro l’84° mese successivo all’entrata in vigore del DL 201/2011 (cioè entro il 6.1.2019) come stabilito dall'ottava salvaguardia pensionistica.
L'Inps le aveva negato la salvaguardia sulla base delle previsioni contenute nel messaggio n. 219/2013 secondo le quali per l'esercizio del computo la ricorrente avrebbe dovuto possedere al 31.12.2011: a) 15 anni di cui almeno 5 nel sistema contributivo; b) un importo della pensione superiore a 1,2 volte l’assegno sociale oppure un'età anagrafica di almeno 65 anni. Requisito, quest'ultimo, che evidentemente mancava alla data del 31.12.2011.
La decisione
Secondo il Tribunale di Trieste l'interpretazione dell'Inps non è condivisibile in quanto il contesto normativo invocato dall'interessata è quello delle salvaguardie pensionistiche. Il requisito dell’importo minimo era in effetti previsto dal co. 20 dell’art. 1 della legge 335/1995 per coloro che avevano meno di 65 anni di età al momento in cui dovevano andare in pensione, mentre la ricorrente aveva compiuto tale età al momento individuato dalla suddetta L. 232/16, ossia dopo il 2011 ed entro il 2018.
In sostanza secondo il Tribunale le indicazioni di cui al messaggio n. 219/2013 sono applicabili a coloro che non mantengono il diritto alla salvaguardia pensionistica individuando al 31.12.2011 coloro che, avendo già raggiunto il diritto a pensione in base alla normativa previgente, risultavano esclusi dal nuovo regime previdenziale. Nel caso della signora, invece, il vecchio regime viene esteso, in virtu' della salvaguardia, anche per il periodo successivo al 31.12.2011 sino all'84° mese successivo all'entrata in vigore del Dl n. 201/2011. Pertanto entro tale data va accertato il requisito per il computo con diritto, pertanto, dell'assicurata alla fruizione della salvaguardia pensionistica.