Pensioni flessibili, Il Governo abbandona l'ipotesi del prestito pensionistico
Il Ministero dell'Economia studia un intervento strutturale limitato a disoccupati e lavoratrici. Perde quota l'ipotesi di una flessibilità in uscita generalizzata.
Tra oggi e domani il menù ristretto di misure finirà sul tavolo di un vertice politico tra Matteo Renzi e i ministri Padoan e Poletti. Nel confronto di ieri è stato intanto detto no all'ipotesi del prestito pensionistico: una misura che avrebbe comportato eccessive difficoltà applicative oltre a rendere poco appetibile lo strumento ai più. L'ipotesi che dovrebbe prendere piede è un'uscita per le donne a 62 o 63 anni con un requisito contributivo che oscillerebbe tra i 30 e i 35 anni di contributi. Resta il taglio dell'assegno collegato all'età dell'uscita (anche se il meccanismo di decurtazione non è ancora chiaro).
Per i disoccupati l'asticella e il meccanismo per l'uscita sarebbe simile: un anticipo di 3 anni rispetto ai requisiti per le vecchiaia, in sostanza a 63 anni (che potrebbero però arrivare a 63 anni e 7 mesi considerando la speranza di vita). Una formula strutturale e quindi potenzialmente idonea ad "assorbire" le proposte di legge sulla settima salvaguardia a cui sta lavorando la Commissione Lavoro della Camera in questi giorni. Con l'obiettivo di estendere la tutela anche a chi ha perso il lavoro dopo il 2012. Questi lavoratori, del resto, non hanno tratto alcun beneficio dai sei provvedimenti di salvaguardia, destinati a salvaguardare solo chi il lavoro lo aveva perso entro il 2011, prima della Riforma Fornero. Una dicotomia che secondo i tecnici deve essere superata.
Quanto alla sorte della cosiddetta opzione donna, va chiarito innanzitutto che fine faranno le domande presentate per il 2015 e rimaste nel limbo dell'lnps e su questo è attesa, si spera entro Ottobre, la sentenza del Tar per la class action presentata dal Comitato pro opzione. In secondo luogo, si tratterà di verificare come potrà essere prorogata per il futuro.