Pensioni, Il Governo Meloni punta a quota 41 entro fine anno
L’ipotesi potrebbe essere contenuta nella prossima legge di bilancio con l’abbinamento di un minimo di 62 anni di età per ridurre i costi per le casse pubbliche.
La prossima legge di bilancio potrebbe non contenere la riforma delle pensioni. I tempi a disposizione, infatti, sono troppo ristretti e le risorse disponibili interamente assorbite dall’emergenza del caro bollette. E’ probabile che il nuovo esecutivo rinvii la decisione al prossimo anno limitandosi alla proroga delle misure in scadenza tra cui opzione donna (l'uscita per le dipendenti con 58 anni o 59 per le autonome e sempre 35 anni di contributi); ape sociale (l’assegno di accompagnamento alla pensione di vecchiaia dall’età di 63 anni) e «quota 102» che potrebbe essere superata con una nuova combinazione: 41 anni di contributi unitamente ad almeno 62 anni di età anagrafica senza penalità sull’assegno.
In questo modo verrebbero parzialmente soddisfatte le promesse elettorali della nuova maggioranza che, come noto, puntava ad una quota 41 per tutti (ipotesi che costerebbe almeno 5 miliardi di euro l’anno). Considerando le risorse a disposizione e i tempi sarà difficile che la prossima legge di bilancio possa fare di più.
Non ci sarebbero novità per quanto riguarda l’età di pensionamento di vecchiaia che resterebbe ferma a 67 anni né per la pensione anticipata che continuerebbe ad essere agguantata con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi di contributi) per le donne. In salita anche l’ipotesi di una «opzione per tutti», cioè estendere la facoltà attualmente valida solo per le donne, di uscire con 58-59 anni di età e 35 anni di contributi accettando un calcolo interamente contributivo dell’assegno. Qui c’è la forte resistenza dei sindacati che non accettano un abbattimento della misura della pensione.
Partita rinviata, invece, per una riforma della previdenza più ragionata (e condivisa anche dalle parti sociali). Tuttavia se si continuerà a non accettare una qualche forma di penalità sugli assegni (che, tuttavia, con il passare del tempo è destinata ad attenuarsi per via del minore apporto delle quote retributive rispetto a quelle contributive) qualsiasi progetto riforma resterà bloccato almeno fino all’andata a regime del sistema contributivo (che già contiene al suo interno elementi di flessibilità maggiori rispetto al misto).