Pensioni, Niente pace contributiva per recuperare le omissioni contributive
Le indicazioni in un documento dell'Inps. La nuova facoltà non può essere utilizzata per coprire eventuali inadempimenti contributivi del datore di lavoro. Per questi occorrerà sempre procedere alla costituzione della rendita vitalizia.
La facoltà è sperimentale, dura per il triennio 2019-2021. I periodi riscattabili sono quelli compresi tra la data di prima iscrizione alla previdenza (necessariamente successiva al 31 dicembre 1995) e l'ultimo contributo pagato all'Inps; di questi periodi, il lavoratore ha facoltà di scegliere quali e quanti riscattare, nel limite massimo di cinque anni, anche non continuativi.
Niente riscatto per recuperare inadempimenti contributivi
Nel modulo pubblicato l'altro giorno l'Inps precisa alcune questioni interessanti. In primo luogo l'Istituto indica che possono formare oggetto di riscatto solo periodi temporali per i quali non sussistono versamenti contributivi come ad esempio contribuzione obbligatoria, figurativa, volontaria e da riscatto. Non possono, in particolare, formare oggetto di riscatto quei periodi cui il mancato versamento derivi dall'inadempimento di un obbligo contributivo. Il nuovo istituto, pertanto, non può essere utilizzato per recuperare omissioni contributive cadute in prescrizione (per le quali, occorrerà, quindi procedere alla costituzione della rendita vitalizia).
Domande anche dal datore di lavoro
Il documento illustra, inoltre, che il riscatto dei buchi contributivi può essere richiesto anche dal datore di lavoro per il proprio dipendente mediante la destinazione, a tal fine, dei premi di produzione spettanti al lavoratore medesimo. In tal caso, le somme non rientrano nella base imponibile fiscale né del datore né del lavoratore. Alcune questioni devono essere ancora chiarite dal punto di vista amministrativo, ad esempio la necessità della presenza di un accordo preventivo sui premi di produzione da destinare a tale fine e la specificazione se il pagamento da parte del datore possa riguardare anche solo alcune rate. L'Inps precisa che la facoltà è riservata esclusivamente al settore privato e comporta per il datore di lavoro l'obbligo di versare il contributo in unica soluzione o in massimo 60 rate mensili (120 a seguito della conversione in legge del DL 4/2019 che sta avvenendo in Parlamento), ciascuna di importo non inferiore a euro 30, senza applicazione di interessi per la rateizzazione. Il beneficiario dovrà espressamente acconsentire all'operazione.
La rateizzazione dell'onere non può essere concessa nei casi in cui i contributi da riscatto debbano essere utilizzati per la immediata liquidazione della pensione diretta o indiretta o nel caso in cui gli stessi siano determinanti per l'accoglimento di una domanda di autorizzazione ai versamenti volontari; qualora ciò avvenga nel corso della dilazione già concessa, la somma ancora dovuta sarà versata in unica soluzione. Oltre che dal datore di lavoro la facoltà può essere esercitata anche dai superstiti del beneficiario (in tal caso, evidentemente, al fine di maturare il minimo per una pensione di reversibilità) o dei suoi parenti e affini fino al secondo grado.