Pensioni, Niente totalizzazione con il Giappone
I chiarimenti in un documento dell’Inps dopo l’entrata in vigore, dal 1° Aprile 2024, dell’accordo in materia di sicurezza sociale tra Italia e Giappone.
Niente totalizzazione internazionale dei contributi tra Italia e Giappone ai fini dell’acquisizione del diritto a pensione. Pertanto in caso di rimpatrio, il giapponese che abbia lavorato in Italia potrà acquisire il diritto alla pensione di vecchiaia all’età di 67° anni in deroga al requisito minimo di 20 anni di contributi a condizione che il primo accredito contributivo decorra dopo il 31 dicembre 1995. Lo rende noto, tra l’altro, l’Inps nella Circolare n. 52/2024 in cui illustra i dettagli della convenzione in materia di sicurezza sociale tra Italia e Giappone ratificata con legge n. 97/2015 ed in vigore dal 1° aprile 2024.
Esportabilità delle prestazioni
La convenzione regola, tra l’altro, i rapporti tra i due Paesi in materia di esportabilità delle pensioni e delle rendite per infortunio e malattia professionale erogate, per l’Italia, dall’INPS e dall’INAIL. La regola generale, fissata nella Convenzione, è che la titolarità di una prestazione ed il diritto a riceverne il pagamento vengono garantiti anche al beneficiario che sia residente in Giappone. E viceversa.
Da ciò, spiega l’Inps, consegue che sono esportabili tutte le pensioni, dirette ed indirette, anche di invalidità maturate sia nella gestione privata che nella gestione pubblica oltre che le rendite e le altre prestazioni in denaro dovute per infortunio sul lavoro o malattia professionale gestite dall’Inail. E’ esportabile pure l’integrazione al minimo e la maggiorazione sociale in quanto previste dalla normativa italiana di riferimento.
Sono, invece, inesportabili le prestazioni non contributive finanziate completamente o parzialmente dalla fiscalità generale (es. l’assegno sociale, la pensione sociale e le prestazioni di invalidità civile).
Niente totalizzazione
Da segnalare che la Convenzione non prevede il diritto alla totalizzazione dei periodi maturati ai fini dell’acquisizione del diritto a pensione. Ciò significa che il giapponese che abbia lavorato in Italia non acquisirà il diritto a pensione italiana in assenza del raggiungimento di un diritto autonomo nel nostro regime previdenziale (es. 67 anni e 20 anni di contributi).
A tal fine, ricorda l’Inps, resta però applicabile l’articolo 22 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come sostituito dall’articolo 18 della legge 30 luglio 2002, n. 189 secondo cui, in caso di rimpatrio, l’extracomunitario, con anzianità contributiva dal 1° gennaio 1996, può conseguire la pensione di vecchiaia al raggiungimento del requisito anagrafico richiesto per tale trattamento pensionistico, adeguato alla speranza di vita (pari, per il biennio 2023-2024, a 67 anni), anche in deroga al requisito minimo di 20 anni di contribuzione.
Presentazione delle domande
L’Accordo regola anche le modalità di presentazione delle domande di pensione. In particolare le domande di pensione presentate dai soggetti residenti in Italia a carico dell’assicurazione giapponese, spiega l’Inps, devono essere presentate direttamente all'INPS utilizzando l’apposito formulario contenuto negli allegati alla Circolare, che a sua volta provvede all’inoltro della documentazione all’istituzione giapponese competente.
Le domande di pensione presentate dai soggetti residenti in Giappone a carico dell’assicurazione italiana devono presentare domanda, compilando il relativo formulario, alla competente istituzione giapponese che provvederà all’inoltro all’Inps (direzione provinciale di Perugia, competente alla trattazione delle domande dei soggetti residenti in Paesi esteri non convenzionati).