Pensioni, Quale futuro per i prossimi anni?
Quale sarà il futuro della previdenza in Italia e soprattutto sarà sostenibile il sistema?
Il problema della previdenza in Italia è come un fenomeno carsico, viene cioè affrontato e riaffiora solamente in particolari periodi di tempo come possono essere le elezioni politiche o la Legge di Bilancio e poi viene completamente dimenticato e scompare per molti mesi. In questo continuo up and-down siamo adesso nella fase di calma piatta e sicuramente questo argomento che interessa la totalità dei cittadini sarà nuovamente sotto i riflettori in autunno alla vigilia della legge di Bilancio anche perché alcuni degli istituti che caratterizzano la pensione anticipata come Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale scadono il 31/12/2024.
Questo non è sicuramente il modo migliore per affrontare e risolvere una problematica che diventerà se non si interviene immediatamente la “madre” dei problemi degli italiani e che rischia di diventare come affermato dalla Meloni “una bomba sociale”. Innanzitutto, cominciamo con l’affermare che al momento, nonostante tutte le regalie che ci sono state nel passato come le baby pensioni, il sistema retributivo, varie concessioni previdenziali a molte categorie di lavoratori, sconti contributivi ecc. ecc. il nostro sistema previdenziale inventato quasi ottanta anni fa è ancora sostenibile.
Lo è stato perché tale sistema chiamato a ripartizione (chi versa i contributi previdenziali provvede al pagamento di chi è già in pensione) si è retto per tutti questi anni perché vi erano in proporzione molti lavoratori che versavano i contributi e pochi pensionati. Il sistema a ripartizione per poter essere in equilibrio abbisogna di quasi due lavoratori per ogni pensionato e questo rapporto per molti anni è stato mantenuto in maniera costante. Poi con il passare dei decenni i pensionati sono costantemente aumentati e già ora ci troviamo con un rapporto di 1,43 su 1. Le proiezioni degli analisti previdenziali ci dicono che questo rapporto tra una ventina d’anni sarà sceso pericolosamente a 1 su 1 (un lavoratore per ogni pensionato) e la tenuta del sistema a quel punto sarà pericolosamente a rischio.
I motivi principali che hanno determinato tale situazione sono la diminuzione costante di nuovi nati (nel 2023 sono stati un terzo di quelli nati nel 1964) e l’aumento dell’aspettativa di vita. Poiché il sistema per essere in equilibrio è tarato su una durata della corresponsione dell’assegno previdenziale di circa venti/venticinque anni è del tutto evidente che tale aumento della vita, che ovviamente è un aspetto molto positivo, con il passare degli anni mette dal punto di vista contabile il sistema in difficoltà. Inoltre, poiché incomprensibilmente ci si ostina a non voler separare la previdenza dall’assistenza l’introduzione negli anni Settanta del “welfare state” e la sua progressiva implementazione hanno appesantito la previdenza di costi che invece andrebbero addebitati alla fiscalità generale. Questo sta determinando anche a causa dell’inflazione che ha ripreso consistenza in questi ultimi tre anni un costo per la previdenza che è oltre il 15% del PIL e anche complice il prossimo pensionamento dei boomers degli anni 60 tale indice andrà ad aumentare fino al 17% nel 2040 per poi cominciare una lenta decrescita.
Poiché non si può aumentare all’infinito l’età per accedere alla pensione e le continue morti sul lavoro di over sessanta lo stanno a dimostrare bisogna cominciare a ragionare su un sistema diverso rispetto a quello attuale che per i motivi sopra esposti non sarà più sufficiente a garantire a tutti una equa pensione. Poiché il mondo del lavoro in ottanta anni è completamente cambiato complice anche l’I.A. dobbiamo, forse, prendere in considerazione un sistema misto a ripartizione/capitalizzazione perché è impensabile nel 2024 non investire l’enorme massa di denaro dei versamenti contributivi, soprattutto se vogliamo evitare che i nostri giovani siano costretti a rimanere nel mondo del lavoro oltre i settant’anni percependo poi una pensione che sarà il 50% del loro stipendio.