Pensioni, Quando il riscatto o la ricongiunzione producono effetti retroattivi
Il principio generale dell'efficacia retroattiva del riscatto talvolta trova delle limitazioni. Una guida per comprendere la situazione.
Le situazioni che possono verificarsi sono molteplici e farraginose, per semplificare possono essere ricondotte a due ipotesi madre: a) se il richiedente è già titolare di pensione alla data della presentazione della domanda di riscatto (non di ricongiunzione tal ché, di regola, non è possibile ricongiungere periodi assicurativi per i soggetti già titolari di pensione diretta); b) se il richiedente non è titolare di pensione alla data di presentazione della domanda di riscatto o di ricongiunzione.
Soggetti pensionati
Nella prima ipotesi l'operazione ha, di regola, efficacia retroattiva (Cfr Cass. sez. un. 28 marzo 1995, n. 3667, seguito da Cass. 1 ottobre 1997, n. 9599); la pensione cioè, sarà, riliquidata rispetto alla data di decorrenza originaria con la corresponsione dei relativi arretrati maturati sino alla presentazione della domanda di riscatto. Ad esempio un soggetto andato in pensione il 1° maggio 2018 che riscatta il 1° maggio 2020 due anni di laurea risalenti agli anni '80 otterrà la riliquidazione della pensione anche per i mesi intercorrenti tra il 1° maggio 2018 ed il 30 Aprile 2020 (Circ. Inps 12/1996). A conferma di ciò l'Inps ha ribadito con messaggio 23655/2004 che le pensioni ricalcolate a seguito del riscatto di periodi contributivi vanno integrate al trattamento minimo sin dalla loro decorrenza originaria. Va ricordato, tuttavia, che se il riscatto riguarda periodi collocati nel sistema contributivo (cioè successivi al 31.12.1995) la riliquidazione avrà efficacia solo dalla data della presentazione della domanda per via del particolare (e diverso) meccanismo di calcolo della pensione (cfr: Circolare Inps 6/2020).
Soggetti non pensionati
La seconda ipotesi è più delicata, riguarda in particolare quei soggetti cui il riscatto o la ricongiunzione farebbe acquisire il diritto a pensione in un momento antecedente la domanda stessa. Si tratta cioè di stabilire se l'operazione abbia efficacia retroattiva non ai fini della riliquidazione della pensione quanto piuttosto ai fini della maturazione del diritto a pensione.
E' il caso, ad esempio, di un lavoratore che pur avendo raggiunto l'età pensionabile integri il requisito contributivo per la prestazione di vecchiaia solo all'esito del riscatto o della ricongiunzione. In queste circostanze la giurisprudenza di legittimità (cfr: Cass. 26526/2013; Cass. 27555/2016) riconosce la possibilità di retrodatare la decorrenza della pensione rispetto alla domanda di riscatto o di ricongiunzione a condizione che l'interessato abbia presentato la domanda di pensione già al raggiungimento dell'età pensionabile e risulti in possesso - sempre a tale data - degli altri requisiti per il conseguimento della prestazione (es. cessazione dell'attività lavorativa dipendente). Questa condizione spesso limita, nel concreto, la possibilità di retrodatare la decorrenza della pensione. Resta fermo, tuttavia, che i periodi riscattati sono considerati nella loro collocazione temporale, esplicando effetti giuridici come se fossero stati tempestivamente acquisiti alla posizione assicurativa dell’interessato. Pertanto, ad esempio, consentono di far acquisire il diritto ad una prestazione previdenziale (ad esempio opzione donna o quota 100) seppur con decorrenza dalla data di presentazione della domanda di riscatto.
Un cenno, infine, meritano quei soggetti che hanno raggiunto sia il requisito anagrafico che quello contributivo per il conseguimento della pensione a prescindere dall'operazione di riscatto o di ricongiunzione. Qui la retrodatazione è possibile ma discende non dagli effetti del riscatto o della ricongiunzione bensì da quelli propri dell'articolo 6 della legge 155/1981 per il quale la domanda amministrativa (di pensione) costituisce mero atto di impulso e la decorrenza è ancorata esclusivamente alla maturazione dei relativi requisiti (Cass. 10844/2013).