Pensioni, Si amplia l'uscita a 64 anni dei nati nel '52
L'Inps corregge la Circolare 196 dello scorso anno adeguandosi al parere del Ministero del Lavoro che aveva chiesto l'eliminazione delle restrizioni per la classe 1952.
La questione
Come noto esclusivamente per i lavoratori del settore privato, il predetto comma 15-bis aveva previsto una deroga al fine di mitigare gli effetti particolarmente negativi nei confronti di quei lavoratori che avrebbero perfezionato i requisiti per la pensione di anzianità nel corso del 2012. Pertanto i lavoratori che entro il 31 dicembre 2012 potevano vantare 60 anni di età, 35 anni di contributi e quota 96, possono conseguire – ancora oggi – la pensione anticipata al compimento di una età anagrafica non inferiore a 64 anni. Tale requisito risente degli adeguamenti legati alla speranza di vita, pertanto nel 2016 e nel 2017 sono richiesti 64 anni e sette mesi. Per le lavoratrici, invece, è stato previsto l’accesso alla pensione di vecchiaia – sempre con 64 anni oltre la speranza di vita – a condizione che entro il 2012 perfezionassero 20 anni di contribuzione con una età anagrafica non inferiore a 60 anni.
L'Inps, dopo aver limitato la disposizione ai soli lavoratori che al 28 dicembre 2011 si trovavano in costanza di attività lavorativa dipendente, ha rivisto la propria posizione con la Circolare 196/2016 in esito ad un confronto con il Ministero del Lavoro. In tale documento è stato esteso il beneficio anche a coloro che non svolgevano attività di lavoro dipendente nel settore privato alla predetta data ma fu imposta la condizione che i requisiti contributivi richiesti per accedere alla disposizione fossero composti da sola contribuzione derivante da lavoro dipendente con esclusione della contribuzione volontaria e di quella figurativa o da riscatto non correlata a lavoro dipendente. Escludendo, ad esempio, la contribuzione figurativa da disoccupazione, da riscatto di un periodo di studio, la contribuzione da servizio militare.
La nuova impostazione
A seguito delle contestazioni generate da questa interpretazione l'Inps con la Circolare 180/2017, su espressa richiesta del Ministero del Lavoro, corregge il tiro specificando, in coerenza con i principi generali in materia previdenziale, che anche i periodi di contribuzione volontaria, di contribuzione figurativa per eventi fuori dal rapporto di lavoro dipendente del settore privato e di riscatto non correlato ad attività lavorativa sono utili allorquando, congiuntamente ai periodi di contribuzione effettiva come dipendente privato, consentano di raggiungere il requisito di anzianità contributiva richiesta (35/36 anni per gli uomini e 20 anni per le donne) per conseguire la prestazione in parola.
Il vantaggio di questa semplificazione è evidente. Si pensi ad una lavoratrice dipendente del settore privato nata nel 1952, disoccupata al 28.12.2011 e con 20 anni di contributi al 31.12.2012 di cui 18 derivanti da lavoro effettivo dipendente e il restante periodo coperto da contribuzione figurativa da disoccupazione o da contribuzione volontaria o dal riscatto di un evento di maternità al di fuori del rapporto di lavoro o di un corso di studi. La lavoratrice non ha potuto godere neanche delle operazioni di salvaguardia pensionistica perchè dimessasi o licenziata prima del 2007.
In assenza di tale correttivo la lavoratrice non avrebbe potuto ottenere la pensione a 64 anni in quanto il maturato contributivo minimo (20 anni) non risulta perfezionato con la sola contribuzione obbligatoria di lavoro dipendente nel settore privato. A seguito del correttivo, invece, la lavoratrice potrà ottenere la prestazione pensionistica.
Le domande respinte
Resta solo da comprendere come saranno trattate le domande respinte. La decisione dell'Inps giunge, del resto, in ritardo di almeno un anno rispetto alle attese. Le coorti dei lavoratori nati nel 1952 hanno, infatti, maturato il requisito anagrafico di 64 anni e 7 mesi tra l'estate del 2016 e il 1° agosto 2017, dunque sicuramente il ritardo ha comportato la compressione del periodo di erogazione della prestazione pensionistica in un periodo variabile che va da pochi mesi ad oltre un anno.
Ebbene l'Inps ha indicato nella Circolare 196/2016 che su richiesta degli interessati, le domande di pensione definite in difformità ai criteri sopra esposti, con riferimento alle quali non si sia verificata la decadenza dall’azione giudiziaria prevista dall’articolo 47, comma 2, del D.P.R. n. 639 del 1970 - cioè che non siano trascorsi più di tre anni dalla scadenza dei termini per impugnare in via amministrativa la comunicazione di rigetto della domanda -, dovranno essere riesaminate e dovrà farsi luogo alla corresponsione, nei limiti della prescrizione (che è di cinque anni), dei ratei pregressi. Dunque per ottenere i ratei pregressi i lavoratori dovranno, comunque, produrre una apposita istanza di riesame/ricorso.
Documenti: Circolare Inps 180/2017