Pensioni, Slitta al 31 dicembre 2024 la prescrizione dei dipendenti pubblici
I chiarimenti in un documento dell’Inps dopo la novella contenuta nella legge di bilancio 2024. Introdotta anche una sanatoria tombale per le omissioni intervenute sino al 31 dicembre 2004 per la cui regolarizzazione non sarà necessario neanche effettuare i relativi versamenti contributivi.
Prorogata ancora di un anno la prescrizione dei contributi dei dipendenti pubblici non versati all’Inps dalle rispettive amministrazioni. Il nuovo termine slitta dal precedente 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2024 e riguarderà, pertanto, le omissioni occorse fino al 31 dicembre 2019 in luogo del precedente 31 dicembre 2018. Lo rende noto l’Inps nel messaggio n. 292/2024 in cui spiega che l’agevolazione riguarda, come in passato, le sole amministrazioni pubbliche e si riferisce sia alle contribuzioni previdenziali che per quelle per il finanziamento dei trattamenti di fine servizio o di fine rapporto. Analoga proroga interessa i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o rapporti per figure assimilate e la denuncia dei compensi effettivamente erogati.
Dipendenti Pubblici
Come noto, l'articolo 3, co. 9-10 della L. 335/1995, dispone che le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate decorsi 5 anni. La misura è stata estesa anche ai lavoratori dipendenti iscritti (a prescindere dalla natura pubblica o privato del datore di lavoro) presso le gestioni esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria (CTPS, CPS, CPDEL, CPI e CPUG) con la Circolare Inps 169/2017. L’estensione, tuttavia, non ha avuto molta fortuna per le molteplici lacune presenti negli estratti conto della gestione pubblica ed il legislatore ha dovuto rinviare più volte il debutto della norma. L’ultima proroga, contenuta nell’articolo 9, co. 3 lettera a) del dl n. 198/2022, ha sanato le contribuzioni omesse sino al 31 dicembre 2018 stabilendo che i versamenti dovevano essere effettuati dalle amministrazioni pubbliche entro il 31 dicembre 2023. L’Inps ha disciplinato la novella con Circolare n. 92/2023.
Per effetto dell’entrata in vigore della legge di bilancio 2024 (legge n. 213/2023) e del decreto milleproroghe 2024 (dl n. 215/2023) due le novità in vigore dal 1° gennaio 2024.
Nessuna prescrizione sino al 2024
Da un lato, spiega l’Inps, la prescrizione è stata prorogata di un anno, dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2024. La norma, come in passato, riguarda i soli dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui al dlgs n. 165/2001 (Comuni, Regioni, Province, Asl, Università e altre Pa) ed include anche le contribuzioni relative al finanziamento dei trattamenti di fine servizio (TFS/TFR). I relativi datori di lavoro, pertanto, avranno tempo sino a fine anno per regolarizzare (ossia versare i relativi contributi all’Inps) le omissioni maturate sino al 31 dicembre 2019. Analoga proroga interessa i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o rapporti per figure assimilate (es. dottorandi, amministratori, lavoratori autonomi).
L’adempimento solleva le Pa anche dal pagamento delle sanzioni civili per le omissioni contributive.
Periodi ante 2005
La seconda novità è una sanatoria speciale per le omissioni intervenute sino al 31 dicembre 2004. In questo caso l’articolo 1, co. 131 della legge n. 213/2023 dispone che la predetta regolarizzazione si realizza con il solo invio delle denunce mensili tramite Uniemens/ListaPosPa. In altri termini non è necessario il versamento anche delle relative contribuzioni omesse da parte della Pa. L’agevolazione, spiega l’Inps, riguarda però i soli dipendenti iscritti all’ex Inpdap (con esclusione, pertanto, dei lavoratori iscritti alla gestione separata dell’Inps) e interessa i soli periodi di competenza sino al 31 dicembre 2004 (per quelli successivi resta l’obbligo di procedere anche al versamento dei relativi contributi previdenziali).
L’Inps, peraltro, al fine di scongiurare l’invio di denunce errate ha introdotto un controllo automatizzato di congruità degli imponibili denunciati che comporta il blocco delle denunce che espongono imponibili caratterizzati da rilevanti scostamenti rispetto a quelli del periodo precedente e successivo. Questa operazione, spiega l’Inps, è necessaria per evitare un danno all’erario (se fossero acquisite denunce gonfiate il lavoratore si troverebbe una pensione più alta rispetto al dovuto non assistita dal versamento della relativa contribuzione) oppure al lavoratore se l’imponibile denunciato fosse inferiore rispetto a quello effettivamente erogato. Il blocco, ove scatta, potrà essere rimosso solo a seguito di un approfondimento istruttorio ad hoc che accerti la bontà del dato dichiarato dalla Pa.
Documenti: Messaggio n. 292/2024