Pensioni, Stop alle discriminazioni per il riscatto dei dipendenti degli enti locali
Secondo i giudici della Corte Costituzionale le norme per il riscatto dei periodi di servizio degli impiegati degli enti locali sono equiparate a quelle degli altri dipendenti pubblici.
La questione è stata sollevata dalla corte dei conti della Valle d’Aosta, secondo cui la norma viola i principi costituzionali (artt. 3 e 36) non contemplando, per i dipendenti degli enti locali, la riscattabilità dei periodi di attività prestati in qualità di vice pretore reggente per un tempo non inferiore a sei mesi, come invece previsto per i dipendenti civili e militari dello stato (art. 14, comma 1, lett. b, dpr n. 1092/1973). La Corte costituzionale ha avallato la posizione della Corte dei Conti riconoscendo che, sebbene il legislatore abbia discrezionalità nel dettare discipline diverse sui riscatto per regimi previdenziali diversi, precisa tuttavia che la discrezionalità incontra il limite della ragionevolezza, a fronte del quale discipline diverse che regolano situazioni con caratteri di omogeneità non sono compatibili con l’art. 3 della Costituzione.
In coerenza con ciò ritiene che, una volta riconosciuta dal legislatore, per i dipendenti statali (ex art. 14, lett. b, dpr n. 1092/1973), la facoltà di riscatto per servizio prestato in qualità di vice pretore reggente, risulta non giustificabile un diverso trattamento per i dipendenti di enti locali. Peraltro, secondo i giudici, non sussistono elementi oggettivi tali da motivare il perdurare di una differenziazione fra dipendenti statali e dipendenti degli enti locali, di fronte a un’attività di significativa rilevanza, qual è quella di vice pretore onorario reggente, che presenta analoga valenza sia per l’impiego statale che per l’impiego presso enti locali. In conclusione dichiarano l’illegittimità dell’art. 67 del regio decreto legge n. 680/1938, nella parte in cui non prevede la facoltà di riscattare il servizio prestato in qualità di vice pretore reggente.
La Corte ha, inoltre, dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 18, co. 10 del decreto legge 98/2011 convertito con legge 111/2011. L'articolo in questione aveva interpretato autenticamente l'articolo 3, co. 2 del Dlgs 357/1990 che regolava le modalità di corresponsione della pensione per i lavoratori del settore del credito (ex gestioni esonerative dell'assicurazione generale obbligatoria) confluiti nella gestione speciale dei trattamenti pensionistici dell'Inps ad opera della legge 218/1990. L'intervento del 2011 aveva precisato che la quota di pensione a carico dell'INPS andasse determinata con esclusivo riferimento all'importo del trattamento pensionistico effettivamente corrisposto dal fondo di provenienza, con esclusione della quota eventualmente erogata ai pensionati in forma capitale. Con effetti, pertanto, sulla misura del trattamento. La Corte con la sentenza numero 12/2012 pubblicata ieri ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della predetta disposizione normativa nella parte in cui, per l'appunto, disponeva l'esclusione della quota eventualmente erogata ai pensionati in forma capitale.