Prescrizione della facoltà di richiedere la costituzione della rendita vitalizia
La possibilità di richiedere all’Inps il riscatto dei contributi non versati e caduti in prescrizione è a sua volta soggetta a prescrizione?
La prescrizione della prescrizione: sembra un gioco di parole, ma si tratta, si spera ancora per poco, di una (triste) realtà.
Parliamo della cosiddetta costituzione di rendita vitalizia (art. 13 L. 1338/1962), una misura che consente di riscattare periodi lavorativi per cui non sono stati versati i contributi previdenziali, a condizione che questi siano caduti in prescrizione e che l’interessato non risulti, in prima persona, responsabile del versamento contributivo.
Questo strumento è pensato, principalmente, per fornire una soluzione ai lavoratori che hanno subito omissioni contributive da parte del loro datore di lavoro, ma non solo: è difatti utilizzato, altresì, per offrire una tutela a tutti coloro la cui posizione contributiva dipende, in relazione agli omessi versamenti, da un altro soggetto, come co.co.co., collaboratori e coadiutori (C. Cost. sent. 18/1995).
La costituzione di rendita vitalizia rappresenta il principale rimedio che il lavoratore può utilizzare per fare fronte al pregiudizio derivante dal mancato versamento dei contributi, rappresentando una sorta di “reintegrazione specifica” (Cass. sent.6088/1981), che pone l’interessato nella stessa posizione previdenziale nella quale si sarebbe trovato se i versamenti fossero stati regolarmente effettuati dal datore di lavoro, o dal diverso soggetto responsabile dei versamenti stessi.
Ma esiste un termine massimo entro cui esercitare questa facoltà, oppure la possibilità di riscattare i contributi prescritti si prescrive a sua volta? Il nuovo disegno di legge collegato lavoro dovrebbe finalmente risolvere in modo definitivo la questione, dopo anni di discussioni e orientamenti altalenanti.
Ma procediamo per ordine, e facciamo il punto della situazione alla data odierna.
Costituzione della rendita vitalizia a carico del datore di lavoro
In relazione al caso in cui il datore di lavoro non versi i contributi a favore del dipendente, l’ordinamento prevede una serie di rimedi differenti, a seconda del tempo trascorso dall’inadempimento e dell’attualità o meno del pregiudizio per il lavoratore.
Innanzitutto, prima che i contributi siano prescritti, il lavoratore può chiedere la condanna del datore al versamento all’ente previdenziale
Il lavoratore può agire, poi, con domanda di condanna generica secondo l’articolo 278 Del Codice di procedura civile: si tratta del mero accertamento dell’omissione contributiva come fonte di futuri danni risarcibili.
Al momento del pensionamento, verificatosi il pregiudizio all’integrità della pensione, il rimedio previsto originariamente consisteva nell’azione di risarcimento del danno (art. 2116, co. 2, Cod. civ.). Poiché, tuttavia, il datore di lavoro poteva essere chiamato a rispondere del danno da omissione contributiva anche dopo diversi decenni, la giurisprudenza ha elaborato una sorta di contemperamento, stabilendo che il lavoratore sia tenuto a provare di avere richiesto invano al datore di lavoro la costituzione della rendita vitalizia di cui all’art. 13, L. 1338/1962.
In caso di mancata richiesta, si deve ritenere che abbia negligentemente concorso a cagionare il danno, che potrà essere quindi ridotto o escluso ai sensi dell’art. 1227 Cod.civ. (Cass. sent. n. 20827/2013).
Prescrizione dei contributi previdenziali
Al riguardo, è opportuno ricordare che la prescrizione dei crediti contributivi Inps si verifica nel termine di 5 anni dall’insorgenza dell’obbligo di versamento in capo al datore di lavoro (art. 3, co. 9, L. 335/1995), a meno che nel quinquennio non intervenga la denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti.
Prescrizione del diritto alla costituzione di rendita vitalizia a spese del datore
La prescrizione del diritto di richiedere al datore di lavoro il riscatto dei contributi omessi e prescritti si prescrive, a sua volta, in 10 anni, che decorrono dal verificarsi della prescrizione del credito contributivo dell’Inps. È quanto espresso dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, con la sentenza n.21302/2017.
In buona sostanza, non è più possibile pretendere che il datore di lavoro costituisca la rendita vitalizia in favore del dipendente trascorsi 15 anni dall’insorgenza dell’obbligo di versamento contributivo, o trascorsi 20 anni, in caso di denuncia da parte del lavoratore o dei suoi superstiti. Si verifica dunque la prescrizione della possibilità di recuperare a spese del datore i contributi prescritti.
Secondo un’isolata pronuncia di legittimità (Cass. sent. n. 7853/2003), invece, la facoltà di costituzione della rendita vitalizia a spese del datore sarebbe necessariamente imprescrittibile, sia perché riconducibile al novero dei diritti potestativi, sia in analogia a quanto previsto in relazione alla generale facoltà di riscatto ai fini della pensione (si pensi al riscatto degli anni del corso di studi universitario), esercitabile sino alla data del pensionamento.
Prescrizione del diritto alla costituzione di rendita vitalizia a spese del lavoratore
La facoltà di costituzione della rendita vitalizia può essere comunque esercitata dallo stesso lavoratore. L’art. 13, co. 5, L. 1338/1962 prevede infatti che l’interessato possa provvedere autonomamente al versamento, sostituendosi al datore di lavoro, salvo il diritto al risarcimento.
Ci si domanda, a questo punto, se anche la facoltà del lavoratore di chiedere la costituzione della rendita vitalizia, con onere a proprio carico, sia soggetta a prescrizione.
Secondo parte della giurisprudenza di merito (C. App. Firenze 9.2.2004, Trib. Viterbo 9.7.2008), la facoltà di costituire la rendita vitalizia a proprie spese risulta imprescrittibile.
Un differente orientamento della Cassazione (Cass. sent. n. 15304/2005) richiede all’opposto, ai fini dell’esercizio della facoltà di costituzione della rendita a spese del lavoratore, la prova rigorosa dell’impossibilità di ottenere il versamento da parte del datore di lavoro. In sostanza, se il lavoratore non prova di aver richiesto al datore, entro il termine prescrizionale, il versamento dei contributi omessi e prescritti, perde la possibilità di costituire la rendita, anche se con onere a proprio carico.
Nello stesso senso, come osservato, si esprime la già citata sentenza delle Sezioni Unite n. 21302/2017. Va sottolineato, però, che le Sezioni Unite si esprimono in relazione al solo termine prescrizionale del diritto al riscatto dei contributi omessi e prescritti con onere a carico del datore di lavoro.
Si osserva comunque una prassi diffusa, da parte delle sedi territoriali Inps, asseritamente basata su tale sentenza, volta a negare ai lavoratori la facoltà di costituire la rendita vitalizia con onere a proprio carico, in caso di mancata richiesta al datore entro i termini prescrizionali esposti.
In ogni caso, riguardo all’applicabilità del termine di prescrizione decennale per la richiesta di rendita da parte del lavoratore, ha riaperto la discussione una recente ordinanza interlocutoria della Cassazione (Cass. ord. n. 13229/2024). La Suprema corte ritiene che l’orientamento principale, favorevole alla prescrizione, debba essere rivisto sulla base della finalità della costituzione della rendita vitalizia: evitare un danno previdenziale al lavoratore.
La misura, infatti, mira a garantire un trattamento di favore ai lavoratori che rischiano, per effetto del mancato versamento dei contributi da parte del datore e dell’impossibilità del loro tardivo pagamento per intervenuta prescrizione, di perdere la pensione.
Secondo l’ordinanza, la decorrenza, ossia la “deadline” per la richiesta del riscatto, dovrebbe partire dal momento in cui si manifesta il danno al lavoratore: non si tratta del momento della scadenza del termine quinquennale di prescrizione contributiva, ma del momento in cui l’ente previdenziale non riconosce la pensione a causa del mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro.
Le riflessioni e le conclusioni della giurisprudenza potrebbero comunque essere superate in futuro dalla previsione contenuta nel Disegno di legge Collegato lavoro, attualmente in esame alla Camera, secondo cui i lavoratori con mancati versamenti di contributi potranno presentare le richieste di costituzione di rendita vitalizia, con onere a proprio carico, oltre il termine di prescrizione.
Noemi Secci
Iscritta all’albo dei Consulenti del lavoro dal 18 gennaio 2013 è titolare dello Studio Secci.
Esperta in materia di previdenza, ha maturato una lunga esperienza nella consulenza pensionistica, con specifico riferimento alla valutazione del diritto alle prestazioni previdenziali ed al calcolo dei relativi importi.
Partecipa in qualità di relatrice a webinar, corsi e convegni in materia di pensioni.