Quota 100, Ecco come si centrano i 38 anni di contributi
Ok anche al cumulo della contribuzione mista per chi ha carriere lavorative frammentarie. Per aiutare l'uscita si può ricorrere al riscatto o ai contributi volontari.
Una delle principali problematiche che interessano molti lavoratori è comprendere come raggiungere i 38 anni di contributi per andare in pensione con la nuova quota 100. Prima di tutto occorre ricordare che la misura è sperimentale per un triennio e, quindi, interessa coloro che maturano i 62 anni e 38 di contributi entro il 31 dicembre 2021. Si tratta di una combinazione fissa, cioè che non ammette diversi valori rispetto alla sommatoria sopra citata. Per intenderci sono quindi fuori le sommatorie 63 anni + 37 di contributi; 64 + 36; 65 + 35 o 66 + 34. Chi ha meno di 38 di contributi nonostante un'età anagrafica superiore a 62 anni dovrà attendere il perfezionamento di una quota superiore per guadagnare l'uscita.
Il requisito minimo è di 38 anni
Marco è un lavoratore del pubblico impiego con 64 anni e 36 di contributi; anche se ha la quota 100 (64 e 36) non soddisfa il minimo di 38 anni di contributi. Marco dovrà, quindi, attendere altri due anni per usufruire dello scivolo, quando cioè avrà raggiunto 66 anni e 38 di contributi (quota 104). Quasi l'età per andare in pensione di vecchiaia. Maria, invece, è una lavoratrice precoce con 38 anni di contributi e 60 anni di età. Anche lei non potrà accedere subito alla pensione perchè la somma tra età anagrafica e contributiva restituisce il valore 98 (60 + 38) ma avendo già raggiunto il requisito contributivo minimo potrebbe decidere di lasciare il posto di lavoro, magari accettando un incentivo all'esodo da parte del datore di lavoro, ed attendere poi la maturazione del requisito anagrafico. Si presti attenzione però sempre al fatto che lasciare il posto di lavoro prima di aver maturato i requisiti comporta l'accettazione di un rischio: se il prossimo anno la quota 100 dovesse essere cancellata con un decreto simile alla Legge Fornero Maria resterà senza stipendio e senza pensione.
Utile anche il riscatto
Chi non ha il requisito contributivo minimo (38 anni) può valutare la possibilità di ricorrere ad un riscatto della laurea o degli altri periodi ammessi dalla legge (come ad esempio i periodi di contribuzione omessa e prescritta) per ragguagliarlo. Alfredo, ad esempio, che ha 64 anni e 36 di contributi potrebbe centrare l'uscita riscattando due anni del corso di laurea.
Si può già anticipare che nessuna agevolazione per il riscatto dei periodi contributivi è prevista concretamente nel decreto governativo con riferimento alle platee interessate alla quota 100. Non con la cd. pace contributiva che si riferisce esclusivamente ai lavoratori privi di contribuzione al 1996 e che, pertanto, non ricadono nella quota 100. non con la facoltà di riscatto della laurea con oneri agevolati che si rivolge solo ai soggetti con meno di 45 anni di età e che, pertanto, al termine del triennio di sperimentazione della quota 100 non possono aver maturato il requisito anagrafico di 62 anni. Inutile quindi soffermarsi in questa sede su tali misure.
Prosecutori volontari
Chi ha perso il lavoro e si trova nella vicinanze del requisito contributivo minimo può proseguire volontariamente l'assicurazione IVS. Valerio, ad esempio, è un disoccupato con 63 anni e 37 di contributi. A regime attuale dovrebbe attendere i 67 anni per pensionarsi. Anche se non ha periodi da riscattare ai fini pensionistici può pagarsi un anno di contribuzione volontaria, raggiungere i 38 anni di contributi ed attivare così la quota 100.
Contributi figurativi
Ai fini del perfezionamento dei requisiti dei 38 anni sono utili anche i contributi figurativi come ad esempio disoccupazione indennizzata, malattia, mobilità, integrazione salariale, ammortizzatori sociali in deroga, contratto di solidarietà, disoccupazione speciale edile, servizio militare eccetera. Saranno valide anche le maggiorazioni contributive, come ad esempio, quella per gli invalidi civili di cui all'articolo 70 della legge 388/2000 o gli aumenti di servizio connessi ad alcune attività lavorative svolte. L'unico limite che quasi sicuramente rimarrà in vigore è quello previsto dall’art. 22, comma 1, lett. b), legge 153/1969 secondo il quale, per i lavoratori dipendenti nel settore privato, almeno 35 anni di contributi devono essere raggiunti senza considerare la contribuzione da disoccupazione ordinaria e malattia.
Ammesso anche il cumulo
E' importante sottolineare, inoltre, che viene ammessa anche la facoltà di riunire gratuitamente i contributi misti nelle gestioni previdenziali dell'Inps. Oggi, come noto, il cumulo è possibile per raggiungere i 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia e per i 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi le donne) chiesti per la pensione anticipata. Il decreto legge estende tale facoltà anche per integrare i 38 anni di contributi per la quota 100. Dunque anche gli assicurati che hanno carriere frammentarie alle loro spalle possono sommare gratuitamente i diversi periodi contributivi senza dover procedere ad una ricongiunzione onerosa dei periodi assicurativi, cioè senza dover trasferire materialmente i contributi da una gestione all'altra.
Ad Alberto, ad esempio, che ha 62 anni e 36 anni di contributi da lavoro dipendente nel pubblico impiego ed altri due nella gestione separata non coincidenti temporalmente potrà cumulari per raggiungere i 38 anni di contributi per la quota 100. Stessa cosa vale per Francesco che ha 35 anni nella gestione pubblica (ex Inpdap) e 3 anni di contributi frutto di lavoro dipendente nel settore privato.
Unico limite: il cumulo non sarà concesso per sommare i periodi di lavoro nelle casse professionali che, invece, continuano a rimanere cumulabili ai fini dell'accesso alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata. L'unico modo per valorizzare gli spezzoni contributivi nelle casse professionali per la quota 100 è quello di procedere ad una ricongiunzione onerosa ai sensi della legge 45/90 nelle gestioni amministrate dall'Inps.