Rendita Vitalizia, I documenti per provare l'esistenza del rapporto e la sua durata
L'Inps riepiloga i requisiti da soddisfare per riscattare la contribuzione omessa e caduta in prescrizione. La prova documentale è indispensabile per accertare l'esistenza del rapporto di lavoro; quella testimoniale può essere utilizzata, con limiti, solo per provare la durata del rapporto.
La rendita
La rendita vitalizia, come noto, è un istituto finalizzato a porre rimedio alle omissioni contributive, nei casi in cui il recupero sia divenuto impossibile per maturata prescrizione (10 anni dal pagamento). In tali casi, previo versamento della relativa provvista finanziaria da parte del datore inadempiente o da parte del lavoratore, è possibile recuperare a fini pensionistici il relativo periodo caduto in prescrizione. Pagando il relativo onere economico.
In origine la misura si applicava esclusivamente ai lavoratori dipendenti; poi è stata estesa a: familiari coadiuvanti e coadiutori dei titolari di imprese artigiane e commerciali; collaboratori del nucleo diretto coltivatore diversi dal titolare e collaboratori dei nuclei colonici e mezzadri; tutti gli iscritti alla gestione separata per i quali il versamento dei relativi contributi avviene da parte del committente/associante; iscritti alla cassa per le pensioni degli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate, a far data dal 1° gennaio 2020.
La prova del rapporto di lavoro
L'istituto riassume nel documento, in particolare, i requisiti per l'assolvimento dell'onere probatorio un forte ostacolo, come noto, per attivare lo strumento. La Circolare conferma quanto già affermato ormai da anni dalla giurisprudenza di legittimità alla luce anche dell'intervento della Consulta 568/1989 indicando che l'interessato deve fornire necessariamente una prova documentale circa l'esistenza del rapporto di lavoro nella prassi si fa spesso ricorso, a titolo esemplificativo, a documenti quali libretti di lavoro, benserviti, libri paga. L'Inps informa che è valida a determinate condizioni anche la lettera di assunzione, le transazioni giudiziali o stragiudiziali tra datore e prestatore, gli estratti libri matricola o libri presenze (qui i dettagli della documentazione che, pur senza pretesa di esaustività, può essere prodotta).
La prova deve essere altresì certa nel senso che deve riferirsi alla rapporto di lavoro per il quale si intende esercitare il riscatto, deve essere priva di alterazioni o abrasioni e non può essere di formazione esclusiva del beneficiario. Lo scrutinio della documentazione, sottolinea l'Inps, in questa fase è molto rigido: ove persistano, a seguito dell'esame della documentazione prodotta, margini di incertezza, ambiguità, spazi aperti a diverse interpretazioni sulla riferibilità del documento al rapporto di lavoro, alla sua effettività o alla sua natura, le sedi rigetteranno l’istanza. Il criterio è talmente inflessibile che non può ritenersi valida neanche la sentenza che abbia acclarato l'esistenza del rapporto di lavoro per ragioni diverse dalla costituzione della rendita vitalizia basandosi su altri mezzi di convincimento rispetto alla prova documentale.
Al fine di ottenere riscontro circa la documentazione prodotta l'Istituto dovrà, peraltro, che il datore di lavoro (impresa individuale, ditta artigiana, ecc.) fosse esistente nel periodo oggetto della richiesta di costituzione di rendita vitalizia. Tale verifica deve essere svolta attraverso la consultazione delle banche dati Inps, del fascicolo aziendale nonché, a titolo esemplificativo, attraverso visure camerali o documentazione fiscale.
La prova della durata
La prova testimoniale può essere fornita, invece, solo per provare la durata del rapporto di lavoro. Ma comunque entro determinati paletti circa il contenuto e la forma della dichiarazione testimoniale quanto la persona stessa del testimone, affinché l’uso della testimonianza non si risolva in un sovvertimento del principio di prova scritta certa dell’esistenza del rapporto di lavoro.
Il documento illustra che per quanto riguarda il rapporto di lavoro dipendente possono rendere testimonianza solo i colleghi di lavoro regolarmente assicurati nel periodo per il quale rendono testimonianza ed il datore di lavoro.
Per quanto riguarda le gestioni autonome (coltivatori diretti, artigiani e commercianti) la testimonianza può essere effettuata anche dai familiari o altri collaboratori del richiedente. Solo per i CD/CM sono ammessi anche gli operai agricoli regolarmente assunti presso l’azienda confinante con quella dove si assume che il richiedente abbia prestato l’attività di collaboratore, regolarmente assicurati per l’intero periodo. I fornitori sono di regola esclusi dalla prova testimoniale a meno che la prova non sia suffragata da idonea documentazione dell’epoca che comprovi rapporti diretti, continuativi e abituali con l’azienda di appartenenza del richiedente nel periodo chiesto a riscatto.
Da segnalare che è ammessa anche la possibilità di presumere l'omissione contributiva totale quando un documento dell’epoca attesti inequivocabilmente sia la data di inizio sia la data di fine del rapporto di lavoro e il periodo intercorrente fra tali date è completamente scoperto di contribuzione. In tal caso, in via del tutto eccezionale, per tale lasso temporale non saranno richiesti ulteriori elementi di prova circa lo svolgimento della prestazione lavorativa.
La prova della paga
La retribuzione percepita nel periodo oggetto di rendita vitalizia, spiega l'Inps, non può essere provata né con autocertificazione dell'interessato, né mediante testimonianza. Pertanto, nei casi in cui l'interessato non riesca a provarla, andrà utilizzata quella convenzionale.
Documenti: Circolare Inps 78/2019