Riforma Pensioni assente dal DEF
Nel Documento di Economia e Finanza presentato dal Governo Meloni ancora nulla sulla tanto discussa riforma delle pensioni. A fine anno potrebbe ancora succedere qualcosa.
È stato pubblicato in questi giorni il DEF, Documento di Economia e Finanza che in ambito previdenziale ha deluso quanti si aspettavano indicazioni che permettessero di sperare di attuare una riforma strutturale entro fine anno come aveva annunciato a più riprese il Ministro del Lavoro Calderone.
In realtà già da alcune settimane si era capito che nel DEF non ci sarebbe stato nulla sulle pensioni perché dopo i primi due incontri tra Governo e parti sociali vi era stata una brusca interruzione a cui era seguito un inquietante silenzio rotto solo dalla comunicazione fatta a fine marzo da parte del Ministro Calderone di aver firmato il decreto che attiva il cosiddetto Osservatorio per il monitoraggio, la valutazione dell’impatto della spesa previdenziale e l’analisi delle politiche di revisione del sistema pensionistico.
Il tutto sicuramente appare molto interessante per stabilire quanto costa effettivamente la previdenza in Italia anche alla luce di una auspicata divisione tra previdenza ed assistenza nonché per trovare le eventuali misure da adottare per superare Quota 103, con particolare attenzione alla staffetta generazionale sul fronte della flessibilità in uscita e il rilancio della previdenza integrativa.
Sappiamo però per esperienza che questi Osservatori (di cui ancora non si conoscono i componenti) non sono snelli nelle loro operazioni per cui ci vorranno alcuni mesi per arrivare a delle conclusioni e per dare delle indicazioni precise al Governo. Sembra, in pratica, un modo per prendere tempo e procrastinare nei mesi delle decisioni in ambito previdenziale con la logica conseguenza di un ulteriore rinvio all’anno prossimo di quella riforma organica e strutturale che tutti i cittadini aspettano da oltre dieci anni.
Il Governo nel DEF si è rivelato molto prudente, forse anche troppo, impegnando solamente tre miliardi per diminuire il cuneo fiscale dei redditi medio-bassi dei lavoratori dipendenti e rimandando il tutto all’autunno alla presentazione del NADEF ed inserire, eventualmente, alcune modifiche nella legge di bilancio per l’anno 2024. Si spera, in pratica che in questi mesi, complice anche il turismo da sempre ancora di salvezza del sistema Italia ci possa essere un aumento del PIL così da attuare in ambito previdenziale talune modifiche che potrebbero andare nella direzione della flessibilità in uscita mediante, per esempio, la staffetta generazionale.
Eppure, la situazione necessita di interventi immediati. I dati appena forniti dall’ISTAT evidenziano una denatalità sconfortante con numeri che sono ai minimi storici, gli importi delle pensioni per effetto del sistema contributivo in vigore ormai da quasi trent’anni e dei coefficienti di trasformazione troppo bassi, sono ormai al limite della sopravvivenza, c’è una differenza di genere sulle retribuzioni a favore degli uomini superiore al 35%, le donne con l’ultima legge di bilancio sono state quasi azzerate nei numeri per l’accesso all’istituto di Opzione Donna, i costi per il riscatto della laurea sono esorbitanti, la rigidità imposta dalla legge Fornero risulta inaccessibile per molti per uscire dignitosamente dal mondo del lavoro.
Questi sono solo alcuni dei problemi da risolvere in ambito previdenziale. Occorre superare gli interessi partitici e le posizioni ideologiche, occorre una sorta di Piano Marshall in ambito economico/previdenziale aumentando anche i flussi migratori regolati per evitare che nei prossimi venti/trent’anni il sistema previdenziale italiano collassi con conseguenze nefaste per tutti i cittadini.