Riforma Pensioni, Dalla flessibilità ai Precoci. Le ipotesi del Governo
Ma ancora manca il documento ufficiale sulle misure che l'esecutivo intende presentare entro la fine anno per rivedere la Legge Fornero.
Per i lavoratori precoci, in particolare, ci sarebbe un bonus sino al 50% degli anni lavorati tra il 14° ed il 18° anno di età. Vale a dire una maggiorazione convenzione dell'anzianità contributiva sino ad massimo di 2 anni. I quattro anni lavorati nella minore età varranno come sei. Ciò significa, in sostanza, che chi ha lavorato in età minorile potrà uscire dopo 40 anni e 10 mesi di lavoro effettivo invece degli attuali 42 anni e 10 mesi. A prescindere dall'età anagrafica. Meglio ancora per le donne che potrebbero ottenere la pensione anticipata, nella migliore delle ipotesi, dopo 39 anni e 10 mesi di lavoro effettivo. Se a questa misura si aggiunge l'eliminazione della penalità sulle uscite anticipate prima del 62° anno di età che, a legislazione vigente, torneranno dal 2018 il beneficio sarà piuttosto evidente anche se coinvolgerà, in definitiva, solo chi ha svolto lavoro minorile in modo continuativo.
Proprio su questi punti sta proseguendo il lavoro dei tavoli tecnici governo-sindacati. Non a caso il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, ha annunciato ieri la convocazione di un nuovo round politico con i segretari di Cgil, Cisl e Uil tra la fine di luglio e i primi di agosto. Una sorta di tagliando intermedio prima di tirare le somme a settembre quando il Governo deciderà quali misure inserire nella prossima legge di Bilancio. Il confronto «sta procedendo bene» ha affermato ieri Nannicini intervenendo a un seminario sulla previdenza organizzato dalla Uil Trasporti, e l’obiettivo - ha aggiunto - resta ora quello di «trovare un quadro complessivo più o meno condiviso». D’accordo il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, che ha parlato di «spunti positivi di un confronto che è già andato oltre i titoli». Più cauta Susanna Camusso, secondo cui i confronti non possono essere «infiniti e indefiniti».
Resta confermato per ora un intervento sulla flessibilità in uscita per coloro che a tre anni dall'età per la pensione di vecchiaia (la classe dei nati negli anni '51-'53 per il 2017) siano disoccupati o occupati in aziende in crisi o lavoratori che volontariamente decidono di anticipare l'uscita.
Il sistema comunque, per evitare che sui conti dello Stato pesino a breve gli importi erogati nei prossimi anni (e recuperati nel medio periodo), dovrebbe essere quello del prestito con l'intervento del sistema bancario e di quello assicurativo (per tenere conto della premorienza, ovvero del caso nel quale il pensionato dovesse mancare prima di aver restituito tutto il prestito).
In programma ci sarebbe un intervento sulle pensioni minime. Qui le ipotesi in campo sono due: aumentare la platea di coloro cui è riconosciuta la 14esima mensilità (oggi limitata agli assegni fino a 750 euro) o estendere la no tax area. Mentre perde quota l'ipotesi dell'estensione del bonus di 80 euro ai pensionati già previsto per i lavoratori dipendenti con i redditi fino a 26.000 euro l'anno: sarebbe questo un intervento molto costoso dato che i pensionati che prendono cifre inferiori a questo reddito sono circa due milioni (su 16,2 complessivi). Si tratterebbe quindi considerando 13 mensilità di un intervento di almeno due miliardi l'anno. Senza contare che ne sarebbero esclusi i gli incapienti.