Riforma Pensioni, Damiano rilancia: Quota 41 per tutti i lavoratori
L'ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, commenta i dati Inps dell'Osservatorio sulle pensioni. "Il sistema previdenziale è in equilibrio"
A differenza del M5S e della Lega Nord l'ex ministro del Lavoro spiega che il Partito Democratico non ha promesso la cancellazione della Legge Fornero ma la progressione dell'opera di revisione già in parte attuata. “Noi proponiamo – spiega – di rendere strutturale l’Ape sociale, che scade alla fine di quest’anno e che consente di andare in pensione a partire dai 63 anni a chi rientra nelle 15 categorie di lavori gravosi; di prevedere la nona e definitiva salvaguardia per gli esodati e la prosecuzione della sperimentazione di Opzione Donna, utilizzando i risparmi delle risorse già stanziate per queste due misure”. “Inoltre, va migliorata la normativa dei lavoratori precoci: il passo avanti compiuto dal Governo Renzi va completato eliminando il vincolo che consente di poter andare in pensione con 41 anni di contributi (a prescindere dall’età) solo a condizione che si siano svolti dodici mesi di attività prima dei 19 anni. Infine, i 41 anni di contributi non debbono valere soltanto per chi svolge i lavori gravosi come è attualmente: facciamo un altro sforzo con gradualità e con spirito autenticamente realistico e riformista".
Damiano ricorda anche l'attenzione per i giovani: occorre realizzare la pensione contributiva di garanzia per i giovani, rivedere i meccanismi dell’innalzamento dell’età pensionabile, allargare ulteriormente le categorie dei lavori gravosi (come non includere, ad esempio, i ceramisti che svolgono una attività che contiene molte mansioni usuranti: lavoro notturno, ritmi da catena di montaggio, esposizione al caldo e rischio di silicosi)”. Per i giovani che avranno le pensioni liquidate con il sistema contributivo chiediamo che venga abbassato (da 1,5 a 1,2 volte il minimo pensionistico) il limite che consente l’accesso alla pensione”.
Per i giovani il Governo aveva pensato nelle scorse settimane ad un incremento della quota di cumulabilità tra l'assegno sociale e la pensione contributiva in modo tale far raggiungere, ai lavoratori sprovvisti di altri redditi, un assegno minimo di circa 675 euro mensili (qui ulteriori dettagli). A questa misura sarebbe stata abbinata una revisione al ribasso dell'importo soglia richiesto per accedere alla pensione di vecchiaia con 66 anni e 7 mesi unitamente a 20 anni di contributi: da 672 euro al mese a 537 euro consentendo il pensionamento di una ulteriore fascia di lavoratori.