Riforma Pensioni, Governo a caccia di risorse
A poco più di due mesi dalla presentazione della Legge di Bilancio l’Esecutivo non conosce ancora quante risorse potrà impegnare sul capitolo previdenziale
Nel mese di luglio si sono svolti i primi due incontri tecnici dei quattro programmati tra l’Osservatorio sui flussi previdenziali fortemente voluto dalla Ministra Calderone e le organizzazioni sindacali per approfondire alcuni aspetti specifici in merito alle difficili scelte che dovrà operare il Governo in un ambito, quello previdenziale, che impatta così violentemente nella vita dei cittadini. I primi due incontri tenuti l’11 luglio sulla pensione di garanzia dei giovani e il 26 luglio sulla flessibilità in uscita non hanno evidenziato alcuna significativa novità. Presumibilmente neanche gli altri due incontri programmati vale a dire quello del 5 settembre su Opzione Donna e quello del 18 settembre sulla previdenza complementare potranno portare cambiamenti consistenti rispetto alla situazione statica di inizio anno. I rappresentanti dell’Osservatorio si limitano ad ascoltare le proposte delle forze sociali che poi riporteranno all’Esecutivo insieme alle loro osservazioni e indicazioni.
Questo perché, ovviamente, l’Osservatorio non può entrare nel merito delle risorse disponibili cosa che nemmeno l’Esecutivo, al momento, può fare. In nodo delle risorse è l’aspetto più delicato da affrontare. Si confida molto nella stagione turistica, che sta andando benissimo, e che da sempre è stata l’ancora di salvezza del sistema Italia, ma la produzione industriale comincia ad avere qualche battuta d’arresto, il PIL sale meno che nel 2022 e l’inflazione seppure in diminuzione rispetto allo scorso anno viaggia ancora intorno al 6%. Il Governo quindi, aspetterà, la fine di settembre, o meglio la metà di ottobre, con la presentazione della legge di Bilancio per scoprire le proprie carte in ambito previdenziale.
E’, evidentemente, una questione di risorse da impegnare, su un capitolo che, nonostante le dichiarazioni di tutti i politici sia della maggioranza che dell’opposizione sulla necessità di modifiche sostanziali da attuare alla legge Fornero, di fatto il mantenere l’impianto di una legge molto gradita dall’Europa effettuando solo piccoli interventi di maquillage, non dispiace. Se, come fatto filtrare da ambienti governativi, la somma destinata alla previdenza per il 2024 sarà di 1 miliardo e mezzo, rimandando la riforma complessiva all’anno 2025, potranno solamente essere attuati interventi ponte della durata di un anno come la riproposizione della “Quota 103” e dell’Ape Sociale con la speranza che, almeno, ci sia un miglioramento di Opzione Donna relegata, all’attualità, solamente a donne svantaggiate. Se invece si vorrà perlomeno raddoppiare questo importo ed arrivare almeno a tre miliardi si potrebbe intervenire sulla flessibilità in uscita che è il vero problema di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori arrivati ormai al limite del loro impegno lavorativo.
Per intanto, sono stati pubblicati i dati INPS sui flussi previdenziali del 1° semestre 2023 che evidenziano una volta di più che è necessario intervenire immediatamente sull’importo degli assegni previdenziali. Continua, inesorabile, infatti, il trend in diminuzione della media degli importi degli assegni che per effetto dell’introduzione del sistema contributivo a partire dal 1 gennaio 1996, determina importi delle pensioni sempre più bassi. Dopo l’anno 2021 dove l’importo medio era di 1.240 euro lorde al mese, siamo passati all’anno 2022 dei 1.180 euro lordi al mese fino ad arrivare all’importo di 1.168 euro lordi al mese del 1° semestre 2023. Importi al limite della sopravvivenza, che non permettono a chi ha già raggiunto i requisiti della pensione anticipata di uscire dal mondo del lavoro come confermato dalla contrazione del 16,6% di uscite anticipate del 1° semestre 2023 rispetto al 1° semestre dello scorso anno.
Non sarà facile per l’esecutivo, con la necessità di intervenire sulle perequazioni delle pensioni con un costo previsto di circa 8 miliardi e con l’obbligo di cominciare a pagare parte dei 14 miliardi di euro a seguito della sentenza della Corte Costituzionale sulla indifferibilità del pagamento del TFS ai dipendenti pubblici. Vedremo alla fine di ottobre nella presentazione della legge di bilancio 2024 quale strada vorrà intraprendere l’Esecutivo per cercare di risolvere questa tematica così importante nella vita dei cittadini italiani.