Riforma Pensioni, Il Confronto prosegue sul nodo penalizzazioni
Il meccanismo consentirebbe l’uscita anticipata agli “over 63”, garantendo maggiormente, grazie a detrazioni fiscali significative, i disoccupati di lungo corso e i lavoratori in condizioni disagiate a basso reddito.
Nei prossimi tavoli tecnici il Governo illustrerà nel merito le misure indicando anche come dovrà essere spalmato il costo del premio assicurativo contro il rischio pre-morienza. Da verificare, inoltre, come saranno calibrate le detrazioni fiscali che fiscalizzeranno gli oneri della restituzione del prestito per i disoccupati di lungo corso e i lavoratori in condizioni disagiate a basso reddito. Scettici i sindacati che restano spaccati sulla possibilità di introdurre alcuni elementi di flessibilità nel sistema di uscite verso la pensione. La Cigl è nettamente contraria all'ipotesi prestito ed avanza anche la richiesta che sia concesso almeno un anno in più di anticipo, partire cioè dai 62 anni e 7 mesi e non dai 63 anni e 7 mesi come propone il Governo. Più morbide Uil e Cisl che sarebbero favorevoli a penalizzazioni ragionevoli e sostenibili dell'assegno a condizione che le risorse risparmiate siano destinate a finanziare altri capitoli di spesa come quelli dei lavoratori «precoci», dei lavori usuranti, ricongiunzioni onerose e dei caregiver.
Restano poi molti altri temi da esaminare. Soprattutto sulla questione delle ricongiunzioni onerose il Governo sembra disponibile a individuare una soluzione per attenuare i costi anche per dare un sostegno alle generazioni più giovani alle prese con il problema delle carriere discontinue. Quasi sicuramente ci sarà un confronto ulteriore sui temi legati all'importo dell'assegno con una revisione del meccanismo di rivalutazione delle pensioni, estensione della no tax area e misure a sostegno dei pensionati più poveri. I sindacati chiedono in particolare un rimborso ulteriore rispetto a quello previsto dal decreto legge 65/2015 varato dopo la pronuncia della Consulta sulle indicizzazioni congelate dalla riforma Fornero. Il Governo parte dal dato di fatto che nel 2019 si dovrebbe tornare alla perequazione su tre fasce prevista dalla legge 338 del 2000. Si uscirebbe dunque dalle cinque fasce che erano state introdotte dal Governo Letta, prorogate con l'ultima legge di stabilita', e che prevedevano una copertura solo fino al 50% delle pensioni tra le 5 e le 6 volte il minimo.