Riforma pensioni, Il Governo punta al ricalcolo contributivo
Nel quarto incontro tra sindacati e tecnici del governo si è discusso di flessibilità in uscita, soglie per l'assegno sociale e tutele per le categorie più deboli. Disponibilità dell'esecutivo ad abbassare la soglia dei 67 anni, ma solo con il ricalcolo del sistema contributivo. Intanto, l'Inps accumula risparmi per effetto della pandemia.
Riforma delle pensioni, quarto round della trattativa tra i sindacati confederali e i tecnici del governo. L'incontro che si è tenuto il 15 febbraio al Ministero del Lavoro è terminato di nuovo con un esito del tutto interlocutorio, mentre il tavolo politico con il Ministro Andrea Orlando è ancora rinviato a data da destinarsi.
L'unica notizia, se così si vuole definirla, è la generica disponibilità dei tecnici governativi ad affrontare il tema della flessibilità in uscita che peraltro era implicita nella volontà di aprire un confronto con le parti sociali sulla riforma pensionistica e che comunque i rappresentanti dell'esecutivo intendono come ricalcolo del sistema contributivo. Nonostante ciò sono stati positivi i commenti degli esponenti sindacali all'uscita dal confronto con il governo in sede tecnica in cui si è discusso di coefficienti di trasformazione, della riduzione dell'importo soglia richiesto per l'accesso alla pensione anticipata e di vecchiaia contributiva e ulteriori tutele per le categorie deboli.
Si punta al ricalcolo contributivo
L'elemento positivo che Cgil, Cisl e Uil hanno valorizzato al termine dei colloqui con la rappresentanza tecnica del governo è la disponibilità a discutere del come rendere più flessibile in uscita la legge Fornero che tornerà a scattare dopo la parentesi per il solo 2022 di Quota 102. Tuttavia, su questa disponibilità incombe un grande “ma” che è costituito dal fatto che il governo è disponibile a considerare uscite anticipate dal lavoro, ma solo attraverso il ricalcolo del sistema contributivo e quindi con pesanti decurtazioni degli assegni spettanti: ipotesi quest'ultima rifiutata dalla triplice sindacale che propone da sempre il pensionamento con 41 anni contributivi, a prescindere dall'età anagrafica.
Inoltre, al tavolo tecnico si è discusso anche dei coefficienti di trasformazione del sistema contributivo per renderli meno penalizzanti e dell'eliminazione delle soglie del 2,8 e dell'1,5 dell'importo dell'assegno sociale per chi matura la pensione anticipata contributiva con 64 anni o quella di vecchiaia con 67 anni, misure che si dovrebbero accompagnare a ulteriori tutele per categorie fragili come lavoratori con lunghi periodi di disoccupazione, invalidi e chi assiste familiari malati.
Riforma delle pensioni, ipotesi di mediazione e risparmi indotti dal Covid
Al termine di questo quarto round di confronto tra sindacati e governo, c'è chi avanza previsioni ottimistiche di un compromesso su un'uscita 64 anni e non più a 67 come previsto dalla Fornero con una “piccola” penalizzazione del 3% per ogni anno di anticipazione, ma con l'obbligo che l'importo rimanga superiore all'assegno sociale di un determinato numero di volte.
Ma quello che ha colpito gli esponenti sindacali è che questa “vischiosità” del confronto con il governo arrivi in un momento nel quale “autorevoli istituti di ricerca dichiarano che per effetto dell’innalzamento della mortalità a causa della pandemia l’Inps risparmierà in un decennio oltre 11 miliardi”, come ha dichiarato dopo l'incontro il segretario confederale della Cisl, Ignazio Ganga.
In effetti, le maggiori risorse resisi disponibili dovrebbero essere un tema discussione in sede di trattative con le parti sociali per la riforma delle pensioni. Chissà che non se ne parli nel tavolo politico con il Ministro del Lavoro Andrea Orlando ancora da fissare dopo il rinvio del 7 febbraio scorso.