Riforma Pensioni, Poletti smentisce: no ad un prelievo aggiuntivo
Il Ministro smentisce l'ipotesi di un prelievo aggiuntivo sulle pensioni di importo medio-alto per finanziare gli interventi in favore degli esodati.
Kamsin Nella legge di Stabilità non ci sarà «nessun intervento sulle pensioni». Lo ha assicurato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, dicendo di essere stato «frainteso» quando in un'intervista aveva ipotizzato un contributo di solidarietà sulle pensioni di medio importo. Poletti, parlando al meeting di Cl a Rimini, ha spiegato che il suo era un ragionamento «in linea di principio», non certo «un progetto concreto» del governo. Per quanto riguarda il Jobs Act, poi, il ministro ha escluso «una scazzottata sull'articolo 18», perché è l'errore fatto in passato, quando «non abbiamo combinato niente: tante legnate ma risultati zero». La riforma del lavoro può essere migliorata, ma la rotta resta quella di «un disegno organico, di un approccio complessivo».
L'ipotesi di Poletti era quella di inserire un contributo di solidarietà sulle pensioni medio alte (soglia però mai indicata ufficialmente) per finanziare gli interventi sulla Riforma Fornero. Interventi che ora, complice anche il peggioramento dei conti pubblici, sono piu' a rischio. Non a caso la vicenda dei quota 96 della scuola è slittata a data da destinarsi. Sugli esodati, come già anticipato da Pensioni Oggi, il Ministro Poletti aveva indicato di voler inserire, con la legge di stabilità, una soluzione strutturale. Le ipotesi sono prevalentemente due: pensionamenti flessibili a 62 anni e 35 di contributi con una penalità (proposta Damiano-Baretta) oppure il prestito pensionistico, un'ipotesi che sostiene il reddito dei lavoratori maturi che a 4 o 5 anni dalla pensione dovessero perdere il posto.
Lo schema prevede che a questi lavoratori, che avrebbero difficoltà a trovare una nuova occupazione, vada dopo i due anni di indennità di disoccupazione (l’Aspi), un assegno di circa 750 euro al mese per il periodo necessario a maturare i requisiti per la pensione di vecchiaia. Una volta in pensione il lavoratore restituirebbe a rate quello che è di fatto un anticipo della pensione. Insomma una sorta di prestito previdenziale. La perdita sarebbe intorno al 5-6 per cento dell’assegno mensile. Un’operazione che allo Stato costerebbe circa 500-600 milioni l’anno. E ci sarebbe anche un contributo da parte delle aziende interessate per evitare che in questo modo possano surrettiziamente riemergere i prepensionamenti. Sempre che non ci sia l'ennesimo dietrofront.
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