La buonuscita del dipendente riassunto in servizio segue le regole del TFR
La Corte di Cassazione conferma l'operato dell'ente previdenziale che ha assoggettato al regime di TFR l'anzianità di servizio maturata da un lavoratrice riassunta in servizio dopo le dimissioni.
La questione
I supremi giudici erano stati chiamati a decidere sul caso di una dirigente scolastica dimessasi dal servizio nel 2001, riammessa su sua richiesta il 1.9.2002 e cessata definitivamente in data 1.9.2005, tesa ad ottenere la riliquidazione dall'INPDAP del trattamento di fine rapporto ai sensi dell'articolo 4 del Dpr 1032/1973 per il periodo 2002-2005 secondo la disciplina dei dipendenti pubblici assunti prima del 31.12.2000, sul presupposto che la riammissione in servizio costituisse una ripresa del precedente rapporto lavorativo con consequenziale mantenimento della vecchia normativa in materia di indennità di buonuscita. La Corte di prima istanza aveva dato ragione alla lavoratrice ma questa poi era risultata soccombente innanzi alla Corte d'Appello. I giudici di secondo grado avevano, infatti, evidenziando che la riammissione in servizio non costituisce una ipotesi peculiare e distinta tra i modi di costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni per cui la riammissione in servizio era da ascriversi ad una nuova assunzione per la quale, a decorrere dal 31.12.2000, è stata estesa la disciplina di calcolo del t.f.r. prevista dall'art. 2120 del codice civile.
I motivi della decisione
La Corte di Cassazione ha confermato il giudizio della Corte d'Appello precisando che a seguito della contrattualizzazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti, il potere di disporre la riammissione in servizio previsto dall’art. 132 t.u. n. 3 del 1957 si è trasformato in potere privato. Dunque, è stato precisato che l'istituto della riammissione in servizio del dipendente pubblico già dimissionario, ai sensi dell'art. 132 del d.P.R. 3 del 1957 e 516 del d.lgs. 297 del 1994, presuppone la decisione discrezionale dell'amministrazione volta alla verifica del soddisfacimento dell'interesse pubblico con la copertura del posto vacante senza concorso, sicché resta esclusa la configurabilità di un diritto soggettivo all'accettazione di quella che, a seguito della privatizzazione del rapporto di lavoro, è da qualificare in termini di proposta contrattuale.
Secondo i giudici di Piazza Cavour è proprio la necessaria valutazione dell'interesse pubblico che preclude, dunque, la possibilità di ravvisare la continuità tra il nuovo impiego e quello precedente alla riammissione in servizio ed anzi la riammissione determina necessariamente la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro (vd. in tal senso anche la giurisprudenza amministrativa : Cons. St., sez. IV, 5 agosto 2005 n. 4200, in materia di effetti derivanti dal blocco delle assunzioni; Cons. St., sez. V, 16 aprile 1998 n. 458). A fronte di tale ricostruzione dell'istituto l'individuazione della disciplina applicabile per il calcolo del trattamento di fine rapporto non potrà che conformarsi al presupposto della novità del rapporto lavorativo successivo alla riammissione. Dunque il calcolo del trattamento di fine rapporto maturato durante il periodo di riammissione in servizio dovrà essere liquidato in regime di TFR e non più in regime di indennità di buonuscita (IBU).
Secondo i giudici non è ostativo rispetto a tale ricostruzione il contenuto dell'art. 4 del DPR 1032/1973, secondo cui "al dipendente statale, che abbia conseguito il diritto all'indennità' di buonuscita e venga riassunto, spetta la riliquidazione dell'indennità per il complessivo servizio prestato, purché il nuovo servizio sia durato almeno due anni continuativi. La riliquidazione viene effettuata sull'ultima base contributiva. Dal nuovo importo viene detratto quello dell'indennità già conferita e dei relativi interessi composti al saggio annuo del 4,25 per cento per il periodo, computato in anni interi per difetto, intercorrente tra la prima attribuzione e quella definitiva". Occorre, infatti, considerare che l'art. 2 comma 5 della l. 335/1995, norma successiva rispetto al citato art. 4, ha introdotto una nuova disciplina prevedendo che per i lavoratori assunti dal 1 gennaio 1996 alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, i trattamenti di fine servizio, comunque denominati, sono regolati in base a quanto previsto dall'articolo 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto.
Correttamente, dunque, l'Istituto ha calcolato il trattamento di fine rapporto considerando il maturato dalla riammissione alla definitiva cessazione secondo le nuove regole, a prescindere dal ricalcolo dell'importo della buonuscita già corrisposto al momento delle dimissioni rassegnate.