Si sgretola il partito di Vendola Lasciano Migliore e Fava In evidenza
- Roma, 19 giu. - Dopo alcuni scontri interni a causa del decreto Irpef, Sel, il partito di Nichi Vendola, sta subendo delle perdite. Arrivate a Nichi Vendola le dimissioni di Gennaro Migliore capogruppo di Sel alla camera, seguite da quelle di Claudio Fava, vicepresidente della Commissione Antimafia.
"C'e' il pericolo che qualche esponente vada via, non che il partito si spacchi. Le scissioni parlamentari sono altra cosa e spero che Gennaro Migliore torni sui propri passi perche' gli voglio bene e l'ho considerato come un figlio". Lo ha detto il presidente Sel, Nichi Vendola, arrivando nella sede del partito per partecipare alla segreteria che valutera' il da farsi dopo le dimissioni del capogruppo alla Camera. "E' in corso una discussione che riguarda una parte dei parlamentari e non il corpo diffuso di Sinistra e Liberta'", ha aggiunto Vendola. "Credo che abbiamo avuto un chiarimento che possa mettere sul giusto sentiero il nostro partito. Era del tutto legittimo votare si'" al dl Irpef, "partendo dal fatto che quello che non si puo' fare e' trasformare questo passaggio in un pretesto per entrare nella compagine di governo. Distruggere Sel - ha rilevato ancora - sarebbe uno spreco, perche' e' una comunita' esempio di buon governo".
La lettera in cui Gennaro Migliore annuncia le dimissioni dal partito e spiega le sue posizioni "incompatibili con l'appartenenza al nostro partito"inizia cosi': "Care compagne e cari compagni oggi non saro' presente alla riunione del coordinamento nazionale che, tra i punti all'ordine del giorno, discutera' delle mie dimissioni da capogruppo di Sel alla Camera. E' una decisione che ho preso nelle ultime ore e che ha a che vedere con l'interruzione del reciproco rapporto di fiducia che e' seguito alla discussione nel gruppo parlamentare sul decreto Irpef e al successivo voto parlamentare".
"Non ho - scrive Migliore - cambiato idea sul fatto che in un partito si discute liberamente, ma poi si sostiene cio' che la maggioranza decide: come ho fatto nella campagna elettorale e come ho provato a fare in ogni singolo atto parlamentare. Ho pero' cambiato idea, ieri definitivamente, sulla possibilita' che mie posizioni siano compatibili con l'appartenenza al nostro partito. Mi fermo prima. Prima che qualcuno mi chieda improbabili 'riallineamenti' (come se si potesse riallineare un pensiero, un'idea, come qualche rappresentante del gruppo dirigente ha ventilato e non semplicemente constatare la lealta' che ho sempre manifestato in ogni organizzazione in cui ho militato). Prima che alla prossima occasione di dissenso riparta il processo mediatizzato e le accuse di sequestrare la linea.
Percio' rassegno le mie dimissioni irrevocabili dal coordinamento nazionale, da tutti gli organismi in cui sono stato eletto e dal partito stesso". Migliore nella sua lettera torna allo scontro di ieri in Sel. "In primo luogo - scrive Migliore - intendo ribadire che la discussione nel gruppo, per quanto aspra, non ha mai preso la strada dello schierarsi pro o contro il governo, ma si e' confrontata sul significato politico di un voto (numericamente non determinante ai fini dell'approvazione del decreto e quindi non 'sospettabile' di fare da stampella al governo) che qualificasse la nostra azione parlamentare di sinistra di governo.
Il gruppo alla Camera ha votato compatto contro la fiducia al governo perche' questo era il mandato dell'assemblea nazionale. Ha discusso su come votare sul decreto Irpef poiche' l'assemblea non aveva dato nessuna indicazione vincolante, ne' nel documento finale ne' nelle conclusioni del presidente del partito". "Al momento del voto nel gruppo - continua - ho inteso rassegnare le mie dimissioni poiche' non condividevo la proposta di astenerci, avanzata fin da subito dal coordinatore del partito e poi ribadita da Vendola, per poter esprimere in piena liberta' il mio pensiero, ovvero che un provvedimento che contiene una misura di sostegno a 10 milioni di lavoratori, come quella degli 80? e altri positivi provvedimenti, dovesse far parte delle 'nostre' rivendicazioni e che, se fossimo stati al governo, noi stessi avremmo promosso.
Successivamente il gruppo ha votato seguendo l'indicazione maggioritaria espressa al suo interno, a parte due astensioni motivate 'in rappresentanza di altri'. Tale votazione e' stata prima rivendicata e poi additata come un grave errore politico, fino al punto di accusare il gruppo stesso di 'sequestrare la linea del partito'. Mi chiedo cosa si intenda per 'sequestro della linea', visto che di un singolo provvedimento si stava discutendo e che si era appena votata la sfiducia (pur esistendo tra noi, a partire da chi parla, una posizione pubblica che ha sempre richiesto di aprire una riflessione sulla nostra collocazione rispetto al governo).
Se si intendesse che 'l'intenzione' di chi propone di votare a favore di un provvedimento sia la premessa per cambiare l'opzione politica voluta dalla maggioranza si sta distorcendo la realta', anche perche' tra coloro i quali si sono espressi per il si al provvedimento non c'e' un automatismo tra quella scelta e il ragionamento sulla collocazione rispetto al governo. Inoltre, vista la immediata sanzione della "gravita'" del voto favorevole, resta difficilmente comprensibile il motivo per cui tutti l'abbiano votato. Claudio Fava, vicepresidente della Commissione Antimafia, con una lettera ha comunicato oggi pomeriggio al presidente di Sel, Nichi Vendola, le proprie irrevocabili dimissioni dal partito. "Ti comunico - scrive Fava a Vendola - la decisione di dimettermi da Sinistra Ecologia e Liberta'. Una scelta dolorosa e insieme inderogabile. Dolorosa per chi, come me, ha immaginato, fortemente voluto e partecipato alla fondazione di Sinistra Ecologia e Liberta'. Inderogabile per la distanza che ormai separa Sel dal suo progetto originario". "La scelta congressuale e le decisioni di questi mesi - aggiunge - ci hanno portati ad abbandonare il terreno della nostra sfida politica naturale che era quello del socialismo europeo.
Abbiamo preferito una collocazione in Europa e una pratica politica in Italia di forte arroccamento identitario. Una marginalita' che ci rende inadeguati rispetto all'ambizione che c'eravamo dati: costruire una forza autonoma della sinistra impegnata in un cambiamento del paese e nella ricostruzione di uno spazio politico largo, plurale, responsabile". "Sono venute meno le condizioni per continuare questa strada insieme", osserva Fava. "Permettimi solo di chiarire, anticipando il florilegio di interpretazioni che questa decisione raccogliera', che questa non e' una scorciatoia verso altri partiti. La differenza che tu proponi oggi sui giornali tra 'renziani' e 'non renziani' e' una semplificazione ingenerosa e grossolana.
La scelta, per me, non e' tra la rassegnazione a una deriva minoritaria in cui non mi riconosco piu' e l'adesione a un'altra forza politica: esiste anche il primato della propria coerenza e soprattutto della propria autonomia. Senza alcuna subalternita' nei confronti di nessuno", conclude.