La Corte di Cassazione ha rigettato con queste motivazioni nella sentenza 13463/2019 il ricorso di un coadiutore che aveva chiesto il riscatto ai fini pensionistici di alcuni anni (1967-1974) di collaborazione prestata nel ristorante del padre durante la frequenza di un corso di studi. L'occasione è utile ai giudici per stressare ancora una volta l'estrema rigorosità delle prove necessarie per definire un'istanza di costituzione della rendita vitalizia con successo.
In particolare l'applicazione dell'art. 13 della legge n. 1338/1962 anche a favore dei familiari coadiutori e coadiuvanti degli imprenditori artigiani e commerciali comporta, naturalmente l'estensione ai predetti soggetti del regime probatorio previsto per i lavoratori dipendenti. Da ciò consegue che l'accoglimento delle domande di costituzione di rendita vitalizia è subordinato alla presentazione di documenti di data certa dai quali possa evincersi l'esistenza dei rapporti di lavoro. In altri termini la prova documentale deve interessare non solo l'esistenza di un rapporto di lavoro ma anche la sua qualificazione in termini di subordinazione (o nel caso di specie di attività resa quale coadiutore del familiare commerciante), mentre - a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale numero 568/1989 - è lasciato aperto il campo alla prova testimoniale, e quindi anche a quella presuntiva, solo in ordine alla sua durata e alla retribuzione. Il lavoratore, nel caso di sottoposto alla corte, pretendeva invece di dedurre l'esistenza del rapporto di lavoro tramite una serie di elementi presuntivi tra cui alcune fotografie che lo ritraevano mentre svolgeva l'attività di servizio ai tavoli, la scrittura di suo pugno dei menu del giorno, la consegna degli scontrini ai clienti. Nessuna prova scritta era stata, invero, fornita circa l'esistenza del rapporto di lavoro.
La documentazione valida
E' opportuno ricordare che l'Inps ammette come prova scritta valida ai fini della costituzione della rendita vitalizia: 1) l'atto costitutivo dell’impresa familiare e conseguente dichiarazione dei redditi di partecipazione; 2) le attestazioni delle Commissioni provinciali da cui risulti l’iscrizione del familiare ai fini dell’assicurazione I.V.S; 3) le attestazioni dell’Ispettorato del Lavoro; 4) le risultanze degli archivi dell’Istituto circa la sussistenza del rapporto assicurativo ancorché in assenza dell’accredito contributivo e consimile documentazione (Cfr Circolare Inps 31/2002).
La facoltà di costituire la rendita riguarda, peraltro, i familiari dell'iscritto che lavorino abitualmente e prevalentemente nell'azienda e che non siano già compresi nell'obbligo assicurativo in quanto contitolari dell'impresa o in quello previsto dalle norme vigenti per l'assicurazione obbligatoria in quanto lavoratori subordinati. La rendita vitalizia non può quindi essere concessa nei casi in cui la quota di reddito attribuita al richiedente, rispetto al reddito globale dell’impresa, porti ad escludere lo status di coadiuvante. Né può essere concesso a coloro che risultino proprietari di quote sociali. Nell’ambito delle imprese familiari è utile precisare che la prestazione resa dal collaboratore deve configurarsi continuativa, abituale e prevalente; deve essere quindi prestata in maniera regolare e sistematica e non saltuaria.
La Corte di Cassazione ha sostanzialmente accolto l'esito dei giudizi di merito, secondo i quali il ricorrente non aveva soddisfatto l'onere della prova documentale ed ha pure escluso che fosse stata fornita prova dell'espletamento di attività qualificabile come prestazione resa all'interno dell'impresa del familiare con i prescritti caratteri di continuità e prevalenza rispetto all'attività di formazione scolastica resa dall'interessato all'epoca oggetto di causa.