Per la prestazione è necessario avere accertata una invalidità da cui deriva una perdita della capacità lavorativa di oltre due terzi. Bisogna avere, inoltre, almeno 5 anni di contributi versati nell'AGO.
Kamsin L'assegno ordinario di invalidità è una prestazione economica, non reversibile, erogata ai lavoratori iscritti all'AGO e in alcuni fondi sostitutivi con infermità fisica o mentale, che determini una riduzione, superiore ai 2/3, della capacità lavorativa. Per avere diritto alla prestazione, inoltre, è necessario che il lavorare abbia avuto accreditati cinque anni di contribuzione, di cui tre nel quinquennio precedente alla data di presentazione della domanda amministrativa. La prestazione è regolata dalla legge 222/1984 e non va confusa con l'assegno di invalidità civile (articolo 13, legge 118/1971) che è invece una prestazione assistenziale, slegata dai contributi versati ed ottenibile dai soggetti che rispettano determinati requisiti reddituali.
Vediamo dunque di esaminare i principali aspetti di tale disciplina.
I destinatari. L'assegno ordinario di invalidità può essere chiesto dai lavoratori dipendenti , dagli autonomi e dai lavoratori parasubordinati mentre non può essere ottenuto dai lavoratori del pubblico impiego per i quali restano in vigore discipline speciali. Non esiste un requisito anagrafico per il conseguimento della prestazione ma solo il requisito medico-legale ed uno contributivo.
Il requisito medico legale. Per avere diritto all'assegno, ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 2 della legge 222/1984, è necessario che l'assicurato abbia una capacità di lavoro ridotta in modo permanente, a causa di infermità o di un difetto fisico o mentale, a meno di un terzo. Si tenga presente, tuttavia, che l'esistenza del requisito medico-legale deve essere effettuata in relazione all'attività lavorativa confacente alle capacità dell'assicurato. In tale quadro, pertanto, non è possibile porre a fondamento della determinazione dell'invalidità le tabelle previste per la valutazione dell'invalidità civile. Queste ultime infatti sono dettate per l'acccertamento della diminuzione della capacità di lavoro generica mentre per l'assegno di invalidità è necessario verificare la diminuzione della capacità di lavoro in occupazione confacenti alle attitudini specifiche dell'assicurato.
Detto questo il diritto all'assegno sussiste anche nei casi in cui la riduzione della capacità lavorativa, nella misura appena indicata, preesista al rapporto assicurativo, perchè vi sia stato un successivo aggravamento o siano sopraggiunte nuove infermità.
Il requisito contributivo. L'ulteriore requisito necessario per il riconoscimento dell'assegno di invalidità è quello cosiddetto contributivo. L'assegno infatti può essere attribuito ai lavoratori assicurati che siano iscritti al fondo da almeno 5 anni e che risultino accreditati o versati a loro favore almeno 5 anni di contribuzione di cui 3 nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda amministrativa con la quale si chiede la prestazione.
A tali fini vanno esclusi secondo l'articolo 37 del Dpr 818/1957, i periodi di assenza per astensione facoltativa dopo il parto, oggi il congedo parentale; i periodi di lavoro subordinato all'estero che non siano protetti agli effetti delle assicurazioni interessati in base a convenzioni o da accordi internazionali; i periodi di servizio militare eccedenti il periodo corrispondente al servizio di leva; i periodi di malattia superiori ad un anno, i periodi di iscrizione a forme di previdenza obbligatorie diverse da quelle sostitutive dell'assicurazione Ivs per i quali sia stabilito altro trattamento obbligatorio di previdenza, quando non diano luogo a corresponsione di pensione. Al verificarsi di uno di questi eventi, i periodi corrispondenti vengono considerati neutri ai fini della determinazione del requisito contributivo. Ciò comporta che l'arco temporale per la determinazione del quinquennio lavorativo e l'individuazione del triennio di contribuzione necessaria per il perfezionamento del requisito va retrodatato per un lasso di tempo corrispondente al periodo neutro.
La decorrenza. La prestazione avrà, in caso di sussistenza sia del requisito contributivo che di quello medico-legale, decorrenza dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda amministrativa.
La valenza figurativa dei periodi di fruizione dell'assegno. Nell'ipotesi in cui, per qualsiasi motivo, l'assegno ordinario di invalidità viene a cessare, i periodi di godimento della medesima prestazione nei quali non si è stata prestata attività lavorativa, vengono considerati figurativamente utili ai fini del conseguimento dei requisiti di contribuzione per un eventuale altro riconoscimento dell'assegno o per il conseguimento della pensione di vecchiaia. In tale ipotesi il riconoscimento è utile solo ai fini del diritto ma non della misura della prestazione. L'agevolazione, tuttavia è attribuibile solo ai lavoratori dipendenti e non ai prestatori di lavoro autonomo.
La durata dell'assegno. La prestazione previdenziale è riconosciuta per un periodo di tre anni ed è confermabile, su domanda del titolare, per periodi della stessa durata qualora permangano le condizioni medico legali che diedero luogo alla liquidazione. La domanda di conferma va presentata entro i 6 mesi dalla data di scadenza del triennio e sino al 120° giorno successivo alla scadenza medesima. Dopo tre riconoscimenti consecutivi l'assegno di invalidità è confermato automaticamente, ferma restando la facoltà di revisione. Da ciò consegue che dopo il terzo riconoscimento continuo non è piu' necessario presentare all'Inps la domanda di conferma dell'assegno.
La revisione. Secondo quanto dispone l'articolo 9 della legge 222/1984 l'Inps può in qualsiasi momento (e quindi sia nel corso dei primi tre trienni che dopo la conferma definitiva) sottoporre il titolare della prestazione ad accertamenti medico legali per la revisione dello stato di invalidità. Normalmente tale verifica viene rimessa la libera determinazione dell'ente previdenziale. La revisione, invece, deve essere necessariamente disposta nell'ipotesi in cui risulti che nell'anno precedente il titolare della prestazione abbia percepito un reddito da lavoro dipendente, con esclusione di trattamento di fine rapporto, ovvero un reddito da lavoro autonomo o professionale o d'impresa per un importo lordo annuo, al netto dei soli contributi previdenziali, superiore a tre volte l'ammontare del trattamento inps minimo (cioè per il 2015 circa i 1500 euro al mese).
L'Importo. L’assegno è calcolato sulla base dei contributi effettivamente versati. Il sistema di calcolo è misto se c'era contribuzione antecedente il 1996 secondo quanto prevedono le regole generali: retributivo sino al 2011 se c'erano almeno 18 anni di contributi accreditati entro il 31.12.1995 e contributivo sulle quote successive; oppure, se c'erano meno di 18 anni di contributi al 31.12.1995, il calcolo contributvo scatta su tutte le quote successive al 1° gennaio 1996. Per gli iscritti successivi al 1996 il calcolo è tutto contributivo.
Per quanto riguarda il calcolo effettuato con il sistema contributivo si deve prendere a base il coefficiente di trasformazione corrispondente al 57 esimo anno di età ove l'assicurato abbia un'età inferiore a quella appena indicata.
Integrazione al minimo. Qualora l'assegno risulti inferiore al trattamento minimo delle singole gestioni, lo stesso potrà essere integrato al trattamento minimo della gestione stessa. L'integrazione comunque non spetta ai soggetti che posseggono redditi propri assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche per un importo superiore a due volte l'ammontare annuo della pensione sociale. Per i soggetti coniugati e non separati legalmente, l'integrazione non spetta qualora il reddito, accumulato con quello del coniuge, sia superiore a tre volte l'importo della pensione sociale. Dal computo di tali redditi va escluso quello derivante dalla casa di abitazione.
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