Com'è noto, infatti, in base alla riforma Dini il montante contributivo (quel tesoretto che viene annualmente messo da parte dai lavoratori con il versamento dei contributi previdenziali) viene annualmente rivalutato in base all'andamento della crescita nominale del prodotto interno lordo degli ultimi 5 anni (il cd. tasso di capitalizzazione). Il tasso di rivalutazione si applica alla parte contributiva della pensione, e quindi è importante per chi ha iniziato a versare i contributi dal 1996, perché la sua pensione sarà calcolata interamente con il metodo contributivo; meno impattante per chi aveva meno di 18 anni di contributi nel 1995, in quanto soggetto al sistema misto (retributivo-contributivo); ancor meno significativo per chi aveva più di 18 anni di contributi nel 1995 dato che il metodo contributivo si applica solo ai versamenti effettuati dal 2012 in poi.
Il documento ministeriale certifica dunque la ripresa della rivalutazione del montante dopo il dato negativo del 2015 che costrinse il Governo a correre ai ripari con il decreto legge 65/2015. Lo scorso anno, infatti, a fronte di una svalutazione teorica dello 0,1927% (causata dal tonfo del Pil italiano nel quinquennio precedente), i montanti contributivi sono rimasti intatti ricorrendo all'applicazione di un tasso di rivalutazione nominale pari ad 1. In teoria la legge prevede che la mancata svalutazione si recuperi l'anno successivo, ma in sede di prima applicazione della misura, cioè quest'anno, non si fa luogo al recupero. Pertanto, il coefficiente di capitalizzazione da utilizzare per la rivalutazione del montante nel 2016 non ha subito alcuna decurtazione. Solo qualora si verifichi nuovamente una variazione quinquennale del PIL inferiore all’unità si procederebbe al recupero su una o più delle capitalizzazioni successive per le quali il coefficiente è maggiore di 1. Qui sotto, dunque, la tavola dei coefficienti di capitalizzazione delle pensioni aggiornati al 2016.