La novità coesisterà sia con la facoltà di ricongiunzione sia di totalizzazione nazionale (prevista dal Dlgs 42/2006) dato che questi due strumenti non sono stati abrogati, e continueranno a restare disponibili per i lavoratori ove, evidentemente, risultino più convenienti. A seconda della carriera lavorativa dell'interessato, infatti, la ricongiunzione potrebbe risultare più vantaggiosa. Si pensi ad esempio ad un lavoratore iscritto presso una gestione pubblica che voglia ricongiungere un periodo antecedente al 1992 accreditato presso l'AGO come lavoratore dipendente: la ricongiunzione presso la gestione pubblica potrebbe fargli acquisire una quota A di pensione superiore rispetto all'assicurazione comune in quanto in tale gestione le aliquote di rendimento delle anzianità contributive antecedenti al 1992 risultano più favorevoli. Inoltre per la determinazione della retribuzione pensionabile su tale quota si continuerà a fare riferimento all'ultimo stipendio percepito invece che alla media degli ultimi cinque anni previsti nell'AGO. Insomma in taluni casi la ricongiunzione potrebbe essere più conveniente rispetto al cumulo in quanto in grado di far incrementare il reddito pensionistico del lavoratore. Bisogna dunque prestare attenzione a tenere presente vantaggi e svantaggi dell'operazione.
La restituzione degli oneri di ricongiunzione
Con l'introduzione del cumulo la legge di bilancio, inoltre, ha previsto un regime transitorio che consente al lavoratore di recedere dalla domanda di ricongiunzione ed ottenere la restituzione di quanto già versato, a condizione che non si sia perfezionato il pagamento integrale dell'importo dovuto. L'esercizio della facoltà di recesso in parola è consentita ai soli lavoratori che hanno raggiunto entro il 1° gennaio 2017 i requisiti per l'esercizio del cumulo sopra descritti (anche a prescindere dalla contestuale richiesta di cumulo). La restituzione di quanto versato verrà effettuata a decorrere dal dodicesimo mese dalla data della richiesta di rimborso in quattro rate annuali, non maggiorate di interessi. La facoltà di recesso dovrà essere presentata dall'interessato, indica l'Inps, entro il 1° gennaio 2018 (anche in forma tacita sospendendo i versamenti rateali) e semprechè la ricongiunzione non abbia già dato titolo alla liquidazione del trattamento pensionistico. Si tenga presente che, secondo quanto previsto dall'articolo 1, co. 195 della legge 232/2016 la facoltà di recesso riguarda solo i periodi ricongiunti ai sensi della legge 29/1979 cioè solo quelli in entrata o in uscita verso l'assicurazione generale obbligatoria e le gestioni sostitutive ed esclusive della stessa mentre lascia fuori dal perimetro del recesso i periodi ricongiunti in entrata o in uscita verso le casse professionali ai sensi della legge 45/1990. Una limitazione piuttosto significativa.
Coloro che hanno pagato integralmente l’onere di ricongiunzione non possono comunque recedere dalla ricongiunzione allo scopo di ottenere la restituzione di quanto versato. Del pari, non può formare oggetto di recesso la ricongiunzione che abbia dato luogo alla liquidazione di una pensione, sebbene su di essa vengano compiute trattenute a titolo di rate d’onere di ricongiunzione.