Notizie
Pensioni, ok alla pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi
I lavoratori che hanno perfezionato 15 anni di contributi entro il 31 dicembre 1992 oppure coloro che sono stati autorizzati ai volontari entro tale data potranno accedere alla pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi anzichè 20.
Kamsin Resta salva la possibilità per alcuni lavoratori di accedere alla pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi. L'Istituto di Previdenza, con la Circolare Inps 16/2013, ha chiarito infatti che resta in vigore, anche dopo la Riforma Fornero del 2011, la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi in deroga alla disciplina vigente che, com'è noto, chiede almeno 20 anni di contribuzione accreditata. Si tratta dei cd. quindicenni, per lo più donne, e lavoratori con attività discontinue (servizi domestici e familiari, lavoratori agricoli, lavoratori dello spettacolo).
I lavoratori interessati - Sono esonerati dal nuovo requisito dei 20 anni i lavoratori che hanno perfezionato 15 anni di contributi entro il 31 dicembre 1992 oppure coloro che sono stati autorizzati ai volontari prima del 31 dicembre 1992. L'elevazione dei requisiti di assicurazione e di contribuzione non opera altresì nei confronti di coloro che, lavoratori dipendenti iscritti all’Inps per almeno venticinque anni avessero la copertura contributiva parziale dell’anno, vale a dire meno di 52 settimane per almeno dieci anni. In tutto, secondo le stime dell'Inps, sono 65mila i lavoratori che si trovano in queste condizioni e che dunque potranno beneficiare della deroga.
L'età per la pensione è quella Fornero - Gli interessati devono perfezionare il requisito anagrafico per accedere alla pensione di vecchiaia. Requisito che, tuttavia, non sfugge alle novità della riforma Fornero, in quanto non incluso nella deroga della riforma Amato. Pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2014, i lavoratori interessati potranno conseguire la pensione di vecchiaia, con almeno 15 anni di contributi al 1992, compiendo un'età pari a: 63 anni e 9 mesi per le lavoratrici dipendenti; 64 anni e 9 mesi per le lavoratrici autonome; 66 anni e 3 mesi per i lavoratori dipendenti, le lavoratrici dipendenti del settore pubblico, i lavoratori autonomi.
Zedde
Riforma Pensioni, ok allo stop delle penalizzazioni per i lavoratori preoci
E' passato l'emendamento di Maria Luisa Gnecchi (Pd) al ddl Stabilita' che elimina alcune penalizzazioni per chi andava in pensione prima dei 62 anni pur avendo maturato i contributi (42 anni e 6 mesi se uomo e 41 e 6 mesi se donna). Kamsin La misura, secondo quanto si apprende dalle agenzie di stampa, non dovrebbe essere retroattiva e avra' effetto sui trattamenti pensionistici a partire dal primo gennaio 2015 e varra' soltanto per i soggetti che maturano i requisiti di anzianita' contributiva entro il 31 dicembre 2017. La copertura e' indicata in 15 milioni per il 2015; 30 milioni per il 2016 e 50 milioni per il 2017.
L'emendamento al ddl di stabilità è passato in Commissione Bilancio a Montecitorio e sarà discusso da domani in Aula. Nelle prossime ore l'approfondimento di pensionioggi.it sulla misura.
Zedde
Canone Rai in Bolletta, il Governo frena: "tempi troppo stretti"
"Tempi troppo stretti", fanno sapere fonti del governo, ma la riflessione in atto per ridurre e semplificare il canone Rai rimane strategica per il 2016.
Kamsin La riflessione in atto per ridurre e semplificare il canone Rai, fanno sapere fonti di Palazzo Chigi, è strategica ma appare improbabile che l’ipotesi di mettere il canone in bolletta possa maturare entro questa legge di stabilità visti i tempi tecnici troppo stretti. Una presa d’atto che smentisce dunque le parole del sottosegretario all’Economia Antonello Giacomelli che ieri aveva indicato la volontà di presentare in Senato un emendamento alla legge di stabilità per inserire il pagamento del canone rai in bolletta.
La Riforma Slitta al 2016 - Dunque salta l’emendamento che si stava mettendo a punto e che doveva essere presentato in Senato. La riforma slitterà al 2015 e, forse, entrerà in vigore l’anno successivo. Legare, poi, il canone all'Irpef (una opzione della quale si era molto parlato nei giorni scorsi) è un meccanismo «complesso e farraginoso» dicono fonti di Governo.
I punti Chiave della Riforma - Lo schema prevede un canone standard di 65 euro con l'applicazione di una esenzione per le famiglie con Isee inferiore a 7.500 euro all’anno. Il canone però non sarà non più legato al possesso del televisore ma all’attivazione dell'utenza elettrica. Dunque il canone si pagherà anche se non si ha un televisore ma solo un pc, laptop, tablet, smartphone. E starebbe al cittadino, inviando una lettera formale all’Amministrazione, prendersi la responsabilità di dichiarare di non essere in possesso di alcuno di questi strumenti tecnologici. Con la conseguenza di poter ricevere la visita della Guardia di Finanza per le verifiche del caso. Un altro punto delicato che dovrà essere sciolto nelle prossime settimane è quello che riguarda le seconde case. Sul punto ancora non è chiara l'indicazione del Governo.
Zedde
Riforma Pensioni, ecco l'emendamento del Governo
Il Governo ha depositato ieri in Commissione Bilancio alla Camera dei Deputati un emendamento che mira a bloccare le pensioni d'oro dei "grand commis" di Stato.
Kamsin Stop al cumulo dei vantaggi tra il sistema retributivo e contributivo dei "grand commis" di stato. Le economie derivanti dalla misura affluiranno in un apposito Fondo, istituito presso l'INPS, finalizzato a garantire l'adeguatezza delle prestazioni pensionistiche in favore di particolari categorie di soggetti, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
E' questo quanto prevede, in sintesi, l'emendamento al ddl di stabilità depositato ieri in Commissione Bilancio a Montecitorio dal Governo. La proposta, come già anticipato ieri, mira ad impedire la possibilità di maturare una pensione superiore all'80% dell'ultima busta paga, limite previsto originariamente dalla Riforma Dini (legge 335/1995), per coloro che erano nel sistema retributivo ed hanno scelto di proseguire l'attività lavorativa anche dopo l'introduzione della Legge Fornero. Secondo le stime si tratta di circa 160 mila lavoratori che, grazie a stipendi particolarmente elevati e a coefficienti di trasformazione alti dovuti all'età avanzata, con il sistema contributivo possono ora accedere a prestazioni anche complessivamente superiori al 110-115% dell’ultimo stipendio.
Questo il testo dell'emendamento governativo
All'articolo 24, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In ogni caso, l'importo complessivo del trattamento pensionistico non può eccedere quello che sarebbe stato liquidato con l'applicazione delle regole di calcolo vigenti prima dell'entrata in vigore del presente decreto computando, ai fini della determinazione della misura del trattamento, l'anzianità contributiva necessaria per il conseguimento del diritto alla prestazione, integrata da quella eventualmente maturata fra la data di conseguimento del diritto e la data di decorrenza del primo periodo utile per la corresponsione della prestazione stessa».
2. Resta in ogni caso fermo il termine di ventiquattro mesi di cui al primo periodo dell'articolo 3 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni e integrazioni per la liquidazione dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, per i lavoratori che accedono al pensionamento ad età inferiore a quella corrispondente ai limiti di età, con esclusione delle cause di cessazione di cui al comma 5 del predetto articolo 3.
3. Le economie, da accertare a consuntivo sulla base del procedimento di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, derivanti dall'applicazione del comma 1 affluiscono in un apposito Fondo, istituito presso l'INPS, finalizzato a garantire l'adeguatezza delle prestazioni pensionistiche in favore di particolari categorie di soggetti, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Con il medesimo decreto si provvede altresì a definire i criteri e le modalità di utilizzo delle risorse del Fondo in favore delle predette categorie di soggetti.
I lavori della commissione Bilancio termineranno oggi per l'ora di pranzo. All'esame mancano ancora un centinaio di emendamenti. Il provvedimento e' atteso in Aula da giovedi' 27 novembre e dovrebbe essere licenziato con voto di fiducia entro il fine settimana. Oggi il governo dovrebbe presentare l'emendamento che riduce il taglio ai patronati.
Zedde
Articolo 18, passa il Jobs Act alla Camera con 316 sì
Quaranta deputati del Partito democratico (su un gruppo di 307 componenti) non hanno votato il Jobs act, due hanno detto no al testo, altri due si sono astenuti. Il Governo accelera per far partire le nuove regole sull'articolo 18 e sugli indennizzi dal 1° gennaio 2015.
Kamsin E' passato con 316 si' e 6 no il 'Jobs act' alla Camera. Il bassissimo numero di voti contro si completa con l'uscita dall'Aula di una larga fetta delle opposizioni, e una nutrita pattuglia di deputati Pd, che hanno manifestato cosi' il loro dissenso.
Segnalano che "l'impianto complessivo del provvedimento rimane non convincente" e mettono nero su bianco che "riteniamo non ci siano le condizioni per un nostro voto favorevole e non parteciperemo al voto finale sul provvedimento". A dirlo sono i 29 Pd firmatari del documento 'Perche' non votiamo il Jobs act'. Questi i nomi dei dissenzienti: Agostini, Albini, Argentin, Bindi, Bray, Boccia, Carra, Capodicasa, Cenni, Cimbro, Cuperlo, D'Attorre, Farina, Fassina, Fontanelli, Fossati, Galli, Gregori, Iacono, Laforgia, Malisani, Miotto, Marzano, Mognato, Pollastrini, Rocchi, Terrosi, Zappulla, Zoggia. "I diritti di chi lavora, i diritti di chi un lavoro lo cerca: alla fine di una discussione seria e che rispettiamo noi non possiamo votare a favore del jobs act", si legge nel testo dei 29.
Il provvedimento passa ora al Senato in terza lettura per il via libera definitivo. Il testo è stato infatti modificato dalla commissione Lavoro, dove sono stati approvati gli emendamenti frutto dell'accordo tra governo e minoranza Pd. L’approdo in Aula al Senato è previsto per il 3 o 4 dicembre. L'accordo raggiunto dalle forze della maggioranza (Pd e Ncd) è blindato, ecco perché non sono previste ulteriori modifiche al testo della legge delega.
I nuovi indennizzi in caso di licenziamento - A Palazzo Chigi ha tenuto comunque oggi banco il tema degli indennizzi in caso di licenziamento ingiustificato per le piccole imprese. Due le ipotesi in campo per evitare che le imprese che occupano fino a 15 dipendenti, esonerate dall'applicazione dell'articolo 18 della legge 300/1970, possano essere penalizzate dell'applicazione delle nuove regole che indicano, secondo le bozze che circolano, un risarcimento sino a 36 mensilità in relazione all'anzianità di servizio del lavoratore.
La prima ipotesi sul tavolo di Palazzo Chigi è quella di circoscrivere il campo di applicazione degli indennizzi previsti dalla Riforma solo alle imprese con oltre 15 dipendenti alle quali, attualmente, si applica l'articolo 18. Le piccole imprese sarebbero pertanto escluse. L'altra ipotesi è quella di prevedere indennizzi dimezzati e comunque di inserire un tetto massimo pari a sei mensilità a carico delle PMI che licenziano ingiustificatamente.
Zedde
Altro...
Esodati, via libera alle domande online per la sesta salvaguardia
L’istituto di previdenza comunica la disponibilità delle nuove applicazioni per l’acquisizione delle richieste di verifica del diritto a pensione e delle domande di pensione di anzianità o di vecchiaia per la salvaguardia prevista dalla legge 147/2014.
Kamsin "Per anticipare la fase di accertamento dei requisiti di accesso alla pensione ai sensi della sesta salvaguardia, la domanda di verifica del diritto a pensione può essere inoltrata anche dai lavoratori tenuti alla presentazione dell’istanza alle Direzioni territoriali del lavoro". E' quanto ha precisato l'Inps con il messaggio Inps 8838/2014 dello scorso 18 Novembre con il quale l'Istituto sottolinea che tale istanza si aggiunge, e non si sostituisce a quella da presentare alla Direzione territoriale del lavoro.
I lavoratori che per accedere alla sesta salvaguardia devono inviare la domanda alle direzioni territoriali del Lavoro, al fine di accelerare i tempi potranno, pertanto, inoltrare una richiesta anche all’Inps.
Con il messaggio citato l’istituto di previdenza comunica, quindi, in attesa della pubblicazione delle disposizioni operative, la disponibilità delle nuove applicazioni per l’acquisizione delle richieste di verifica del diritto a pensione e delle domande di pensione di anzianità o di vecchiaia per la salvaguardia prevista dalla legge 147/2014. Il nuovo strumento è disponibile online sia per i patronati che direttamente per i cittadini.
La procedura online può essere utilizzata anche per i potenziali salvaguardati che devono essere gestiti solo dall’Inps, cioè quelli in mobilità e gli autorizzati alla contribuzione volontaria - lettere a) e b) dell'articolo 2, comma 1 della legge 147/2014. Nello specifico i lavoratori autorizzati ai versamenti volontari senza versamenti (accreditati o accreditabili) al 6 dicembre 2011, dovranno compilare il pannello “dichiarazioni”, attestante il fatto di non aver, o aver, svolto, alla data del 30 novembre 2013, attività lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Per le altre categorie valgono le indicazioni già fornite dalla circolare 27/2014.
Le domande inviate saranno visualizzabili nel “fascicolo previdenziale del cittadino” del sito internet dell’Inps, all’interno del menù “prestazioni”, “richieste presentate”.
Zedde
Riforma Pensioni, Furlan: Parlamento ci rimetta le mani prima del Referendum
La leader della Cisl, Annammaria Furlan, riaccende l'idea di un confronto con il Parlamento per risolvere i problemi della Riforma Fornero del 2011. La Riforma "è stata la paggiore di tutti i tempi".
Kamsin Il governo dovrebbe mettere mano alla riforma Fornero sulle pensioni convocando le parti sociali. La legge Fornero sulle pensioni e' stata la "peggiore" di sempre perché "ha creato gli esodati", ma ora "il Parlamento ci rimetta le mani il prima possibile senza aspettare l'esito del referendum" proposto dalla Lega Nord. Affidare a un referendum la questione sarebbe troppo semplice. Lo ha affermato il leader della Cisl, Annamaria Furlan, a Repubblica Tv rispondendo a una domanda sulla posizione della Cisl rispetto al referendum per abrogare la legge Fornero proposto dalla Lega nord.
"Rifare una legge pensionistica - ha detto Furlan - e' qualcosa di un po' piu' complesso di dire si' o no a un referendum. Qualora ci fosse un referendum, comunque, ogni iscritto e' libero di decidere se votare o no". La Cisl si aspetta che "prima del referendum, il governo, invece di dare giudizi negativi sulla riforma Fornero, si decida a rimetterci le mani. Cosa aspetta il governo a riunire le parti sociali e vedere come va corretta quella legge?", ha concluso.
La proposta della Lega di abrogare la legge Fornero con un referendum trova invece d'accordo Massimo Battaglia, segretario generale della Confsal-Unsa, sindacato autonomo dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni centrali: Per noi, è un atto conseguente a quanto già fatto un anno fa, quando abbiamo provato in tutte le piazze d’Italia - ricorda - a raccogliere le firme per un referendum. Allora, ne abbiamo raccolte circa 70mila, poche ovviamente rispetto alle 500mila. E siccome c’è un partito politico, che oggi è la Lega, che ha raggiunto le 500mila firme, ha mandato gli atti alla Corte costituzionale, e ci auguriamo che questa decida che il referendum è legittimo, noi chiederemo ai nostri di aderire. Ce lo consente la nostra autonomia sindacale, la nostra distanza da qualsiasi ideologia politica e da qualsiasi partito".
"Un'adesione contro una riforma - avverte - che riteniamo vergognosa e in controtendenza rispetto a quello che dice il governo, cioè di dare spazio ai giovani: le modifiche fatte dalla Fornero, invece, ti fanno stare a lavoro finché non muori sul campo".
Zedde
Proroga Opzione Donna, il Comitato attende una risposta dall'Inps
Il Comitato esprime amarezza per la bocciatura dell'emendamento presentato da Sel al ddl di stabilità che avrebbe risolto per via legislativa il problema.
Kamsin Sono quasi 1500 le lavoratrici che hanno aderito al Comitato Opzione Donna per chiedere la rimozione dell'interpretazione Inps che ha accorciato di un anno, nei fatti, la possibilità di accedere alla pensione con 57 anni e 3 mesi di età e 35 anni di contributi. Come già anticipato da pensionioggi.it il Comitato ha ricevuto l'appoggio dell'Onorevole MariaLuisa Gnecchi (Pd) e dell'Onorevole Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, lo scorso 31 Ottobre a Montecitorio, all'avvio del ricorso collettivo per ampliare la fruizione del regime sperimentale donna per tutte le lavoratrici che maturano i requisiti nel corso del 2015.
L'iniziativa era stata presentata dalla stessa presidente del Comitato, Daniella Maroni.
Com'è noto, l'Inps ha chiesto, con le Circolari 35 e 37 del 2012, ai fini dell'accesso al regime di cui all'articolo 1, comma 9 della legge 243/04, che le lavoratrici devono conseguire, al 31 Dicembre 2015, l'apertura della finestra mobile anticipando, di fatto, di oltre un anno i requisiti anagrafici e contributi utili per l'esercizio dell'opzione in parola.
L'indicazione dell'Inps, ricordano dal Comitato, è inaccettabile perchè ha l'effetto di restringere occultamente, dato che la legge 243/04 non prevedeva tale condizione, il regime sperimentale donna, unica possibilità lasciata dopo la Riforma Fornero dall'ordinamento per anticipare l'uscita (a caro prezzo dato che chi sceglie questa strada ottiene un assegno calcolato con il sistema contributivo e dunque piu' basso).
Il Comitato ricorda come il Parlamento abbia approvato, invano, due risoluzioni per chiedere al Governo la soluzione della vicenda ma che la Ragioneria dello Stato ha chiesto adeguate coperture per l'allargamento della platea delle beneficiarie, richiesta anch'essa inaccettabile in quanto le coperture per la misura erano state già previste nella legge istitutiva del regime sperimentale, la legge 243/04. E intanto non è passato neanche la scorsa settimana in Commissione Bilancio l'emendamento presentato da Sel al ddl stabilità che chiedeva la soluzione della vicenda.
La Diffida Formale all'Inps - Il Comitato lo scorso 22 Ottobre ha presentato una diffida formale all'Inps a riformare, entro 90 giorni dalla ricezione della stessa, le Circolari 35 e 37 del 2012. Dopo i 90 giorni, ricordano, se non ci sarà un esito positivo della vicenda, il Comitato avrà un anno di tempo per presentare un ricorso collettivo al Tar del Lazio per ottenere la rimozione in via giurisdizionale delle Circolari. L'azione, precisano, sarà aperta a chiunque abbia un interesse con le stesse caratteristiche di quello delle ricorrenti (c'è un bacino di 6mila lavoratrici potenziali aderenti, stimano dal Comitato) che dunque potranno unirsi all'azione collettiva sino a 20 giorni prima della fissazione dell'udizienza preliminare al Tar del Lazio.
Oltre all'azione collettiva, precisano dal Comitato, le lavoratrici potranno comunque perseguire la strada individuale presentando ricorso individuale presso il Giudice del lavoro (per le lavoratrici del settore privato) o alla Corte dei conti (per le lavoratrici del pubblico impiego) nei confronti del diniego all'accesso alla prestazione che sarà comunicato dall'Inps.
La speranza del Comitato è tuttavia che l'Inps (o il Ministero del Lavoro), con un atto di autotutela amministrativa, revochino le predette circolari prima dell'avvio del ricorso giurisdizionale al fine di evitare un lungo e complesso contenzioso.
Zedde
Articolo 18, pronto il disco verde della Camera
Potrebbe arrivare già oggi il via libera della Camera dei Deputati. L'obiettivo è far partire le nuove regole sull'articolo 18 e sugli indennizzi dal 1° gennaio 2015. Primo decreto attuativo atteso entro la prima decade di Dicembre.
Kamsin Potrebbe arrivare oggi il disco verde al Jobs Act, il disegno di legge delega sulla Riforma del Mercato del Lavoro. Al massimo domani. Il Governo pare intenzionato a non porre la questione di fiducia per evitare fratture all'interno della maggioranza ma una parte della minoranza Dem, è ormai chiaro, voterà contro nonostante i tentativi di mediazione portati avanti ieri dall'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano. «Se va avanti così, niente fiducia, sono soddisfatto» ha confermato ieri il ministro Giuliano Poletti.
Ieri, del resto, la maggioranza ha retto piuttosto bene quando in 17 del gruppo Pd, tutti della minoranza, hanno votato a favore di un emendamento di Giorgio Airaudo. Il testo prevedeva che l’articolo 18 si applicasse ai neo assunti «trascorso un anno dalla data di assunzione», ma è stato bocciato dalla maggioranza, che ha superato la prova. Una sorta di ripristino della formulazione Fornero, come ha spiegato Cuperlo uscito dall’aula per dare conto del voto: «Non siamo contro il governo, cerchiamo solo di migliorare il provvedimento».
A Palazzo Chigi tiene poi banco il tema degli indennizzi in caso di licenziamento ingiustificato per le piccole imprese. Due le ipotesi in campo per evitare che le imprese che occupano fino a 15 dipendenti, esonerate dall'applicazione dell'articolo 18 della legge 300/1970, possano essere penalizzate dell'applicazione delle nuove regole che indicano, secondo le bozze che circolano, un risarcimento sino a 36 mensilità in relazione all'anzianità di servizio del lavoratore.
La prima ipotesi sul tavolo di Palazzo Chigi è quella di circoscrivere il campo di applicazione degli indennizzi previsti dalla Riforma solo alle imprese con oltre 15 dipendenti alle quali, attualmente, si applica l'articolo 18. Le piccole imprese sarebbero pertanto escluse. L'altra ipotesi è quella di prevedere indennizzi dimezzati e comunque di inserire un tetto massimo pari a sei mensilità a carico delle PMI che licenziano ingiustificatamente.
Zedde
Riforma Pensioni, il Governo apre a modifiche con il ddl stabilità
Ultimi giorni in Commissione Bilancio alla Camera dei Deputati per modificare alcune criticità della legge Fornero. Atteso l'emendamento del Governo per bloccare le pensioni d'oro dei "grand commis" di Stato.
Kamsin La Commissione Bilancio di Montecitorio riprende questa mattina i lavori per concludere l'esame delle proposte emendative al ddl stabilità, una partita che si chiuderà al massimo nella giornata di domani perchè dal 27 il ddl sarà all'esame dell'Aula. Tra le novità dell'ultima ora che saranno messe al voto tra oggi e domani per poi consegnare la legge di stabilità 2015 all'esame dell'Aula spiccano soprattutto la riduzione da 150 a 75 milioni di euro del taglio ai patronati così come una possibile correzione del Governo sulle pensioni degli alti funzionari dello Stato i cd. grand commis.
In particolare la proposta di modifica dovrebbe impedire la possibilità di maturare una pensione superiore all'80% dell'ultima busta paga, limite previsto originariamente dalla Riforma Dini (legge 335/1995), per coloro che erano nel sistema retributivo ed hanno scelto di proseguire l'attività lavorativa anche dopo l'introduzione della Legge Fornero. Secondo le stime si tratta di circa 160 mila lavoratori che, grazie a stipendi particolarmente elevati e a coefficienti di trasformazione alti dovuti all'età avanzata, con il sistema contributivo possono ora accedere a prestazioni anche complessivamente superiori al 110-115% dell’ultimo stipendio.
Il Governo, secondo quanto si apprende da fonti di stampa, sarebbe, inoltre, pronto ad accogliere possibili modifiche per il riconoscimento ai lavoratori dell'amianto, e soprattutto ai parenti, del diritto alla pensione ai superstiti. Arriveranno invece al Senato le proposte dell'esecutivo sulla revisione della tassazione per i fondi pensione. All'esame della Bilancio ci sono poi le proposte di Sel e M5S sui quota 96 della scuola, le richieste per bloccare la penalizzazione sino al 2017 per i lavoratori precoci ed altre misure di favore per i macchinisti ferroviari e gli esodati (misure sulle quali non c'è il giudizio positivo del Governo e che, quindi, a meno di un colpo scena del Viceministro all'Economia Enrico Morando rischiano di essere respinte). Fonti vicine a Palazzo Chigi fanno tuttavia notare che proprio l'intervento sulle pensioni dei "grand commis" - con il quale Governo punterebbe ad assicurare una minore spesa previdenziale per quasi 8-900 milioni entro il 2020 - potrebbe portare denari utilizzabili a copertura strutturale per altri interventi di carattere previdenziale.
Sempre sul tema sociale il Governo potrebbe introdurre una norma che indichi in 25mila euro il limite Isee (50/60mila euro di reddito complessivo patrimonio incluso) per l'utilizzo di tutte le prestazioni del fondo famiglia, e dunque oltre quella già prevista dal ddl del bonus bebè.
Zedde
2. In considerazione della procedura di ricognizione delle dichiarazioni ai fini del collocamento in quiescenza del personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012, attivata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel mese di ottobre 2013, il beneficio di cui al comma 1 è riconosciuto, con decorrenza dalla data del 1o settembre 2015, nel limite massimo di 2.500 soggetti e di 106 milioni di euro per l'anno 2015, di 107,2 milioni di euro per l'anno 2016, di 108,4 milioni di euro per l'anno 2017 e di 72,8 milioni di euro per l'anno 2018. L'INPS prende in esame le domande di pensionamento, che possono essere inoltrate secondo modalità telematiche, in deroga alla normativa vigente, entro il 31 marzo 2015, dai lavoratori di cui al comma 1 che intendono avvalersi dei requisiti di accesso e del regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. L'INPS provvede al monitoraggio delle domande presentate, definendo un elenco numerico delle stesse basato, ai fini di cui all'ultimo periodo del presente comma e del relativo ordine di priorità, su un criterio progressivo risultante dalla somma dell'età anagrafica e dell'anzianità contributiva vantate dai singoli richiedenti alla data del 31 dicembre 2012.
3. Per i lavoratori che accedono al beneficio di cui al comma 1, ai fini della liquidazione del trattamento di fine rapporto, comunque denominato, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 11, lettera a), numeri 1) e 2), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, della legge 7 agosto 2012, n. 135, che si intendono conseguentemente estese, con riferimento all'anno scolastico 2015, al personale di cui al citato comma 1.
4. Per il personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012 ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni che accedono al beneficio di cui al comma 1, ai soli fini della liquidazione del trattamento di fine rapporto, comunque denominato, si applica la disciplina vigente prima dell'entrata in vigore del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. Il trattamento di fine servizio, comunque denominato, è effettuato secondo le modalità previste dalla disciplina vigente prima dell'entrata in vigore della legge n. 147 del 2013.
5. Agli oneri derivanti dall'attuazione dei commi 1 e 2, valutati in 106 milioni di euro per l'anno 2015, 107,2 milioni di euro per l'anno 2016, 108,4 milioni di euro per l'anno 2017 e 72,8 milioni di euro per l'anno 2018, si provvede parzialmente utilizzando i risparmi complessivamente conseguiti a valere sulle autorizzazioni di spesa relative al Fondo di cui all'articolo 1, comma 235, primo periodo, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e successive modificazioni, come rideterminate, da ultimo, dall'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 31 ottobre 2013, n. 126.
Conseguentemente, all'articolo 4, comma 1, capoverso 1-bis, i numeri 1) e 2) sono sostituiti dai seguenti:
«1) 840 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro;
2) 840 euro, se il reddito complessivo è superiore a 24.000 euro ma non a 26.000 euro, Il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 2.000 euro;».