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Capezzone, propongo taglio choc tasse e spesa da 40 miliardi
Riforma pensioni, a settembre si riapre il cantiere
Si riaprirà a Settembre il capitolo sulle pensioni in vista della legge di stabilità per il 2015. Sullo sfondo la possibilità di un temperamento della Riforma Fornero
Kamsin Dopo il brutto stop nel decreto legge sulla pubblica amministrazione, le speranze di una revisione della Riforma Fornero sono affidate alla prossima legge di stabilità. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha sostanzialmente confermato, prima della pausa estiva, la volontà del governo di introdurre dei correttivi al Dl 201/2011 per concedere maggiore flessibilità sull'età pensionabile.
L’idea fatta dal Ministro è quella di fornire un ventaglio di possibilità al lavoratore che intende lasciare il lavoro per andare in pensione prima dei tempi canonici fissati dalla riforma Monti- Fornero. Poletti ha parlato di strumenti differenziati adatti e coerenti con le diverse situazioni anche se non ha specificato nei dettagli quali saranno le iniziative.
Tra le ipotesi in campo c'è la possibilità di riproporre i cd. "pensionamenti flessibili", un progetto elaborato lo scorso anno dagli onorevoli Baretta e Damiano che consentirebbe un anticipo della pensione fino a 62 anni di età e 35 di contributi con un sistema di penalità; la riapertura del sistema delle quote che regolava la vecchia pensione di anzianità; l'introduzione del ”prestito pensionistico“ per chi ha perso il lavoro a pochi anni dal raggiungimento dei requisiti richiesti per l’accesso all’assegno pensionistico.
Sempre nell'ottica di consentire un anticipo sull'età pensionabile, la legge di stabilità potrebbe essere il veicolo da utilizzare per la proroga dell'opzione donna, una misura su cui l'esecutivo ha fatto nelle scorse settimane un frettoloso dietrofront, ma che potrebbe estendere la possibilità per lavoratori e lavoratrici di accedere alla pensione con requisiti agevolati sino al 2018 al prezzo di avere un assegno calcolato con il sistema contributivo. Possibile anche che la finanziaria sia utilizzata per inserire la norma, stralciata dal Dl sulla Pa, che cancelli le penalizzazioni per i lavoratori precoci.
Le altre misure su cui si attende il via libera - A settembre dovrebbe iniziare in Senato la discussione del progetto di legge in materia di sesta salvaguardia, un provvedimento, approvato agli inizi di luglio alla Camera che consentirà ad ulteriori 32 mila soggetti di mantenere le vecchie regole pensionistiche. Già a fine mese si dovrebbero poi conoscere le decisioni dell'esecutivo sui quota 96 della scuola, un intervento che consentirebbe a 4mila docenti che hanno maturato un diritto a pensione entro la fine dell'anno scolastico 2011/2012 di andare in pensione in deroga alla disciplina vigente.
Le proposte per introdurre maggiore flessibilità
La proposta Damiano - Il disegno di legge messo a punto già nella scorsa legislatura prevede, con 35 anni di contributi, la possibilità di anticipare l’età del pensionamento fino a 62 anni, con un sistema di penalizzazioni (dal 2 all’8% a seconda di quanti anni mancano ai 66). Verrebbe meno anche la penalizzazione per chi ha maturato 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica. Si tratta dei cd. pensionamenti flessibili.
La Quota 100 - Possibile l'introduzione di un sistema basato sulla precedente pensione di anzianità. Cioè ancorato ad un minimo di età anagrafica unitamente al perfezionamento di un requisito contributivo (es. 40 anni di contributi e 60 di età; oppure 39 di contributi e 61 di età).
Il Prestito Pensionitico - E' l'ipotesi elaborata dall'ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini. L'idea consentirebbe a chi, a pochi anni dalla pensione, si ritrova disoccupato e senza ammortizzatori sociali di chiedere all'Inps un anticipo dell’assegno pensionistico fino a 2-3 anni, importo che poi sarà rimborsato piano piano con micro-prelievi sull'assegno una volta conseguita la pensione.
Riforma Pensioni, piu' facile il pensionamento d'ufficio a 65 anni nelle Pa
Pensioni quota 96, i professori scendono in piazza a Roma il 29 AgostoZedde
Crisi, sul tavolo di Poletti raffica di incontri a settembre
Si parte con Valtur e si prosegue con Ast (Thyssen) e Lucchini, passando per Alcoa e Pasta Agnesi, per proseguire con Alcatel e Termini Imerese. Kamsin Settembre sarà un mese critico per l'industria italiana: i tavoli di confronto istituiti presso il ministero dello Sviluppo economico sono numerosi come l'anno scorso ma dopo alcuni esiti positivi e il lavoro svolto nei mesi scorsi, le prospettive di giungere in autunno alla soluzione di alcune importanti vertenze sembra piu' a portata di mano.
Il primo appuntamento gia' fissato e' per mercoledi' 3 per il gruppo turistico che dopo l'amministrazione straordinaria e' passato ad Orovacanze. Giovedi' 4 e' la volta di ThyssenKrupp: bloccata dall'intervento del ministro Guidi l'avvio della procedura di mobilita' per 550 lavoratori, si tratta ora di rivedere il piano industriale sperando di giungere a un piano di rilancio. Sempre nel settore siderurgico, prosegue il negoziato per Lucchini: si sta infatti trattando in esclusiva la vendita alla societa' indiana Jindal. "Il negoziato - fanno sapere dal Mise - sta andando avanti positivamente. Speriamo di arrivare alla fase conclusiva al ministero nella prima meta' di settembre". Ottimismo viene manifestato anche per la complessa vicenda Ilva, seguita "minuto per minuto": tra le manifestazioni di interesse, quella in stato piu' avanzato e' di Arcelor Mittal. "Ci sono le condizioni - dicono al ministero - per trovare una soluzione positiva".
Nell'agenda del ministero figura anche giovedi' 4 l'accordo per Alcatel. Lunedi' 8 settembre e' fissato l'incontro tecnico dedicato all'offerta avanzata da Grifa per Termini Imerese, a cui seguira' il 23 il tavolo politico. Tra il 9 e il 10 e' previsto poi il tavolo sulla Solsonica di Rieti: dovrebbero entrare degli investitori italiani che farebbero compiere all'azienda del settore fotovoltaico significativi progressi dal punto di vista tecnologico. Situazione piu' critica e' quella di Ideal Standard, che sara' affrontata al ministero giovedi' 11. Il 12 e' convocato il tavolo per Pasta Agnesi. Poi c'è la vertenza Breda Menarini, la trattativa per la De Tomaso di Torino.
A meta' settembre sara' poi convocato il tavolo sulla raffinazione e quindi quello sui call center, ma gia' dai primi del mese al ministero faranno il punto sulla siciliana Almaviva e sulla calabrese Infocontact.
Zedde
Crisi, crescono gli italiani che emigrano. E' boom di over 40
Gli italiani hanno ripreso ad emigrare all'estero ma rispetto al passato sono tanti i 40 e 50enni pronti a lasciare il Paese per trovare un lavoro. Kamsin E' quanto rileva una ricerca del Centro studi Cna, secondo cui negli anni della crisi sono emigrate dall'Italia all'estero circa 620mila persone: dal 2007 al 2013 il numero di coloro che hanno abbandonato l'Italia e' aumentato del 92,9%. Solo nel 2013 hanno lasciato il Paese 125.753 adulti, un numero simile a quello degli abitanti della Val d'Aosta o della citta' di Pescara.
Nella stragrande maggioranza, oltre 80mila, erano italiani, gli altri immigrati. Il nuovo boom di espatri e' trainato da lavoratori con i capelli grigi. Nel periodo 2007/13 l'incremento degli espatriati italiani con un'eta' tra i 40 e i 49 anni e' stato pari al 79,2%. Nella fascia tra i 50 e i 64 anni la crescita ha toccato il 51,2%. I giovani che hanno deciso di emigrare, in percentuale, sono aumentati di meno: +44,4% quanti avevano tra i 15 e i 29 anni, +43% la fascia 30-39 anni. In termini assoluti continuano a essere i giovani ad emigrare in maniera piu' massiccia: nel 2013 il 36,3% del totale aveva tra i 30 e i 39 anni, il 27,8% tra i 15 e i 29 anni.
Nel frattempo, e' salita pero' al 21,9% la fascia 40-49 anni e al 14% quella tra i 50-64 anni. Se un tempo dopo i 50anni un emigrato tornava al paese d'origine, ora gli 'over' sono anche pronti a fare le valigie e a cercare fortuna oltre frontiera. La Cna ipotizza che chi emigra dopo il giro di boa dei quarant'anni sono persone che la mancanza di occupazioni qualificate non permette di valorizzare;probabilmente anche imprenditori, che puntano a "vendere" la propria esperienza in mercati emergenti.
Zedde
Armi da Ue ai curdi in Iraq Riapre il Parlamento
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Riforma Pensioni, piu' facile il pensionamento d'ufficio a 65 anni nelle Pa
I dipendenti pubblici saranno collocati in pensione d'ufficio al raggiungimento dei 65 anni qualora abbiano maturato a tale data un diritto a pensione.
Kamsin Con l'abolizione del trattenimento in servizio, previsto dal dl 90/2014, i lavoratori della pubblica amministrazione potranno essere collocati in quiescenza al compimento del 65° anno di età, cioè al raggiungimento del limite ordinamentale per il servizio, limite vigente in molte delle Pa. La prosecuzione del rapporto di lavoro fino ai nuovi limiti anagrafici (66 anni 3 mesi) per la pensione di vecchiaia sarà ammissibile infatti solo ove, al raggiungimento del 65° anno di età, non risulti perfezionato un diritto a pensione.
Sono questi gli effetti combinati del Dl 90/2014 e della regola introdotta nel Dl 101/2013 per i lavoratori delle Pa. In altri termini nel pubblico impiego il lavoratore deve lasciare il posto a 65 anni se a tale età ha maturato un qualsiasi diritto a pensione (si tratta principalmente del caso in cui il lavoratore ha raggiunto i requisiti contributivi per la pensione anticipata). In caso contrario il rapporto proseguirà fino ai nuovi limiti previsti per il conseguimento della pensione di vecchiaia. E superati i 65 anni il rapporto di lavoro si intenderà risolto al perfezionamento del primo requisito per la pensione senza che l'interessato possa chiedere di proseguire il rapporto di lavoro per un altro biennio.
Come si ricorderà infatti l’articolo 2, comma 5, del Dl 101/2013 ha interpretato autenticamente l’articolo 24 della riforma Monti-Fornero nel senso che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il limite ordinamentale – al raggiungimento del quale l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione – non è modificato dall’elevazione dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia; si fa eccezione solo per il trattenimento in servizio o per far conseguire all’interessato la prima decorrenza utile della pensione. Ora, con l'abolizione del trattenimento in servizio, sarà possibile pertanto superare il limite ordinamentale solo per far conseguire la pensione di vecchiaia quando l'interessato non ha maturato un diritto a pensione entro il 65° anno di età. Resta ferma comunque la possibilità di permanere sul posto di lavoro per il raggiungimento dell'anzianità contributiva minima richiesta per la pensione di vecchiaia (cioè 20 anni) anche se tale requisito dovesse risultare perfezionato successivamente al compimento dell'età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia.
La misura peraltro è sorretta anche dall'ulteriore possibilità (non obbligo) per la Pa, contenuta nel Dl 90/2014, di risolvere il rapporto di lavoro al raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata purchè il soggetto abbia perfezionato il 62° anno di età (65° anno per i dirigenti medici e del ruolo sanitario). La decisione della Pa dovrà essere in tal caso motivata con riferimento alle esigenze organizzative e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi.
Restano fuori da queste regole i magistrati, i professori universitari e gli Avvocati dello Stato. Si tratta di categorie di lavoratori per i quali è infatti previsto un limite ordinamentale piu' elevato, pari a 70 anni. Per costoro il pensionamento d'ufficio scatterà solo al raggiungimento del 70° anno di età e, peraltro, le Pa non potranno anticipare la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro già all'età di 62 anni.
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Europa in stallo, si ferma Berlino. Grillo, via dall'Euro
- Roma, 15 ago. - In Europa la crisi non e' finita. Nel Vecchio Continente si e' fermata anche la locomotiva tedesca. Dopo la certificazione della recessione italiana di inizio mese e' stato il turno di Francia e Germania. Se Parigi e' ferma, Berlino arretra dello 0,2% nel secondo trimestre. Berlino rivede al ribasso anche la crescita del primo trimestre, che passa da +0,8% a +0,7%. Intanto il Pil della Francia nel secondo trimestre resta fermo, come nei primi tre mesi: non e' recessione ma ci siamo quasi. Di riflesso, il governo di Parigi annuncia che non rispettera' i target di deficit e fa sapere che a fine anno arrivera' al 4%, oltre il prefissato 3,8%, che Bruxelles riteneva gia' eccessivo. Inoltre le stime del Pil di fine anno vengono dimezzate: la Francia crescera' solo dello 0,5% e non dell'1% come il governo stimava. Senza l'apporto di Germania e Francia, anche il Pil dell'Eurozona mostra la corda. Lo rivela Eurostat nelle stime flash, secondo le quali l'economia dell'area euro nel secondo trimestre resta ferma su base trimestrale e avanza solo dello 0,7% su base annua. L'Europa dunque resta al palo e, su Le Monde, il ministro delle Finanze francese, Michel Sapin chiede piu' flessibilita' a Bruxelles: "Questa situazione di crescita troppo debole, di inflazione troppo debole e di una riduzione troppo lenta dei deficit trova la sua origine in cause propriamente francesi ma mostra anche una situazione rispetto alla quale solo una reazione globale europea puo' dare una risposta". Inoltre Sapin chiede alla Bce di "mettere in atto una politica monetaria in grado di far fronte a questa situazione eccezionale". L'appello di Parigi pero' non trova grande eco a Francoforte. La Bce, nel suo bollettino mensile, ribadisce il suo impegno a ricorrere a strumenti straordinari per far fronte a una prolungata bassa inflazione, ma per ora si accontenta di ricordare che il programma Omrlt sulle operazioni di rifinanziamento a lungo termine rafforzera' la sua politica accomodante e concorrera' a riavvicinare al 2% il tetto di inflazione. Inoltre l'Eurotower chiarisce che la sua ricetta per rilanciare la ripresa "moderata e disomogenea" dell'Eurozona e' quella di dare piu' slancio alle riforme strutturali per promuovere gli investimenti privati e creare posti di lavoro, procedendo pero' in linea con il Patto di Stabilita' e di crescita e senza vanificare i progressi conseguiti nei conti pubblici. Secondo il responsabile del Servizio Studi di Bnl Gruppo Bnp Paribas, Giovanni Ajassa i deludenti dati del prodotto interno lordo nelle principali economie dell'Eurozona sono frutto, in buona parte, della frenata delle esportazioni. "L'Italia non e' da sola. I dati del Pil nei principali paesi dell'eurozona ci dicono che la stasi dello sviluppo e' un problema europeo: un problema - rileva Ajassa - a cui l'Europa della moneta unica deve dare risposte comuni che vanno oltre le leve della moneta e del credito". "Dietro l'indebolimento della congiuntura, in Italia come nel resto dell'eurozona, c'e' un dato comune: la decelerazione delle esportazioni. All'interno del fermo dell'export c'e' un doppio ordine di problemi". Questa situazione tuttavia non spaventa i mercati che chiudono (ad eccezione di Milano e Madrid) in positivo e lo spread segna un arretramento a 163 punti base rispetto ai 168 dell'apertura. A sostenere le borse i toni concilianti del presidente russo Vladimir Putin.
GRILLO: FUORI DALL'EURO PER NON MORIRE
"Fuori dall'euro per non morire". Beppe Grillo, con un titolo che suggerisce l'uscita dell'Italia dall'Eurozona, rilancia un lungo articolo del Telegraph, in cui dopo una lunga analisi dell'economia italiana e dei suoi rapporti con quelle europee si conclude, che nonostante le difficolta' di questa scelta, "questa volta potrebbe non essere cosi' evidente che il Paese voglia essere salvato alle condizioni europee. Renzi - si legge nell'articolo del quotidiano inglese rilanciato da Grillo - puo' giustamente concludere che l'unico modo possibile per adempiere al suo compito di un Risorgimento per l'Italia, e costruirsi il proprio mito, e' quello di scommettere tutto sulla lira". .